Ilva a Taranto, sette indagati. L’accusa: “Smaltimento illecito di rifiuti”
L'ipotesi della procura è che durante i lavori disposti dall’autorizzazione integrata ambientale sarebbero stati individuati i rifiuti che poi sarebbero stati interrati. Ma l'ipotesi più accreditata è che sarebbero stati tombati anni fa
di Francesco Casula | 10 dicembre 2014
Smaltimento illecito di rifiuti. È la nuova ipotesi di reato formulata dalla procura di Taranto nei confronti di sette indagati per i lavori di adeguamento all’Aia dell’Ilva. Si tratta di Riccardo Gatti, 52enne direttore dei lavori per le opere architettoniche e strutturali del cantiere, Pietro Bongermino, 50enne responsabile di cantiere per conto di Ilva, Marco Genero, 48enne originario di Udine e capo Area manutenzione meccanica acciaierie, Sergio Trombini, 54enne presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della ditta Semat spa che ha eseguito i lavori del cantiere, Giandomenico Cuscela, procuratore speciale della ditta appaltatrice, Gianfranco Orfino, 47enne di Pulsano e, infine Martino Bello, 49enne di Martina Franca, entrambi dipendenti della Semat e incaricati dei lavori.
Secondo il procuratore Franco Sebastio e aggiunto Pietro Argentino i sette, avrebbero effettuato “un’attività di smaltimento di rifiuti speciali pericolosi costituiti da materiali oleosi e catramosi mediante interramento e occultamento” nel sottosuolo. In sostanza, l’ipotesi accusatoria è che durante i lavori disposti dall’autorizzazione integrata ambientale per la costruzione di un nuovo impianto di aspirazione nell’acciaieria 1, sarebbero stati individuati i rifiuti che poi sarebbero stati interrati, anche se l’ipotesi più accreditata al momento è che quei rifiuti pericolosi sarebbero stati tombati anni e anni fa.
Nelle scorse ore, intanto, i carabinieri del Nucleo Operativo ecologico di Lecce, agli ordini del maggiore Nicola Candido, si sono presentati in azienda con gli escavatori e hanno portato alla luce tutto quello che è stato occultato: diversi i campioni prelevati che saranno ora analizzati dal personale dell’Arpa Puglia e già nei prossimi giorni potrebbero fornire informazioni preziose per comprendere meglio la natura de rifiuti, la loro provenienza e, soprattutto, l’eventuale rischio corso dai lavoratori che quotidianamente si sono mossi su quelle superfici.
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