domenica 23 novembre 2014

La crisi dell’Ilva è frutto delle stesse leggi del capitale

(dal giornale proletari comunisti - per richiederlo: pcro.red@gmail.com) -

“L’Ilva in due anni e mezzo ha ridotto i ricavi di una quota compresa fra il 30 e il 40%, e in tutto ha perso oltre un miliardo di euro. Il 30 giugno 2012, il patrimonio netto consolidato era pari a 3,673 miliardi di euro. Il 30 settembre di quest’anno il patrimonio netto è diventato di 1,096 miliardi di euro. Il 70% in meno. L’anno scorso ha prodotto 5,8 milioni di tonnellate di acciaio, in calo del 31% rispetto al 2012: nel 2006 erano state 9,6 milioni”.

Ma questa crisi dell’Ilva non ha quasi nulla a che fare con le ricadute dell’azione giudiziaria di “Ambiente svenduto, ma con le stesse leggi del capitale a livello mondiale.
Gli stessi giornalisti padronali devono ammettere che “le cronache degli ultimi anni confermano che non esistono, nella storia recente dei cicli integrali europei, casi di impianti chiusi per motivi ambientali. Esistono altoforni chiusi per ragioni economiche e in generale, per motivi legati alla congiuntura e alla situazione di sovrapproduzione nel mercato dell’acciaio continentale.
“Oggi  - aggiungono - il mercato siderurgico continentale sta vivendo una situazione di sovracapacità produttiva, legata alle difficolt del mercato: a fronte di una potenza installata in Ue di circa 210 milioni di tonnellate di acciaio,  stata stimata la necessit di ritirare dal mercato tra i 30 e i 40 milioni di tonnellate”.

Una sovracapacità che si spiega solo con le leggi del capitale di cercare di salvaguardare i profitti, soprattutto in una fase di crisi; la produzione è troppa non per il consumo della popolazione nel mondo, ma per mantenere un livello di prezzi che realizzi i profitti, in un mercato mondiale in cui la guerra di concorrenza fa “morti come una vera guerra.
 
“Sono bastati pochi mesi di incertezza gestionale dell’Ilva, perchè il mercato italiano dell’acciaio venisse aggredito con facilità dai competitor stranieri. Turchi, russi, indiani, ma anche francesi, tedeschi e olandesi. Con la crisi di Taranto c’è chi ha festeggiato...”

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