giovedì 22 maggio 2014

Bondi, il Marchionne dell'Ilva?

Questi ultimi giorni hanno messo fine all'unanimità di intenti, alle parole diplomatiche con cui i governi precedenti, padroni dell'acciaio, poteri forti hanno affrontato la questione Ilva facendo sembrare che tutti dicessero le stesse cose e tutti volessero le stesse cose.
Ora siamo di fronte a Bondi che ha presentato un piano industriale, che non si capisce, a questo punto, a nome di chi o per conto di chi.
Di presunti tecnici che incaricati da padroni e governo di svolgere una funzione poi se ne vadano per conto loro, cercando di diventare poi gli effettivi padroni di aziende e attività a cui vengono adibiti e assumendo un ruolo che li fa passare da servi a padroni, la storia italiana è piena, e non sappiamo se gli ultimi avvenimenti siano la manifestazione di questo processo. Perchè stando a quando scrivono i giornali, e in primis il più "autorevole" di essi, il Sole 24 Ore, il piano industriale di Bondi non piace a nessuno, se non ai commissari Bondi/Ronchi, a qualche ministro che ci capisce poco, ai sindacalisti confederali, Palombella in testa, che dicono sempre SI, a prescindere, al padrone di turno.

Il cuore del piano sembra essere da un lato quello di recuperare clienti e mercato sul piano nazionale attraverso una sorta di mercato protetto che spinga le aziende italiane ad approvvigionarsi in maniera quasi esclusiva dall'Ilva e dall'altro un processo di metanizzazione che muti impianti, attraverso prima l'acquisto e poi l'autoproduzione del cosiddetto “preridotto”.
Rimandiamo a schede aggiuntive e a citazione la natura tecnica della questione.
E' evidente che questa scelta ha bisogno di soldi, molti molti soldi, che Bondi intende chiedere alla proprietà, in second'ordine ad altri soggetti, prevalentemente Banche però non ad altri industriali, e in terz'ordine chiedendo un nuovo decreto che renda più fattibile l'utilizzo dei fondi sequestrati o sequestrabili nell'inchiesta giudiziaria in corso.
E' evidente che questo piano poi avrà come effetto sugli operai “mano libera” nella ristrutturazione, nell'occupazione, flessibilizzazione e, pensiamo noi, anche riduzione dei salari.
Ma in realtà la vera questione è che questo piano vuole fare di Bondi il nuovo padrone – per fare una similitudine, come è avvenuto nella Fiat con l'operazione Marchionne.

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