padron Natuzzi |
L'accordo Natuzzi, firmato
ieri a Roma, salva Natuzzi ma non i lavoratori.
Gli esuberi si riducono ma
restano molto alti, 534, praticamente metà dell'organico effettivo
attuale; per chi torna al lavoro vengono applicati per due anni
contratti di solidarietà; quelli in esubero sono da considerarsi
definitivamente fuori, con una cassintegrazione in attesa di
ricollocazione.
Nello stesso tempo le
condizioni di chi torna al lavoro prevedono la cancellazione di
buona parte dei diritti, congelati i permessi, le pause, gli scatti
di anzianità.
Il reimpiego di 100 lavoratori, con la riapertura del
sito di Ginosa, viene previsto solo se vengono raggiunti volumi e
livelli di produttività definiti dal piano industriale.
Il sindacato con questo
accordo viene definitivamente cancellato – come dice la
Filca-cisl: “il suo impegno sarà di intervenire sul costo del
lavoro e di essere parte di un Comitato di partecipazione che dovrà
monitorare tutte le operazioni finanziarie che l'azienda vorrà
mettere in campo”.
La Uil rafforza il concetto dicendo che “i sindacati dimostrano così di essere
disposti a fare sacrifici che non sono contemplati dalla normale
contrattazione, abbassando alcuni istituti del salario. Abbiamo
raggiunto un'intesa che va nella direzione di rendere competitivo il
lavoro italiano invece di decentrarlo in Romania e Cina”.
Più chiari di così non
si poteva essere, da parte di padroni e sindacati confederali e da
parte del Ministero del lavoro e dello sviluppo che ha fatto da sede
e regia di questo accordo.
Poi si dice che questa
ipotesi di accordo sarà votata dai lavoratori. Cioè padroni e
sindacato, sotto un ricatto occupazionale, vogliono
imporre in assemblee il Sì a questo accordo, per far passare i
lavoratori come consenzienti.
Lo Slai cobas considera
questo accordo fortemente dannoso, non solo per gli operai della Natuzzi
ma per tutti i lavoratori. E' un accordo da tempi del Jobs act.
E' vergognoso il Sì
della Cgil a questo accordo, che smaschera tutta l'ipocrisia di chi a
livello nazionale chiama a scioperare, come è stato il
12 dicembre, in nome della lotta alla precarietà, al Jobs act, per il
lavoro, e poi in sede aziendale firma accordi che sono esattamente il
contrario.
Nessun commento:
Posta un commento