lunedì 7 marzo 2022

Ex Ilva - Si torna al punto di partenza - Ora si parla esplicitamente di "Piano B" - Ma per gli operai è sempre un piano "zero".

Altro che Tavoli romani; mentre su questo fronte sembra tutto fermo, in realtà dietro le quinte tutti, Acciaierie d'Italia/Mittal, governo si muovono (benchè quest'ultimo come mosca in un bicchiere d'acqua) e prospettano soluzioni che riportano al punto di partenza e si presentano ancora più negative e incerte per gli operai di quelle gravi già esistenti.

Mittal/Morselli impongono in maniera ancora più ricattatoria (visti anche i tempi stretti) le loro condizioni che si possono sintetizzare in lasciar fare tutto quello che Mittal vuole per tagliare i costi, prima di tutto quelli sulla sicurezza e ambientali, come i pagamenti alle Ditte dell'appalto, mettere nuove migliaia di operai in cassintegrazione permanente, avere mani libere su produzione, e fare più profitti - tra l'altro in una situazione in cui la guerra interimperialista Ucraina ha aumentato il costo di energia, dei materiali e quindi la guerra del mercato dell'acciaio si fa più pesante e imprevedibile;

e il governo da parte sua invece che decarbonizzazione vuole riattivare centrali a carbone e rimettere in un prossimo decreto lo storno dei soldi delle bonifiche ad Acciaierie d'Italia. 

La situazione è quindi pessima. 

Questo da tempo lo Slai cobas l'aveva previsto e aveva avvertito gli operai che non lamenti periodici dei sindacati in fabbrica o tavoli inutili servivano e servono. Così si è accompagnato solo il peggioramento della situazione. 

E ancora una volta diciamo agli operai: o reagite, o cominciate a lottare seriamente, o non ci saranno piani "B" che possano salvare.  

Da un articolo di Repubblica del 6 marzo:


Ex Ilva, "doppio piano B" se a maggio lo Stato non avrà la maggioranza
di Marco Patucchi
ROMA - A forte rischio il passaggio allo Stato della maggioranza azionaria di Acciaierie d'Italia, la ex Ilva. L'appuntamento fissato dall'accordo tra ArcelorMittal e Invitalia (Tesoro), i soci che condividono la governance nella holding del gruppo siderurgico con quote rispettivamente del 62 e del 38%, è per il mese di maggio, ma la improbabile praticabilità delle condizioni sospensive del contratto firmato lo scorso anno, ad oggi rende quella scadenza aleatoria.
L'intesa, ricordiamolo, calendarizza tra due mesi un aumento di capitale da 680 milioni di euro (dopo quello iniziale da 400 che ha consentito l'ingresso del socio pubblico) attraverso il quale lo Stato salirà al 60% e il gruppo franco-indiano ArcelorMittal scenderà al 40%. Condizionandolo, appunto, alla "modifica del piano ambientale in vigore per tenere conto delle correzioni al nuovo piano industriale"; alla "revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto"; all'assenza "di misure restrittive - nell'ambito dei procedimenti penali in cui l'Ilva è imputata - nei confronti di Acciaierie d'Italia Holding o di sue società controllate". Senza queste condizioni, la holding non sarebbe più obbligata a perfezionare l'acquisto dei rami d'azienda di Ilva e il capitale investito verrebbe restituito.
Il presidente, Franco Bernabè (in rappresentanza dello Stato, mentre l'ad Lucia Morselli è espressione del socio privato), ricordando che il passaggio di maggio non è automatico, ha spiegato che in assenza delle condizioni sospensive bisognerà esplorare le alternative. Ma il tempo stringe e la strada appare in salita. Sul tavolo due opzioni: la rinegoziazione dell'accordo o la liquidazione della holding e la successiva creazione di una nuova società. Una scelta che, peraltro, dipenderà anche dal cambio di guardia al vertice di Invitalia, visto che il mandato dell'attuale ad, Domenico Arcuri (tra gli artefici dell'operazione Ilva), scade a fine marzo.
Il minaccioso avvicinarsi della scadenza di maggio, oltretutto, si aggiunge ad un altro vulnus nel rilancio della ex Ilva: il mancato dirottamento all'azienda, sancito dal Parlamento, di 575 milioni dei fondi sequestrati alla gestione Riva e rimasti, invece, nella disponibilità delle bonifiche ambientali. Fondi importanti per accompagnare la transizione green degli stabilimenti prevista dal piano industriale nell'arco di dieci anni, con la riaccensione, tra l'altro, dell'altoforno 5 e la realizzazione di un forno elettrico.
Acciaierie d'Italia, alle prese con forti difficoltà nel reperimento di finanziamenti bancari per la liquidità essenziale all'operatività, ha guadagnato una boccata d'ossigeno dalla cartolarizzazione di crediti commerciali per 1,5 miliardi siglata con Morgan Stanley. Però il livelli produttivi continuano ad essere bassi (sotto i 4 milioni di tonnellate annue) mentre, come rileva la stessa società, anche i 6 milioni previsti nel 2022 "non sono sufficienti a garantire l'equilibrio e la sostenibilità finanziaria degli oneri derivanti dall'attuale struttura dei costi". Dunque, ecco la Cassa integrazione straordinaria per 3000 lavoratori (2500 a Taranto) nei prossimi 12 mesi, sul totale di 10.063. Solo il raggiungimento nel 2025 del target di 8 milioni di tonnellate, sottolinea sempre l'azienda. "consentirà il totale impiego delle risorse" umane.

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