domenica 24 settembre 2017

Giacomo Campo fu "ucciso" all'Ilva un anno fa, ma i responsabili non hanno ancora pagato. Per gli operai dell'Ilva ricordare Giacomo deve voler dire: separare nettamente la difesa dei loro interessi, diritti da quelli aziendali

Un anno fa, il 17 settembre moriva Giacomo Campo un altro giovane operaio, una delle tante morti annunciate, la cui responsabilità cade tutta sui commissari Ilva, sui capi, sulla mancanza di sicurezza con cui Giacomo lavorava.
Oscene sono state in quella occasione le dichiarazioni sia dei commissari (Laghi: "Il giovane operaio era troppo vicino al nastro trasportatore di fronte al tamburo di rinvio” - come dire:è stata colpa sua se è morto); come del Procuratore Capristo (che invece di accertare subito le palesi violazioni alla sicurezza in cui aveva operato Giacomo, fa dichiarazioni equivoche: «Sono piuttosto preoccupato di quanto sta avvenendo, attraverso iniziative che definirei scomposte. Ho l’impressione, ma è solo un’impressione, che qualcuno stia remando contro»....", ipotizzando addirittura un sabotaggio ai danni dell'operazionein corso Ilva/Governo); come la criminale azione dei capi di far fare a Giacomo operazioni a rischio, e dopo la morte di Giacomo, imporre con minacce agli altri operai che in fretta e furia la zona venisse ripulita e messa a posto (dalle denunce di operai: "Qualcuno ha deciso di avviare la pulizia prima che la gru bloccasse il contrappeso, allentandone la tensione del nastro, fermandone qualsiasi movimento. Immagino che sia accaduto per liberare subito il nastro, per avviare la manutenzione, la sostituzione del pezzo da riparare, per ripristinare il prima possibile la messa in marcia e la produzione.... Giacomo non avrebbe dovuto essere lì dov'era, perchè era oltre i passamani, cioè le barriere di sicurezza: quindi li ha dovuti scavalcare. Perchè? E chi gli ha detto di fare le pulizie proprio lì?").

Ma mentre ancora nessuna giustizia è stata fatta per Giacomo, un giornaletto 'Extra'  coglie l'anniversario per fare "Alcune riflessioni sul futuro e sulla centralità del lavoro nella vita umana" - Quando perlomeno dovrebbe essere il contrario: "la centralità della vita umana nel lavoro".
Dell'articolo, però, ci interessa in particolare questo pezzo: "...Era il 17 settembre 2016 quando Giacomo rinunciò a una passeggiata per vetrine di negozi, mettendosi subito a disposizione della sua azienda a coprire un turno di lavoro che, ordinariamente, non era il suo. Ci teneva molto al suo lavoro, per cui osservare scrupolosamente e con senso del dovere tutte le direttive dell’organizzazione aziendale della quale era dipendente era la sua priorità. L’obiettivo quello di una trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, per poter - finalmente - cominciare a progettare una vita serena, indipendente, fatta di tanta felicità...".

In parte questo è purtroppo vero. Giacomo non doveva stare lì! Giacomo aveva da poche ore finito il suo turno ma lo stesso si mise a disposizione e andò a lavorare; Giacomo non doveva "seguire le direttive dell'organizzazione aziendale" che portarono alla sua morte; Giacomo doveva dire NO al ricatto del contratto.
L'interesse dell'azienda non coincide affatto con l'interesse degli operai, anzi è contro gli interessi, la salvaguardia delle condizioni di lavoro a la stessa difesa della vita degli operai.
Per questo, per gli operai, l'interesse alla difesa del lavoro e della sicurezza non può coincidere con quello dell'azienda! 

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