sabato 1 dicembre 2012

Florido sui libri paga di RIVA - il segreto di pulcinella svelato dall'inchiesta






Ilva, presidente della provincia sotto inchiesta:
"Concussione per dare l'ok alla discarica"

Insieme all'assessore fece pressioni per superare i "no" dei tecnici. Ieri l'azienda ha denunciato l'organismo provinciale in relazione alla causa mossa dagli abitanti. Senza l'autorizzazione integrata ambientale l'Ilva avrebbe dovuto ridurre la produzione  di CARLO BONINI e GIULIANO FOSCHINI

TARANTO - L'inchiesta afferra il Presidente della provincia di Taranto, Gianni Florido, un passato importante da sindacalista quale ex segretario regionale della Cisl e un presente da dirigente locale del Pd. Un'informativa di 182 pagine in parte mutilata da omissis e allegata all'ordinanza di custodia cautelare che lunedì aveva già bussato al palazzo della Provincia, relegando agli arresti domiciliari l'ex assessore all'ambiente Michele Conserva, lo fulmina in poche righe. "Si evidenzia - scrivono i militari della Finanza - che alla luce di quanto accertato, vanno ascritte al dottor Gianni Florido, Presidente della Provincia di Taranto, specifiche responsabilità penali per il delitto di concussione o, in subordine, di violenza privata". E tutto questo in una storia dove il canovaccio si ripete. In cui la famiglia Riva detta le condizioni necessarie a tenere in vita lo stabilimento e la politica si genuflette, preoccupandosi di piegare la resistenza di chi prova a mettersi di traverso. La posta in gioco è insomma la stessa.

Il tempo è il 2010, anno in cui, nelle more dell'istruttoria che di lì a un anno porterà all'Autorizzazione Integrata Ambientale, i Riva hanno un'urgenza che si chiama discariche. Di cui "Repubblica" ha cominciato a dare conto ieri e che la Finanza sintetizza così: "Nelle more del procedimento per il rilascio dell'Aia, emerge, tra le altre, una criticità in capo all'Ilva che, stando a quanto si rileva dalle intercettazioni, è relativa alla mancata richiesta di autorizzazione all'esercizio di una discarica di rifiuti speciali interna allo stabilimento". Parliamo di un'area dalla capacità di 300 mila metri cubi, necessaria a stoccare i residui nocivi della lavorazione dell'acciaio, la cui costruzione è stata ultimata tre anni prima, nel febbraio del 2007. Ma parliamo soprattutto di un'autorizzazione senza la quale - scrivono i pm - "l'Ilva rischia di veder bloccato l'iter istruttorio dell'Aia che in quel momento pende al ministero dell'Ambiente". E senza la quale l'Ilva dovrebbe ridurre la produzione con una perdita di profitti di qualche centinaio di milioni di euro.

LA PROVINCIA A DISPOSIZIONE
Insomma, per i Riva c'è di che non stare tranquilli. E, come ormai sappiamo, il facilitatore che l'Azienda mette in moto è Girolamo Archinà (ora detenuto), responsabile delle relazioni esterne. È lui che annoda contatti solidi e continui con l'assessore provinciale Michele Conserva, anche lui del Pd, che, per altro, ha un accesso diretto a Fabio Riva. Conserva non è evidentemente il solo appoggio della famiglia (nella loro agenda, chiosano i pm, "Ci sono esponenti del mondo politico-amministrativo locale, regionale e nazionale"). Ma per l'affare della discarica conta più di un ministro. Un diavolo di ingegnere della Provincia, Ignazio Morrone, si è infatti messo in testa, esattamente come aveva fatto il suo predecessore (Luigi Romandini che per la sua ostinazione era stato sostituito), che quel buco destinato ad accogliere i rifiuti della lavorazione non può ottenere l'autorizzazione. Conserva, dunque, si mette al lavoro. Cominciano le sue pressioni su Morrone e chiede un parere esterno "pro veritate" a un legale esterno alla Provincia per verificare come bypassare la resistenza dei suoi uffici tecnici. Fino al febbraio del 2010. Quando mangia la foglia. Capisce di essere intercettato e, in modo grossolano, mette in scena a beneficio dei Finanzieri che lo ascoltano e pedinano, una rapida inversione di marcia. Diventa il più fiero avversario dell'autorizzazione alla discarica.

IL PRESIDENTE IN AIUTO
Nelle intercettazioni, i Riva, con Archinà e l'avvocato Fabio Perli (il legale milanese della società) appaiono prima sorpresi, quindi irritati. "Ci stanno mettendo due dita negli occhi", è una delle espressioni che si coglie in una conference call Taranto-Milano durante la quale viene fatto il punto sulle intenzioni della Provincia. E dunque, stufi dell'improvvisa ritrosia di Conserva, cambiano cavallo. Scommettono direttamente sul presidente Gianni Florido.

Il 5 marzo del 2010, Archinà raggiunge prima la segreteria particolare di Florido e, al telefono con Angelo Veste, addetto particolare del Presidente, "fa emergere chiaramente la commistione tra il rappresentante dell'Ilva e Florido". "Infatti - prosegue nella sua sintesi della conversazione l'informativa della Finanza - in alcuni passaggi, le parole dell'Archinà rilevano come alcune scelte politiche siano state in precedenza concordate e condivise". Un esempio. Dice Archinà, riferendosi al trasferimento del dirigente della provincia Romandini (il predecessore ostinato di Morrone): "Ti abbiamo tolto una peste".

IL MANDANTE
Archinà incontrerà direttamente Florido nel palazzo della Provincia. E ne riferirà immediatamente a Fabio Riva. Così: "Bisogna darsi da fare sulla parte politica, perché ho risposte che non si stanno interessando". Scrive la Finanza: "Tale affermazione rappresenta la tessera che completa perfettamente il mosaico. Florido si pone quale mandante occulto dell'assessore Conserva, che sarebbe dovuto essere l'esecutore materiale delle scelte concordate tra la grande industria e i politici".

Due anni e due ordinanze dopo, il quadro cambierà. Capovolgendosi. Proprio ieri, la Provincia ha denunciato per lite temeraria l'Ilva che l'aveva chiamata in causa come responsabile in solido per la causa da 7 milioni di danni mossa da 150 abitanti del quartiere Tamburi. 
(01 dicembre 2012) © Riproduzione riservata

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