Il decreto non ha risolto nulla. Il governo mette in
atto la sua prova di forza, la magistratura valuta la (dubbia)
costituzionalità della decisione, i sindacati complici si occupano di
tener divisi i lavoratori.
Una giornata densa di prese di osizione, quella di ieri, più che di fatti. Ma le prese di posizione preludono ad una continuazione della battaglia, non alla sua fine.
Ma andiamo con ordine.
La Procura di Taranto, dopo il no comment iniziale, starebbe infatti valutando l'eventualità di chiedere al Riesame che sia proposta eccezione di incostituzionalità o, in alternativa, di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Ieri, a caldo, avevamo parlato di "golpe" da parte del governo, proprio perché con il decreto si scavalcano in solo colpo le decisioni già prese dalla magistratura, il ruolo del Parlamento, i controlli di legalità da qui in poi, facendo di Taranto una zona di "interesse strategico", quindi militarizzabile al pari della Val Susa, quasi un "zona franca" per imprese omicide.
La nuova Aia per l'ILVA, scrive il gip, non è fondata su «specifici studi o accertamenti di tipo tecnico-scientifico» in grado di «confutare le evidenze probatorie» che denunciano «l'esistenza, nella zona del Tarantino, di una grave ed attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria» imputabile alle emissioni dell'ILVA.
L'Associazione nazionale magistrati (Anm) non ha mancato di sottolineare in serata una preoccupazione istituzionale molto forte. Il segretario dell'Associazione, Maurizio Carbone, è stato durissimo: «Prendiamo atto che il governo, di fronte ad una situazione complessa e con gravi ripercussioni occupazionali, si è assunto la grave responsabilità di vanificare le finalità preventive dei provvedimenti di sequestro emessi dalla magistratura e volti a salvaguardare la salute di una intera collettività dal pericolo attuale e concreto di gravi danni». Per Carbone «resta tutta da verificare la effettiva disponibilita dell'azienda ad investire i capitali necessari per mettere a norma l'impianto e ad adempiere alle prescrizioni contenute nell'Aia», tenuto conto che «sino ad ora la proprietà ha dimostrato di volersi sottrarre all'esecuzione di ogni provvedimento emesso dalla magistratura».
Anche gi ambientalisti insistono su questo concetto. «Il decreto Ilva non può dissequestrare gli impianti. È un bluff mediatico per illudere l'opinione pubblica e creare sconcerto fra i sostenitori della magistratura». Lo sottolinea in una nota il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti.
«Il governo vara un decreto con il dichiarato obiettivo di far produrre gli impianti dell'Ilva posti a Taranto sotto sequestro dalla magistratura in quanto pericolosi per la salute. È un bluff mediatico». Secondo Marescotti «per dissequestrare gli impianti il governo dovrebbe dotarsi di poteri che la Costituzione non gli assegna. Occorrerebbe modificare in sostanza il codice di procedura penale».
«In poche parole - aggiunge - si dovrebbe fare un salto in dietro di tre secoli e infrangere il principio della tripartizione dei poteri, quella tripartizione che da D'Alembert in poi mira a garantire al potere giudiziario l'assoluta indipendenza dal potere esecutivo e quindi dal potere politico». Qualcuno, fa presente il presidente di Peacelink, «potrebbe dire che il potere politico sta facendo di tutto – persino un decreto legge anticostituzionale - per difendere i posti di lavoro degli operai dell'Ilva» ma è «falso. Questo governo - conclude - crea oggi un decreto che non risolve i problemi».
Intanto si è potuto vedere anche a Genova, ieri, come la pessima gestione dei sindacati complici confonda le idee ai lavoratori, dividendoli.
Quelli di Genova Cornigliano ieri erano tornati in piazza, bloccando la prefettura del capoluogo con i mezzi meccanici in attesa che della firma del decreto legge che farà ripartire anche la produzione dello stabilimento in cui sono addetti. Alla fine della giornata il via libera del Cdm è stato accolto da un applauso liberatorio. Il giorno prima, davanti alla prefettura, c'era statp un lungo tira-e-molla che aveva portato al ferimento di un operaio. Avendo trovato il palazzo del governo sprangato e blindato da corrdoni di agenti, davanti al portone gli operai avevano messo un solleva-rotoli da due tonnellate con il 'dito' che sembrava un cannone puntato contro le ante.
Nel tardo pomeriggio il presidio è stato raggiunto dal corteo di studenti e di docenti autoconvocati. Giusto in tempo per sentir dire a un emozionato Francesco Grondona, segretario della Fiom Cgil genovese che ''il decreto è stato firmato e prevede tra l'altro la ripresa della produzione''. Uno studente, che si era arrampicato sulla possente sollevatrice, ha acceso un fumogeno rosso ed è scoppiato un lungo applauso. ''Una vittoria per il sindacato e per i lavoratori'', hanno detto i sindacati sciogliendo così di fatto, contemporaneamente, la rabbia e il presidio.
Qui bisogna chiaramente interrogarsi sulle differenze tra Taranto e Cornigliano. Al sud ci sono le aree "a caldo", gli altoforni inquinanti di 50 anni fa. A Genova c'è solo la lavorazione di secondo livello, fatta al forno elettrico. Qui si lavora l'acciaio grezzo che viene da Taranto e se la prima si ferma, Cornigliano chiude. Preoccupazioni di inquinamento minori (non nulle, perché anche Cornigliano, quanto a diossina accumulata nei decenni, non scherza) e totale centralità delle preoccupazioni occupazionali.
MA nessuna domanda sul "ciclo" produttivo, sulla filiera e la proprietà. Qui in sindacati avrebbero dovuto fare un minimo di chiarezza. E invece niente. Ricordiamo che Grondona non è soltanto uno storico delegato e dirigente della Fiom, ma addirittura un "ultrasinistrissimo" esponente di Lotta Comunista. Ma una cosa sono le dichiarazioni di fede ideologica, altro è misurarsi con le concrete contraddizioni di classe.
Di solito non riportiamo le dichiarazioni dei politici, che sembrano ormai aver ditotto il loro mestiere a esternatori a getto continuo. Sul decreto Ilva, però, pensiamo sia bene registrarne alcune. Per ricordarsene sempre, in ogni occasione, anche non elettorale.
Cominciamo con una positiva.
«Questo è un decreto salva-Riva e un'ingiustizia per Taranto. È da irresponsabili stabilire che la società Ilva abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita dei prodotti in barba alle prescrizioni della magistratura». Lo afferma Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista-FdS. «È un regalo fatto a imprenditori pessimi, irresponsabili, che hanno inquinato volontariamente e corrotto per non rispettare leggi e prescrizioni della magistratura. Inoltre, nel decreto non c'è alcuna garanzia che i Riva, da oltre 17 anni padroni dell'acciaieria, mettano effettivamente i soldi per realizzare le opere necessarie al risanamento dell'azienda. Questo decreto è un condono, una beffa per i lavoratori, per la magistratura e per i cittadini di Taranto», conclude.
Poi c'è il diluvio degli aziendalisti.
"Non l'ho letto, ma se è come me lo hanno raccontato potrebbe essere una soluzione". Lo ha detto Pier Luigi Bersani, a margine del suo ultimo comizio prima del ballottaggio per le primarie di domenica, ad Empoli. "Si tratta di un decreto che apprezzo, di una riduzione dell'attività produttiva che consente l'intervento ambientale e il monitoraggio sulla salute e mette standard e obiettivi superiori allo standard europeo". "Mi auguro - ha concluso - che questo provvedimento renda compatibili produzione e ambiente". Per miracolo, evidentemente.
Il segretario generale della Cisl, il sindacato complice per eccellenza, ha ancora meno remore. "Con il decreto vince il buon senso e la ragionevolezza varato dal Governo si apre una nuova fase per l'Ilva, la città di Taranto e tutto il settore siderurgico italiano".
"E' importante che il Governo abbia saputo trovare una soluzione chiara ed equilibrata, che da un lato salvaguarda l'occupazione e la produzione, dall'altro garantisce un percorso nuovo di tutela della salute e dell'ambiente. Tutto questo avverrà in un clima di necessaria collaborazione tra parti sociali, azienda ed istituzioni locali. Un fatto importante a cui ha lavorato con coerenza ed insistenza la Cisl in questi mesi difficili. L'azienda - aggiunge Bonanni - sarà obbligata ora al rispetto inderogabile delle procedure e dei tempi del risanamento, con le necessarie sanzioni. Ha vinto il buon senso e la ragionevolezza"
Il ministro Clini è stato per settimane il perno delle decisioni che hanno portato poi al decreto. Per quanto riguarda le "emissioni di diossina a Taranto stiamo completando il sistema di monitoraggio in continuo, in modo di avere la certezza che gli impianti funzionino sempre nell'arco delle 24 ore", ha spiegato il ministro Clini in conferenza stampa a Palazzo Chigi.
Per quanto riguarda "le polveri non convogliate, l'Aia ha stabilito alcune prescrizioni puntuali, tra cui quella di ridurre i margini di distanza del parco minerario dal quartiere Tamburi di 80 metri, cosa che l'Ilva ha già fatto e, soprattutto prevede la copertura dei parchi minerari". Il problema "purtroppo è la diossina che si è accumulata nei suoli, e i tempi di bonifica saranno molto lunghi. E uno degli obiettivi del protocollo di intesa del 26 luglio è proprio quello della bonifica dei suoli all'esterno dello stabilimento Ilva". Manca la risposta alla domanda immediata: chi paga e di chi sarà poi la proprietà? Se non è Riva a pagare, ma lo Stato, allora - secondo noi, ma non solo - la proprietà dovrebbe andare a soggetto pubblico, espropriando il privato per ragioni di "interesse strategico nazionale".
"Considero la firma del Consiglio dei Ministri per il decreto legge sull'Ilva un fatto positivo. In un panorama così complicato, questo è un segnale rilevante per l'assetto produttivo di questa città e di questa Regione". Lo ha dichiarato il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. "Fin da lunedì era apparso chiaro che l'unica strada percorribile fosse questa. Il decreto infatti consente la continuità produttiva per tutti i siti. È poi di estrema importanza -ha concluso Burlando- che a Taranto sia possibile tenere insieme la produzione e la difesa della salute dei cittadini".
Fassina (Pd), responsabile economia e lavoro; l'approvazione del decreto "consente di avviare un rigoroso percorso di risanamento ambientale, di salvaguardia della salute dei cittadini e lavoratori, di prospettive per l'occupazione e di continuità dell'impresa". "Ora è importante che l'azienda attui tutte le prescrizioni previste si nomini il commissario governativo per le opere di bonifica previste nell'accordo di programma e si nomini il garante del crono programma previsto dall'Aia. Salute, ambiente e lavoro possono stare insieme con adeguati investimenti innovativi".
Bla, bla, bla, bla....
Una giornata densa di prese di osizione, quella di ieri, più che di fatti. Ma le prese di posizione preludono ad una continuazione della battaglia, non alla sua fine.
Ma andiamo con ordine.
La Procura di Taranto, dopo il no comment iniziale, starebbe infatti valutando l'eventualità di chiedere al Riesame che sia proposta eccezione di incostituzionalità o, in alternativa, di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Ieri, a caldo, avevamo parlato di "golpe" da parte del governo, proprio perché con il decreto si scavalcano in solo colpo le decisioni già prese dalla magistratura, il ruolo del Parlamento, i controlli di legalità da qui in poi, facendo di Taranto una zona di "interesse strategico", quindi militarizzabile al pari della Val Susa, quasi un "zona franca" per imprese omicide.
La nuova Aia per l'ILVA, scrive il gip, non è fondata su «specifici studi o accertamenti di tipo tecnico-scientifico» in grado di «confutare le evidenze probatorie» che denunciano «l'esistenza, nella zona del Tarantino, di una grave ed attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria» imputabile alle emissioni dell'ILVA.
L'Associazione nazionale magistrati (Anm) non ha mancato di sottolineare in serata una preoccupazione istituzionale molto forte. Il segretario dell'Associazione, Maurizio Carbone, è stato durissimo: «Prendiamo atto che il governo, di fronte ad una situazione complessa e con gravi ripercussioni occupazionali, si è assunto la grave responsabilità di vanificare le finalità preventive dei provvedimenti di sequestro emessi dalla magistratura e volti a salvaguardare la salute di una intera collettività dal pericolo attuale e concreto di gravi danni». Per Carbone «resta tutta da verificare la effettiva disponibilita dell'azienda ad investire i capitali necessari per mettere a norma l'impianto e ad adempiere alle prescrizioni contenute nell'Aia», tenuto conto che «sino ad ora la proprietà ha dimostrato di volersi sottrarre all'esecuzione di ogni provvedimento emesso dalla magistratura».
Anche gi ambientalisti insistono su questo concetto. «Il decreto Ilva non può dissequestrare gli impianti. È un bluff mediatico per illudere l'opinione pubblica e creare sconcerto fra i sostenitori della magistratura». Lo sottolinea in una nota il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti.
«Il governo vara un decreto con il dichiarato obiettivo di far produrre gli impianti dell'Ilva posti a Taranto sotto sequestro dalla magistratura in quanto pericolosi per la salute. È un bluff mediatico». Secondo Marescotti «per dissequestrare gli impianti il governo dovrebbe dotarsi di poteri che la Costituzione non gli assegna. Occorrerebbe modificare in sostanza il codice di procedura penale».
«In poche parole - aggiunge - si dovrebbe fare un salto in dietro di tre secoli e infrangere il principio della tripartizione dei poteri, quella tripartizione che da D'Alembert in poi mira a garantire al potere giudiziario l'assoluta indipendenza dal potere esecutivo e quindi dal potere politico». Qualcuno, fa presente il presidente di Peacelink, «potrebbe dire che il potere politico sta facendo di tutto – persino un decreto legge anticostituzionale - per difendere i posti di lavoro degli operai dell'Ilva» ma è «falso. Questo governo - conclude - crea oggi un decreto che non risolve i problemi».
Intanto si è potuto vedere anche a Genova, ieri, come la pessima gestione dei sindacati complici confonda le idee ai lavoratori, dividendoli.
Quelli di Genova Cornigliano ieri erano tornati in piazza, bloccando la prefettura del capoluogo con i mezzi meccanici in attesa che della firma del decreto legge che farà ripartire anche la produzione dello stabilimento in cui sono addetti. Alla fine della giornata il via libera del Cdm è stato accolto da un applauso liberatorio. Il giorno prima, davanti alla prefettura, c'era statp un lungo tira-e-molla che aveva portato al ferimento di un operaio. Avendo trovato il palazzo del governo sprangato e blindato da corrdoni di agenti, davanti al portone gli operai avevano messo un solleva-rotoli da due tonnellate con il 'dito' che sembrava un cannone puntato contro le ante.
Nel tardo pomeriggio il presidio è stato raggiunto dal corteo di studenti e di docenti autoconvocati. Giusto in tempo per sentir dire a un emozionato Francesco Grondona, segretario della Fiom Cgil genovese che ''il decreto è stato firmato e prevede tra l'altro la ripresa della produzione''. Uno studente, che si era arrampicato sulla possente sollevatrice, ha acceso un fumogeno rosso ed è scoppiato un lungo applauso. ''Una vittoria per il sindacato e per i lavoratori'', hanno detto i sindacati sciogliendo così di fatto, contemporaneamente, la rabbia e il presidio.
Qui bisogna chiaramente interrogarsi sulle differenze tra Taranto e Cornigliano. Al sud ci sono le aree "a caldo", gli altoforni inquinanti di 50 anni fa. A Genova c'è solo la lavorazione di secondo livello, fatta al forno elettrico. Qui si lavora l'acciaio grezzo che viene da Taranto e se la prima si ferma, Cornigliano chiude. Preoccupazioni di inquinamento minori (non nulle, perché anche Cornigliano, quanto a diossina accumulata nei decenni, non scherza) e totale centralità delle preoccupazioni occupazionali.
MA nessuna domanda sul "ciclo" produttivo, sulla filiera e la proprietà. Qui in sindacati avrebbero dovuto fare un minimo di chiarezza. E invece niente. Ricordiamo che Grondona non è soltanto uno storico delegato e dirigente della Fiom, ma addirittura un "ultrasinistrissimo" esponente di Lotta Comunista. Ma una cosa sono le dichiarazioni di fede ideologica, altro è misurarsi con le concrete contraddizioni di classe.
Di solito non riportiamo le dichiarazioni dei politici, che sembrano ormai aver ditotto il loro mestiere a esternatori a getto continuo. Sul decreto Ilva, però, pensiamo sia bene registrarne alcune. Per ricordarsene sempre, in ogni occasione, anche non elettorale.
Cominciamo con una positiva.
«Questo è un decreto salva-Riva e un'ingiustizia per Taranto. È da irresponsabili stabilire che la società Ilva abbia la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti e sia autorizzata a proseguire la produzione e la vendita dei prodotti in barba alle prescrizioni della magistratura». Lo afferma Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista-FdS. «È un regalo fatto a imprenditori pessimi, irresponsabili, che hanno inquinato volontariamente e corrotto per non rispettare leggi e prescrizioni della magistratura. Inoltre, nel decreto non c'è alcuna garanzia che i Riva, da oltre 17 anni padroni dell'acciaieria, mettano effettivamente i soldi per realizzare le opere necessarie al risanamento dell'azienda. Questo decreto è un condono, una beffa per i lavoratori, per la magistratura e per i cittadini di Taranto», conclude.
Poi c'è il diluvio degli aziendalisti.
"Non l'ho letto, ma se è come me lo hanno raccontato potrebbe essere una soluzione". Lo ha detto Pier Luigi Bersani, a margine del suo ultimo comizio prima del ballottaggio per le primarie di domenica, ad Empoli. "Si tratta di un decreto che apprezzo, di una riduzione dell'attività produttiva che consente l'intervento ambientale e il monitoraggio sulla salute e mette standard e obiettivi superiori allo standard europeo". "Mi auguro - ha concluso - che questo provvedimento renda compatibili produzione e ambiente". Per miracolo, evidentemente.
Il segretario generale della Cisl, il sindacato complice per eccellenza, ha ancora meno remore. "Con il decreto vince il buon senso e la ragionevolezza varato dal Governo si apre una nuova fase per l'Ilva, la città di Taranto e tutto il settore siderurgico italiano".
"E' importante che il Governo abbia saputo trovare una soluzione chiara ed equilibrata, che da un lato salvaguarda l'occupazione e la produzione, dall'altro garantisce un percorso nuovo di tutela della salute e dell'ambiente. Tutto questo avverrà in un clima di necessaria collaborazione tra parti sociali, azienda ed istituzioni locali. Un fatto importante a cui ha lavorato con coerenza ed insistenza la Cisl in questi mesi difficili. L'azienda - aggiunge Bonanni - sarà obbligata ora al rispetto inderogabile delle procedure e dei tempi del risanamento, con le necessarie sanzioni. Ha vinto il buon senso e la ragionevolezza"
Il ministro Clini è stato per settimane il perno delle decisioni che hanno portato poi al decreto. Per quanto riguarda le "emissioni di diossina a Taranto stiamo completando il sistema di monitoraggio in continuo, in modo di avere la certezza che gli impianti funzionino sempre nell'arco delle 24 ore", ha spiegato il ministro Clini in conferenza stampa a Palazzo Chigi.
Per quanto riguarda "le polveri non convogliate, l'Aia ha stabilito alcune prescrizioni puntuali, tra cui quella di ridurre i margini di distanza del parco minerario dal quartiere Tamburi di 80 metri, cosa che l'Ilva ha già fatto e, soprattutto prevede la copertura dei parchi minerari". Il problema "purtroppo è la diossina che si è accumulata nei suoli, e i tempi di bonifica saranno molto lunghi. E uno degli obiettivi del protocollo di intesa del 26 luglio è proprio quello della bonifica dei suoli all'esterno dello stabilimento Ilva". Manca la risposta alla domanda immediata: chi paga e di chi sarà poi la proprietà? Se non è Riva a pagare, ma lo Stato, allora - secondo noi, ma non solo - la proprietà dovrebbe andare a soggetto pubblico, espropriando il privato per ragioni di "interesse strategico nazionale".
"Considero la firma del Consiglio dei Ministri per il decreto legge sull'Ilva un fatto positivo. In un panorama così complicato, questo è un segnale rilevante per l'assetto produttivo di questa città e di questa Regione". Lo ha dichiarato il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando. "Fin da lunedì era apparso chiaro che l'unica strada percorribile fosse questa. Il decreto infatti consente la continuità produttiva per tutti i siti. È poi di estrema importanza -ha concluso Burlando- che a Taranto sia possibile tenere insieme la produzione e la difesa della salute dei cittadini".
Fassina (Pd), responsabile economia e lavoro; l'approvazione del decreto "consente di avviare un rigoroso percorso di risanamento ambientale, di salvaguardia della salute dei cittadini e lavoratori, di prospettive per l'occupazione e di continuità dell'impresa". "Ora è importante che l'azienda attui tutte le prescrizioni previste si nomini il commissario governativo per le opere di bonifica previste nell'accordo di programma e si nomini il garante del crono programma previsto dall'Aia. Salute, ambiente e lavoro possono stare insieme con adeguati investimenti innovativi".
Bla, bla, bla, bla....
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