In questo mese di rinvio, la principale questione che sarà sul Tavolo della trattativa è il numero di operai da tagliare:
"Entrambe le parti (governo e ArcelorMittal) considerano fuori dal tavolo i 1800 addetti oggi in Ilva in AS. Nessuno dei due ritiene realisticamente che possano tornare in azienda".
A questi si aggiungerebbero i 3000 esuberi chiesti da AM. A questo punto - si dice - sarebbero chiamati in campo i sindacati, tenuti finora all'angolo, per contrattare "dosi massicce di cassintegrazione straordinaria".
Ma anche questo "accordo" sulla testa di migliaia di operai non chiuderebbe la partita. Il rinvio comunque ha lasciato la porta aperta a Mittal di esercitare il diritto di recesso a novembre, di vedere in questi mesi se gli conviene o no restare (tra costi e ricavi), e in questo accordo si è posta solo solo una clausola di uscita di mezzo miliardo.
Chiaramente, il rinvio significa rinvio per la sicurezza - in fabbrica si stanno moltiplicando gravissimi incidenti - e la salute degli operai e della popolazione di Taranto.
Gli operai non possono accettare di andare avanti così.
"Governo, commissari straordinari e ArceloMittal avranno un altro mese
di tempo per giungere a un accordo sul destino dell'ex Ilva. I legali
della gestione commissariale del gruppo siderurgico e la multinazionale
dell'acciaio hanno chiesto e ottenuto un rinvio congiunto dell'udienza
davanti al giudice di Milano Claudio Marangoni per il ricorso d'urgenza
contro la richiesta di recesso del contratto d'affitto presentata dal
colosso franco indiano dell'acciaio. Sulla base dell'impegno a trattare
fino a fine mese, l'udienza è stata quindi rinviata al 6 marzo prossimo.
Si tratta del secondo rinvio dopo quello del 20 dicembre scorso
quando le parti avevano ottenuto tempo per trovare un'intesa da
raggiungere entro il 31 gennaio. Dopo l'incontro di martedì a Londra tra
il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ceo della
multinazionale, Lakshimi Mittal, nella trattativa per il rilancio di
Taranto... Il
tema degli esuberi è uno dei più delicati nella negoziazione, con il
ministero dello Sviluppo in prima linea a chiedere il ritiro dei 5 mila
licenziamenti paventati da Mittal. Un accordo complessivo, che dovrebbe
portare anche all'ingresso dello stato in AmInvestco con una quota da
concordare, ancora però non c'è".
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