giovedì 20 dicembre 2012

La "strategia" del governo, del parlamento e la nostra "strategia"

La trasversalità del voto a favore del decreto salva-Riva alla Camera e che si ripeterà sicuramente al Senato, mostra senza ombra di dubbio che l'interesse di fondo di tutti i partiti di destra, di centro o di falsa "sinistra", del parlamento, è quello della difesa degli interessi del capitale. La diversità e le contese tra i partiti sono su chi debba gestire il potere politico della  borghesia, tant'è che tutte queste diversità, litigi, vengono meno appena l'interesse superiore (quello dell'economia, dei profitti dei padroni) si impone chiaro.
Il voto sul decreto non testimonia un menefreghismo verso le realtà del sud o verso Taranto, per cui la risposta dovrebbe essere più parlamentari jonici nel prossimo parlamento, ma una politica nazionale che quando si fa sul serio, quando si passa dalle chiacchiere e promesse alla realtà, si mostra chiara per quello che è e non può non essere in questo sistema: contro gli interessi degli operai, dei proletari e delle masse popolari, tutte e in tutti le città e posti di lavoro.
I pochissimi voti contrari non solo sono assolutamente innocqui, ma avvalorano la necessità di abbandonare ogni illusione (anche nelle prossime elezioni) che mandando una "persona brava" in parlamento cambi qualcosa.

Al di là del merito del provvedimento salva-Riva del governo tecnico Monti/Clini (e su questo fino in fondo appoggiato dal 'prode' Napolitano, verso cui però ancora si scrivono, anche da Taranto, inutili lettere per inutili e indegne risposte), ciò che ne mostra la natura di dittatura è proprio la forma del decreto, l'imposizione, la blindatura. Una volta che l'Ilva viene considerata nei fatti "sito di interesse nazionale strategico", sono gli interessi strategici dei padroni, nazionali e internazionali, che devono imporsi sempre e comunque.
Il decreto, quindi, è contro una messa a norma e un risanamento ambientale che metta in discussione la libertà di produrre e soprattutto il profitto di Riva; il decreto stabilisce un lavoro forzato sotto padrone e sotto controllo dello Stato, in una fabbrica resa franca da norme e diritti, prima di tutto dei lavoratori.

Ma, a "strategia" di dittatura dei padroni, a una politica che fa carta straccia delle sue stesse regole e leggi, non si può a questo punto rispondere con una lotta "normale" come se le regole vengano rispettate da tutti, o solo denunciando le "regole" infrante; si deve a questo punto rispondere con altrettanta battaglia "strategica". E quella dei lavoratori e delle masse popolari deve avere come obiettivo il potere proletario, attraverso il rovesciamento di questo parlamento, questi governi comitati d'affari dei padroni, questo sistema basato sul profitto, sullo sfruttamento e l'attacco alla vita dei proletari. Occorre una lotta prolungata, di operai e masse popolari unite, che inizi proprio col rompere quelle "Regole", sia negli obiettivi che nelle forme di lotta, con la guerra di classe in fabbrica e la rivolta popolare e proletaria in città.
Su questo gli operai e le masse popolari di Taranto possono scrivere una pagina positiva, possono dare un contributo nazionale, possono far diventare "Taranto strategica" di una via diversa e vincente della battaglia per il lavoro e la salute.


Calderita

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