domenica 9 dicembre 2012

Guido Viale sull'Ilva comincia bene e finisce in farsa

Riportiamo stralci di un articolo uscito ieri su Il Manifesto di Guido Viale (venuto mesi fa a Taranto), perché esso è sintomatico dell’atteggiamento di alcuni intellettuali, anche bravi, che possono scrivere e dire un 80% di cose giuste, ma poi fanno affermazioni “campate in aria”.

In questo articolo condividiamo l’analisi e lo smascheramento che Viale fa rispetto alle illusioni su nazionalizzazione dell’Ilva, esproprio di Riva- requisizione dello stabilimento da parte del governo, illusioni che in generale si fondano su una visione distorta, non storico materialistica del modo di produzione capitalista, che vogliono cambiare le leggi del capitale senza rovesciarne il sistema fondato, per forza, su profitto, lavoro salariato, con tutte le sue conseguenze tragiche sugli operai e sulla popolazione, compreso l’attacco alla salute, alla vita, all’ambiente.

Ma Viale purtroppo nelle conclusioni dell’articolo cade anch’egli nella stessa visione distorta, nelle stesse illusioni (anch’esse “tragiche” perché non fanno attrezzare il proletariato alla guerra di classe, alla rivoluzione), quando afferma, bellamente, che la strada da prendere sarebbe affidare l’Ilva e il territorio alla gestione del Comitato liberi e pensanti.

Ma dice sul serio, o scherza?! Nessuno con un po’ di senno arriverebbe a dire questo!

Nazionalizzare, non basta la parola – Guido Viale (Il Manifesto)


4/12/2012

“Alla fine le parole fatidiche sono state pronunciate. «Confisca» (Passera e Cremaschi) e «requisizione» (De Benedetti e Leon), riferite all’Ilva di Taranto o forse a tutto il gruppo Riva; e «nazionalizzazione» (Hollande: riferita al gruppo Mittal, che vuole dismettere uno dei più antichi altoforni della Francia, con tutti i suoi operai: ma solo una parte dell’impianto, per impedire a un eventuale compratore di poterlo utilizzare per fargli concorrenza: con tanti saluti per le sorti e la vita dei lavoratori. «E’l’economia, stupido!», direbbe qualcuno).
Ma era comunque da trent’anni che non si sentivano più quelle parole. Al loro posto si parlava e si parla solo di “privatizzazioni” o – ma è solo un modo per mascherare la sostanza della prima – di “liberalizzazioni”. E non se ne parla soltanto; le hanno fatte e continuano a farle; salvo poi nazionalizzare, senza dirlo, le banche per salvarle dal crack. Ma solo temporaneamente, per poi restituire subito tutto ai legittimi speculatori che continuano a controllarle.
…Ma è certo che l’ultima cosa che Passera pensa di fare è espropriare i Riva, una famiglia di pirati (uno agli arresti domiciliari e l’altro latitante) a cui sono stati invece affidati non solo il risanamento di una fabbrica trasformata, sotto la loro gestione, in una macchina di morte, per sfruttare gli impianti senza rinnovarli fino all’esaurimento, ma persino la salvaguardia del Pil italiano, messo in forse dai magistrati tarantini. Ma il problema si porrà nuovamente se e quando i Riva cercheranno di sottrarsi ai loro obblighi, magari con un bel fallimento. Passera però ha tirato fuori la storia dell’esproprio solo per coprire l’operato di un governo – il suo…
… D’altronde, che cosa potrebbe mai fare dell’Ilva il Governo, dopo averla espropriata, requisita o nazionalizzata? Lasciarla in gestione ai “quadri”messi lì dalla famiglia Riva con il solo scopo di trasformare la fabbrica in un Lager? Riva è già stato condannato per l’istituzione di un reparto confino e per inquinamento, e oggi governa lo stabilimento con una rete di “fiduciari dell’azienda”, non inseriti nell’organico della fabbrica, e per questo in grado di dare ordini illegali senza assumersene la responsabilità. Oppure venderla a un suo pari o a un gruppo che la compra per chiuderla e impadronirsi del mercato italiano? O sostituire quei quadri così compromessi con quelli di un’industria di Stato che non esiste più?... Se mai un governo decidesse di nazionalizzare l’Ilva, come spesso chiedono Bertinotti e altri come lui, con quali uomini la governerebbe? …

…Allora tanto vale cominciare, non da zero, ma da quello che già c’è, per imboccare una strada del tutto diversa. E quello che c’è è il “Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, che quella fabbrica la conosce perfettamente come conosce perfettamente la città e i suoi malanni, ed è ben radicato in entrambe. Ma che ha anche i collegamenti e i titoli per chiamare a raccolta una miriade di competenze tecniche, economiche, ambientali, sanitarie e sociali per costituire innanzitutto il nucleo di una struttura di controllo sulle prossime mosse del management aziendale e dei governi, sia quello nazionale che quelli locali; ma poi anche per candidarsi alla gestione del risanamento del sito e del territorio e di una produzione siderurgica ridimensionata e impostata su basi nuove e più sane…”.
(
www.guidoviale.it).

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