mercoledì 14 gennaio 2015

L'accordo Natuzzi, salva i padroni ma non i lavoratori

padron Natuzzi
L'accordo Natuzzi, firmato ieri a Roma, salva Natuzzi ma non i lavoratori.
Gli esuberi si riducono ma restano molto alti, 534, praticamente metà dell'organico effettivo attuale; per chi torna al lavoro vengono applicati per due anni contratti di solidarietà; quelli in esubero sono da considerarsi definitivamente fuori, con una cassintegrazione in attesa di ricollocazione.
Nello stesso tempo le condizioni di chi torna al lavoro prevedono la cancellazione di buona parte dei diritti, congelati i permessi, le pause, gli scatti di anzianità. 
Il reimpiego di 100 lavoratori, con la riapertura del sito di Ginosa, viene previsto solo se vengono raggiunti volumi e livelli di produttività definiti dal piano industriale.
Il sindacato con questo accordo viene definitivamente cancellato – come dice la Filca-cisl: “il suo impegno sarà di intervenire sul costo del lavoro e di essere parte di un Comitato di partecipazione che dovrà monitorare tutte le operazioni finanziarie che l'azienda vorrà mettere in campo”.
La Uil rafforza il concetto dicendo che “i sindacati dimostrano così di essere disposti a fare sacrifici che non sono contemplati dalla normale contrattazione, abbassando alcuni istituti del salario. Abbiamo raggiunto un'intesa che va nella direzione di rendere competitivo il lavoro italiano invece di decentrarlo in Romania e Cina”.
Più chiari di così non si poteva essere, da parte di padroni e sindacati confederali e da parte del Ministero del lavoro e dello sviluppo che ha fatto da sede e regia di questo accordo.
Poi si dice che questa ipotesi di accordo sarà votata dai lavoratori. Cioè padroni e sindacato, sotto un ricatto occupazionale, vogliono imporre in assemblee il Sì a questo accordo, per far passare i lavoratori come consenzienti.

Lo Slai cobas considera questo accordo fortemente dannoso, non solo per gli operai della Natuzzi ma per tutti i lavoratori. E' un accordo da tempi del Jobs act.


E' vergognoso il Sì della Cgil a questo accordo, che smaschera tutta l'ipocrisia di chi a livello nazionale chiama a scioperare, come è stato il 12 dicembre, in nome della lotta alla precarietà, al Jobs act, per il lavoro, e poi in sede aziendale firma accordi che sono esattamente il contrario. 

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