risultano pienamente confermate le denunce e le proteste dei lavoratori in merito ai criteri di selezione adottati da ArcelorMittal nella divisione tra assunti in AM e posti in cassintegrazione in Ilva AS; ma risulta altrettanto evidente che i sindacati hanno firmato un accordo che non solo permetteva l'azione unilaterale di AM ma che non hanno discusso in via preventiva nè criteri nè le lavorazioni necessarie in tutti i reparti.
Non solo, i sindacati firmatari, pur sapendolo, non hanno posto alcuni limiti preventivi a straordinari e terziarizzazione che invece fanno parte organicamente sia della fase attuale di dimezzamento selvaggio in molti reparti, sia del piano industriale dell'ArcelorMittal.
Le gravi incongruenze nella selezione gettano un ombra generale sull'accordo ed è profondamente sbagliato che le organizzazioni sindacali firmatarie (fim, fiom, uilm, ugl, usb) invece si siano sbracciate nell'incontro romano e nelle dichiarazioni stampa sulla positività dell'accordo del 6 settembre. Lì dove, invece, un sindacato serio, quando firma un accordo deve pretendere garanzie per conto dei lavoratori e deve porre il ritiro delle firma e la ridiscussione dell'accordo quando esso dà vita a pensanti incongruenze e danni materiali e morali dei lavratori.
Ora Mittal e i sindacati pensano di ridurre tutto a questioni individuali e di procedura: non è stato completato ancora il numero delle assunzioni previste, ne mancherebbero una settantina; vi sono ancora numerose posizioni dubbie in relazione all'accettazione dell'incentivo ad uscire o anche su richieste volontarie di messa in cig; e parlano, chi di 150, chi di un 300 possibilità di rientro.
Noi rigettiamo questa logica e questo metodo che stanno attuando una situazione penalizzante per 2500 lavoratori e di pesante ipoteca sulle condizioni di lavoro, carichi maggiori di lavoro degli operai assunti, come di grave stravolgimento del sistema lavorativo e delle pratiche operative che permette una massiccia presenza di ditte esterne al posto dei lavoratori messi in cassintegrazione, con un ridimensionamento della manutenzione a favore della produzione.
Di conseguenza lo Slai cobas invita e lavora perchè i cassintegrati, indipendentemente dall'organizzazione sindacale di appartenenza, scendano in campo per affermare i loro diritto sacrosanto al lavoro e alla giustizia in questo cambio di proprietà, chiamando davvero di fronte alle loro responsabilità, governo, Mittal e i sindacati firmatari.
NO alla terziarizzazione di attività lavorative, no al dimezzamento di organici in reparti e lavori importanti, quale la manutenzione, SI al rientro di operai in cigs.
Per questo, finito il "fuoco e fiamme" di alcuni personaggi - Ranieri LP e Sibilla Flmu - che si sono agitati nei giorni scorsi ma senza alcuna intenzione di mettere in discussione l'accordo e i criteri di selezione, ma per dire agli operai in cig di non lottare per il diritto al rientro in fabbrica e per pilotarli verso processioni alla Regione per presunti lavori socialmente utili, o a fare programmi inutili di riconversione che hanno al centro sempre la chiusura della fabbrica, ecc,
è il tempo, invece, della serietà dell'azione dei lavoratori, che comprende l'impugnativa legale dell'accordo e delle discriminazioni, che non esclude l'azione penale nei confronti delle responsabilità non solo dell'azienda ma anche del governo e dei sindacati firmatari.
MARTEDI' 13 NOV ALLE ORE 10 E' PREVISTA LA RIPRESA DEL PRESIDIO/INCONTRO DEI LAVORATORI IN CIG LLA PORTINERIA D, a cui invitiamo la stampa, per riprendere la mobilitazione e annunciare le prossime iniziative, volte al coinvolgimento di tutti i lavoratori messi in cig, in uno spirito di unità con i lavoratori già assunti in AM e nella pretesa - questo sì di tutti i lavoratori e della città - di un lavoro sicuro e di bonifiche certe della fabbrica e del territorio.
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