Depositata ieri sera al tribunale di Milano la memoria di controrepliche rispetto a quella depositata lo scorso dicembre dai legali di Ilva in AS

Sono state depositate ieri sera da pate deI legali di ArcelorMittal le controrepliche nella causa civile in corso a Milano sul ricorso cautelare d’urgenza ex. art. 700 dei Commissari straordinari dell’ex Ilva contro il recesso dal contratto d’affitto e di acquisizione degli stabilimenti da parte del gruppo franco indiano. La memoria dovrebbe essere a disposizione delle parti da lunedì, termine ultimo deciso dal giudice Marangoni per il deposito. Con la memoria i legali di Mittal, tra cui Romano Vaccarella e Ferdinando Emanuele, replicano a quella depositata il 20 gennaio dagli avvocati dell’ex Ilva.
Sono molteplici le affermazioni erronee e gratuitamente offensive contenute nella memoria dei Commissari dell’Ilva As in relazione, fra l’altro, alla nota vicenda di Afo2 e a inesistenti inadempimenti o condotte illecite di A.Mittal“. Prendono avvio così le 60 pagine della memoria difensiva i cui stralci sono stati resi noti dalle agenzie di stampa. “Lungi dal mistificare la realtà, A.Mittal si è limitata a descrivere in maniera oggettiva la grave situazione, soprattutto quella relativa ad Afo2 ed è altresì infondato affermare che non si sarebbe mai attivata, né avrebbe in alcun modo cooperato con Ilva al fine di operare gli impianti in adempimento delle Prescrizioni“. Anzi, si legge nella memoria difensiva, “pur nei limiti dei rispettivi ruoli e responsabilità, AM ha sempre
confermato la piena disponibilità a fornire la collaborazione richiesta dalle ricorrenti. Fra l’altro, AM ha diligentemente collaborato con Ilva formulando proprie soluzioni tecniche, nominando un apposito referente nonché fornendo tutte le informazioni e la documentazione richieste“.
“AM non ha affatto depredato il magazzino per restituire un impianto privo delle materie prime necessarie ad assicurare la continuità produttiva. AM ha anche fornito un quadro di consistenza del Magazzino veritiero ed esaustivo, concernente le quantità complessive di materie prime in giacenza al 31 ottobre 2019″ prosegue la memoria difensiva. “AM non ha mai detto che, nel momento in cui è legittimamente receduta dal Contratto, il deposito di materie prime […] era sostanzialmente quasi vuoto“, travisando il paragrafo della memoria del 16 dicembre 2019.

È smentito dai fatti il ‘processo di progressiva dismissione’ suggestivamente descritto dalle ricorrenti. Al contrario, A.M ha adeguato la gestione dei propri impianti alla crescente concorrenza, alla ridotta domanda di acciaio in Europa e alla relativa sovraccapacità produttiva globale sulla base di una razionale scelta gestoria compiuta da imprese di acciaio in tutta Europa” prosegue ancora la memoria. La difesa arriva al termine della ricostruzione puntigliosa di tutte le accuse girate ad A.Mittal circa la chiusura di altri centri siderurgici in Europa messe in relazione al dossier Taranto. “Ancora più incoerenti e diffamatorie sono le affermazioni avversarie sulle inquietanti e sinistre analogie con la storia di altri centri siderurgici gestiti dal gruppo AM in Europa“, si legge nella memoria che rispedisce al mittente anche le accuse di ‘capitalismo d’assalto’ formulate da Ilva As.
Per quanto riguarda il centro siderurgico di Liegi, “prima che arrivasse AM era un nugolo di impianti dislocati nell’entroterra del Belgio, caratterizzato da costi fissi fino al 100% più elevati della media, bassa produttività e costanti scontri con i sindacati“. Il suo ridimensionamento fu dovuto “alla generale crisi economica nel 2008 e dell’ulteriore aggravamento nel 2011 della crisi verificatasi nel mercato europeo dell’acciaio”, scrivono ancora gli avvocati di AM che respingono anche le accuse relative alla chiusura del polo siderurgico in Romania. “Non è vero che gli stabilimenti del gruppo AM in Romania sono stati ormai completamente ed irreversibilmente dismessi: l’attività di tali stabilimenti è stata sospesa soltanto temporaneamente e i 640 dipendenti sono in aspettativa tecnica dal 1° dicembre 2019 a causa degli elevati costi energetici e della bassa domanda di mercato“.
È paradossale che, invece di chiedere un sequestro o pretendere la restituzione degli impianti, le ricorrenti insistano affinché AM sia obbligata a continuare a eseguire il Contratto nonostante la ritengano inidonea a svolgere la relativa attività industriale e a preservare l’impresa a causa dei molteplici (inesistenti) inadempimenti che le hanno attribuito anche nella memoria difensiva” afferma i legali di AM. Infatti, si legge ancora, “con la minacciosa richiesta di un’inammissibile penalità di mora dall’iperbolico importo di 1 miliardo di euro, le ricorrenti pretendono che sia ordinato ad AM di eseguire il Contratto (incluse le prestazioni relative all’attuazione del Piano Ambientale) e di gestire un impianto gravemente deficitario, così esponendosi a seri rischi di responsabilità anche penale in conseguenza dell’eliminazione della Protezione Legale“. E tutto questo, conclude AM perché “Ilva si dichiara improvvisamente inidonea a riprendere la gestione dello stabilimento e a portare a termine il Piano Industriale ed Ambientale“. 
Così come per i legali di AM “sono diffamatorie tutte le allegazioni relative agli asseriti danni a impianti di interesse strategico nazionale derivanti dalla presunta mala gestio di AM o dalle modalità con cui avrebbe inteso restituirli a Ilva.Non sussiste alcun elemento idoneo a dimostrare un pericolo imminente e irreparabile per lo stabilimento“.
Il rischio “di frustrare lo scopo al quale era finalizzata la lunga procedura competitiva per la vendita dei Rami d’Azienda e lasciare irrisolte le situazioni ambientali delle aree interessate, d’altra parte, rnon deriva dalle condotte di AM, bensì da una precisa scelta governativa e politica diretta alla riconversione e riqualificazione industriale dello stabilimento di Taranto, attuata anche attraverso l’eliminazione della Protezione Legale: ossia, delle condizioni per la realizzazione del Piano Ambientale (e del Piano Industriale) nello stabilimento e nella area a caldo“. Insomma, prosegue la memoria, “è soltanto da queste scelte legislative (adottate in piena coscienza delle loro conseguenze sull’attività degli stabilimenti tarantini) – come dall’ingiustificato rifiuto di accettare la restituzione dello stabilimento da parte delle ricorrenti e dall’indisponibilità governativa di trovare una soluzione a livello istituzionale – che deriverebbero i rischi paventati nel ricorso e nella memoria avversari a preteso (e insussistente) fondamento delle domande cautelati“.
“AM, andando ben oltre i propri obblighi contrattuali, sarebbe disposta a concordare – in buona fede e anche sotto la supervisione dell’Ecc.mo Giudicante – le modalità per garantire la più agevole restituzione dei Rami d’Azienda e venire incontro alle esigenze di Ilva (mentre quest’ultima si è limitata a opporre il proprio pervicace rifiuto a riprendere la gestione)” confermando dunque l’intenzione di recedere dal contratto qualora non venga trovata l’intesa con il governo.