lunedì 17 febbraio 2020

Dal giornale proletari comunisti "Lo stato della vicenda ArcelorMittal/ilva" - Nei prossimi giorni in diffusione alle portinerie della fabbrica

La sostanza della trattativa in corso tra padroni ArcelorMittal/Governo/sindacati confederali è costruire una condizione ancor più favorevole per ArcelorMittal e una penalizzazione ancora più pesante, in termini di lavoro, condizioni di lavoro, salute e sicurezza per i lavoratori in fabbrica e le masse popolari a Taranto
Mittal ha incassato la sentenza  della riattivazione dell’AFO2 e vuole come sempre la pretestuosa immunità penale e il blocco di fatto delle inchieste giudiziarie. Vuole l'intervento finanziario dello Stato per alleviarsi delle spese di ambientalizzazione e una sostanziale riduzione del costo di lavoro per stare nella crisi mondiale dell'acciaio. Vuole una revisione dei contratti aziendali, per tagliare ancora salari e diritti.
E il governo è pronto a venirgli incontro con fondi statali e decreti legge.
Questo si traduce in un nuovo piano di massiccia riduzione dei lavoratori che corrisponda al taglio effettivo della produzione che Mittal intende fare oggi per fronteggiare la crisi di sovrapproduzione dell'acciaio. Non saranno i 5mila inizialmente richiesti ma probabilmente la metà, che si aggiungono ai 2600 già buttati fuori che non torneranno mai più in fabbrica e al taglio del 40% degli operai dell'appalto.
E, fermo restando gli attuali impianti, questo significa meno lavoratori per più lavoro, più flessibilità e meno diritti, e in questi impianti attuali, e per tutto il periodo di un eventuale ambientalizzazione, pericolosi, vuol dire un ulteriore attacco alla sicurezza e alla salute dei lavoratori. 

All'arcipelago che è all'esterno della fabbrica e che preme su di essa, il governo risponde con
promesse di investimenti in altri settori, offerti in cambio degli esuberi, ma che producono vantaggi, aiuti e profitti futuri solo per padroni e padroncini locali, come anche per tutta la genia di aspiranti tecnici, progettisti, di matrice industrialista e/o ambientalista che siano, che potranno mangiare alla greppia del lavoro finto e di pura immagine.

Mentre per i lavoratori questi ancora generici e parziali piani fanno da alibi ad una cig massiccia, a sedicenti piani di formazione e qualificazione che non producono posti di lavoro o toglierebbero lavori alle migliaia di precari, in nero, disoccupati che da sempre chiedono e hanno diritto al lavoro vero, un lavoro industriale o nei settori di potenziale sviluppo della città.
E' evidente che un governo dei padroni, in un sistema capitalista, più in là di questo non potrà andare.
Anche sulla decarbonizzazione i capitalisti, privati o di Stato che siano, hanno come obiettivo solo e sempre il massimo profitto, l'estorsione del plusvalore attraverso lo sfruttamento operaio e il taglio dei costi per sicurezza e salute. Questo è l'unico obiettivo di qualsiasi intervento di trasformazione dell'attuale produzione dell'acciaio, fermo restando il potere dei padroni.
Cosa diversa se si rovescia il potere dei padroni e si costruisce una fabbrica e il potere nelle mani degli operai. La questione, quindi, non è decarbonizzazione si o no, ma quale classe gestisce la fabbrica e il potere economico, politico, statale.

A tutto questo bisogna contrapporre la lotta, ma una lotta dura che faccia male a padroni e governo; una lotta che unisca tutti, operai AM, operai Ilva AS in cigs, operai dell'appalto. Questa lotta e questa unità si può costruire solo sulla base di una piattaforma alternativa a quella dei sindacati confederali, ma a fabbrica aperta come centro di aggregazione e di lotta.


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