Molti i dubbi del modello Alitalia
(Da Il Manifesto - dall'art. di Vincenzo Comito,
"...Questi i punti deboli
Il timore è quello che, come nel caso Alitalia, le pesanti spese della riconversione ambientale e strategica siano tutte accollate sulla mano pubblica e che poi l’impianto, una volta risanato, venga ceduto per pochi spiccioli al primo imprenditore di passaggio.
Suscita perplessità la nomina di ben tre commissari straordinari invece di uno solo. Ne seguiranno presumibilmente confusione burocratica, conflitti di competenze, conseguenti dilatazioni nei tempi di intervento.
Intanto i rilevanti profitti guadagnati dai Riva nel corso degli anni sembrano, almeno secondo le inchieste della magistratura, per la gran parte tranquillamente parcheggiati all’estero. Tra l’altro, gli importi a suo tempo in teoria sequestrati dalla magistratura alla famiglia si sono rivelati come di difficilissimo incasso: stanno quasi tutti celati dietro a dei paradisi fiscali.
Per altro verso, i circa due miliardi stanziati dal governo, anche se possono sembrare tanti, si potrebbero rilevare alla fine largamente insufficienti e lo stesso governo potrebbe essere obbligato a riversare nel calderone, nei prossimi tempi, risorse aggiuntive cospicue...
Colpiscono molto sfavorevolmente l’ulteriore ritardo e comunque i tempi molto vaghi, almeno per una parte, nella realizzazione del piano di risanamento ambientale, che si presentava già, peraltro, come non del tutto adeguato; colpisce ancora di più, poi, l’esiguità della cifra stanziata (un miliardo circa) rispetto alle più sostanziose stime precedenti. Esse parlavano di 1,8 miliardi e sembravano già insufficienti.
In proposito, ricordiamo come sia un po’ difficile che l’Unione Europea approvi nella sua interezza un piano sospettato, oltre che di aiuti di stato, in specifico anche di infrazione proprio in tema di risanamento ambientale...
Non convince del tutto la proposta alternativa, pur meritevole, avanzata dal mondo ambientalista e che prevederebbe la chiusura totale dello stabilimento e l’avvio di iniziative pubbliche e private di tipo alternativo. Ci sembra che, nell’attuale stato di sostanziale liquefazione delle strutture pubbliche e di fuga di quelle private, pensare che il sistema Italia sia capace di suscitare in pochi anni energie tali da creare ex-novo 20.000 posti di lavoro, sia un obiettivo irraggiungibile. Inoltre l’Italia, dopo la Fiat, non si potrebbe permettere di perdere un altro fondamentale pilastro della sua struttura industriale.
Il piano degli ambientalisti ha però il merito di sottolineare la drammaticità della situazione sanitaria cui si trova di fronte la città di Taranto e la necessità di incanalare tutti gli sforzi verso la soluzione della questione".
Il timore è quello che, come nel caso Alitalia, le pesanti spese della riconversione ambientale e strategica siano tutte accollate sulla mano pubblica e che poi l’impianto, una volta risanato, venga ceduto per pochi spiccioli al primo imprenditore di passaggio.
Suscita perplessità la nomina di ben tre commissari straordinari invece di uno solo. Ne seguiranno presumibilmente confusione burocratica, conflitti di competenze, conseguenti dilatazioni nei tempi di intervento.
Intanto i rilevanti profitti guadagnati dai Riva nel corso degli anni sembrano, almeno secondo le inchieste della magistratura, per la gran parte tranquillamente parcheggiati all’estero. Tra l’altro, gli importi a suo tempo in teoria sequestrati dalla magistratura alla famiglia si sono rivelati come di difficilissimo incasso: stanno quasi tutti celati dietro a dei paradisi fiscali.
Per altro verso, i circa due miliardi stanziati dal governo, anche se possono sembrare tanti, si potrebbero rilevare alla fine largamente insufficienti e lo stesso governo potrebbe essere obbligato a riversare nel calderone, nei prossimi tempi, risorse aggiuntive cospicue...
Colpiscono molto sfavorevolmente l’ulteriore ritardo e comunque i tempi molto vaghi, almeno per una parte, nella realizzazione del piano di risanamento ambientale, che si presentava già, peraltro, come non del tutto adeguato; colpisce ancora di più, poi, l’esiguità della cifra stanziata (un miliardo circa) rispetto alle più sostanziose stime precedenti. Esse parlavano di 1,8 miliardi e sembravano già insufficienti.
In proposito, ricordiamo come sia un po’ difficile che l’Unione Europea approvi nella sua interezza un piano sospettato, oltre che di aiuti di stato, in specifico anche di infrazione proprio in tema di risanamento ambientale...
Non convince del tutto la proposta alternativa, pur meritevole, avanzata dal mondo ambientalista e che prevederebbe la chiusura totale dello stabilimento e l’avvio di iniziative pubbliche e private di tipo alternativo. Ci sembra che, nell’attuale stato di sostanziale liquefazione delle strutture pubbliche e di fuga di quelle private, pensare che il sistema Italia sia capace di suscitare in pochi anni energie tali da creare ex-novo 20.000 posti di lavoro, sia un obiettivo irraggiungibile. Inoltre l’Italia, dopo la Fiat, non si potrebbe permettere di perdere un altro fondamentale pilastro della sua struttura industriale.
Il piano degli ambientalisti ha però il merito di sottolineare la drammaticità della situazione sanitaria cui si trova di fronte la città di Taranto e la necessità di incanalare tutti gli sforzi verso la soluzione della questione".
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