Taranto, un piano per arrivare alla nuova Ilva
L’Ilva del futuro, ovvero come l’azienda potrà rilanciarsi e ri posizionarsi sul mercato una volta superati i problemi am bientali, finanziari e produttivi che la riguardano. Pubblichia mo oggi la terza puntata dell’analisi scritta per la «Gazzetta» da Biagio De Marzo, in gegnere e dirigente dell’Italsider e Ilva pubblica. Le due predenti puntate sono state pubblicate lunedì e venerdì scorsi.Per affrontare una vicenda così complessa quale quella dell’Ilva è necessario elaborare un Master Plan del sistema Ilva, cioè il piano ge nerale di programmazione delle at tività che ne delinea il quadro stra tegico e gli indirizzi conseguenti fino a far nascere la nuova Ilva. Fon damentali per il piano sono i pre requisiti, cioè le condizioni esterne al sistema, che però influiscono pesan temente sulla progettazione, sulla possibilità di realizzazione e sugli effetti del nuovo sistema.
Altre caratteristiche del piano, tra guardando l’intero gruppo Ilva, sono: a) un orizzonte temporale di me dio-lungo periodo; b) la definizione degli impianti fermi e in marcia, quindi
la potenzialità di produzione per ciascuno stabilimento o società del gruppo; c) le fonti di approv vigionamento delle materie prime e dei semilavorati (per esempio, Novi Ligure deve lavorare solo i coils di Taranto o li può integrare compran done altrove); d) a quali impianti, stabilimenti e società destinare i fon di (personale, ricambi, manutenzio ne, innovazione) e quali invece tra scurare; e) la necessità di personale, quindi quante risorse umane uti lizzare e quante no.
Alla base del piano debbono es serci: 1) la profonda conoscenza della situazione impiantistica degli sta bilimenti (punto di partenza del pia no); 2) una fondata previsione del mercato che, unita alla condizione precedente, permetta di scegliere su quali prodotti orientarsi (punto di arrivo del piano); 3) la presenza si cura di un pool di clienti per i prodotti dell’Ilva nel breve-medio pe riodo. Senza queste tre condizioni, il piano rischia di essere effimero.
Un pericolo in cui si può incorrere è quello di demandare il piano futuro all’arrivo di una newco (nuova com pagnia): con i debiti che volano ed importanti decisioni di investimento che vanno prese a breve, il rischio è che la newco trovi solo le macerie. D’altro canto, anche la newco po trebbe aver bisogno di tempo per capire, per orientarsi e per definire le priorità. Le decisioni che contano vanno quindi prese subito.
La Viias prerequisito del Master Plan di «Ilva futura». Il primo prerequisito per il Master Plan di «Ilva futura» è la valutazione del danno sanitario corrispondente all’assetto dello stabilimento. Non si può ignorare, infatti, che proprio i danni sanitari, indotti dall’inquina mento di origine industriale e de nunciati nell’incidente probatorio dell’inverno 2012, hanno dato forza all’inchiesta giudiziaria «Ambiente svenduto» e al relativo processo. Ne cessita, quindi, disporre subito della valutazione del danno sanitario e del rischio sanitario residuo, sia per il caso dello stabilimento ad Aia attuale completamente realizzata, sia al mas simo della produzione realizzata in passato, sia per differenti livelli di produzione annua e per differenti, possibili assetti tecnici ed impian tistici.
Aiuta, in tal senso, la recente approvazione delle linee guida per la Viias, Valutazione integrata di im patto ambientale e sanitario su tutto il territorio nazionale. Quale impian to più adeguato e determinante dell’Ilva di Taranto per sperimen tarne l’applicazione effettiva? Le ri sposte della Viias sarebbero riso lutive per le decisioni da prendere sul futuro dell’Ilva. Non si può ignorare che nella riunione dello scorso 26 giugno 2015 il Consiglio comunale di Taranto ha approvato all’unanimità l’ordine del giorno (presentato dai consiglieri di minoranza Dante Ca priulo, Gianni Liviano e Francesco Venere) per l’immediata applicazione all’Ilva di Taranto della Viias.
Per Taranto, così, sarebbe possibile fare prevenzione integrata sanitaria ed ambientale, sapere se ci può essere un futuro per lo stabilimento ed evitare spreco di tempo e di risorse su provvedimenti e soluzioni inef ficaci. E’ quindi importante per tutti sapere quale sarebbe il rischio sa nitario derivante dall’esercizio dello stabilimento «a prescrizioni Aia at tuali rispettate» e, se del caso, sapere quale assetto dovrebbe avere lo sta bilimento per avere rischio sanitario accettabile, impatto sociale sosteni bile e rendimento industriale po sitivo.
Tecniche rigorose per impianti sicuri. Nella vicenda Ilva si è di fronte alla contrapposizione tra in teressi strategici ed economici na zionali e aspettative territoriali e civiche focalizzate sul timore di pe ricoli sanitari ed ambientali, talvolta strumentali. Noi abbiamo fiducia nell’inventiva e determinazione uma ne nel migliorare la qualità della vita e nel lavorare con il massimo della sicurezza e della tutela della salute. Per il nostro vissuto, però, sappiamo che il 100 per cento di sicurezza e salute lo può assicurare solo il Pa dreterno. Siamo convinti che per ogni impianto sia possibile sapere esattamente sia cosa si immette in atmosfera, in acqua e in terra du rante il suo funzionamento, sia cosa fare perché tutto questo non nuoccia alla salute e all’ambiente.
Da tempo esistono metodologie, ad esempio la Fmeca, che, applicate rigorosamente nelle fasi di progettazione, costru zione, esercizio e manutenzione, ren dono qualunque impianto eco com patibile e sicuro. LA Fmeca, acro nimo inglese che tradotto in italiano è «Analisi dei modi, degli effetti e della criticità dei guasti», è utilizzata nei settori più diversi e mette in evidenza le modalità di guasto che hanno nello stesso tempo una pro babilità di accadere relativamente alta, unita ad un'alta gravità di con seguenze. Si mettono, così, in risalto i punti di debolezza di un progetto, sui quali occorre intervenire con adeguate modifiche.
Questa meto dologia fu sviluppata dal Diparti mento della Difesa degli Stati Uniti nel 1949, durante il progetto del pro gramma spaziale Apollo, allo scopo di prevedere il comportamento al gua sto dei sistemi e adottare conse guentemente le necessarie contro misure. Successivamente è stata adattata agli usi industriali in tutto il mondo non solo per progettare e realizzare impianti di ogni tipo con il massimo possibile della sicurezza di funzionamento ma anche per sapere esattamente per ogni impianto cosa potrebbe scaricare in atmosfera, in acqua, in terra ed attrezzarsi ade guatamente. Il nostro credo tecni co-professionale è che con la Fmeca applicata rigorosamente nelle fasi di progettazione, costruzione, esercizio e manutenzione qualunque impianto è eco compatibile e sicuro. La nuova Viias, «sorella» della Fmeca, valu tando l’impatto ambientale ed il ri schio sanitario residuo in diversi scenari, sarà determinante per le scelte di fondo per «Ilva futura» sulla cui impiantistica, vecchia e nuova, dovrà pretendere l’applicazione della Fmeca.
Una strategia di sopravvivenza e transizione parallela al Master Plan. Guardando solo i risultati eco nomici, nei tre anni di traversie dall’incidente probatorio in poi (se questri, arresti, decreti legge, com missariamenti, nuovi manager ed altro), lo stabilimento siderurgico di Taranto è passato da una gestione economicamente redditizia ad una situazione pre-fallimentare: sono sta te accumulate forti perdite e debiti senza che si siano fatti passi avanti significativi sulla strada del risa namento ambientale. Non è più pro crastinabile una gestione che faccia utili per pagare i debiti e per fi nanziare gli investimenti.
In parallelo alle attività che tra guardino «Ilva futura», gli attuali responsabili dovrebbero adottare una «strategia di sopravvivenza e transizione» che recuperi e valorizzi le tante risorse interne, attualmente disorientate, quasi rassegnate al peg gio. Occorre, quindi, attivare azioni «fantasiose», prodotte-ispirate da persone che già trattano la materia e conoscono il mercato e che abbiano l’obbiettivo non di fare dell'Ilva il primo produttore europeo di acciaio, ma di salvare l'Ilva dalla catastrofe, puntando decisamente su acciai e tubi di qualità. Erano il vanto della vecchia Italsider che li faceva con gli stessi impianti di oggi. Siamo con vinti che acciai e tubi di alta qualità sono alla portata delle attuali risorse interne, motivate e fiduciose nel fu turo, meglio ancora se supportate da qualche consulente scelto tra i mi gliori al mondo, come quelli che a Taranto sono già stati in passato.
Biagio De Marzo - GdM
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