Niente rinnovo, tutti a casa. La colpa? È del decreto dignità.
Si susseguono le notizie di lavoratori che non si vedranno rinnovato il
contratto di lavoro per via della stretta del governo gialloverde. Dal 1
novembre le nuove regole del decreto Di Maio sono entrate in vigore per
tutti (dopo un periodo di transizione) e i primi effetti si fanno già
sentire. Nelle intenzioni del governo l’idea è che le nuove regole più
rigide sui contratti a termine avrebbero i contratti a tempo
indeterminato, ma per il momento si ottiene l’effetto opposto: quello di
lasciare i lavoratori a casa.
È quello che è accaduto a Taranto, dove 60 lavoratori in somministrazione del call center Teleperformance resteranno senza lavoro. E il numero di chi perderà il posto nell’azienda potrebbe salire fino a
trecento persone, se si tiene conto di tutti i contratti in scadenza
nella società.
Tant’è che la commessa dell’Enel che il grande cervellone
si è aggiudicato sarebbe addirittura a rischio. Il Nidil, alla vigilia
della partenza del decreto dignità, aveva organizzato un presidio
davanti alla sede tarantina dell’azienda, invitando anche gli esponenti
locali del M5S, già contestatissimi dopo il dietrofront sull’Ilva, a
dire la propria. Ma, scrivono dal sindacato, «non hanno trovato il tempo
di raggiungere il presidio e spiegare di persona – non via social
network – ai lavoratori cosa stesse accadendo».
E che il "decreto dignità" diventa di fatto solo un aiuto alle aziende ad avere sempre contratti a termine , della serie: licenzio questi e il giorno dopo prendo altri, è confermato proprio da Teleperformance. Il 28 ottobre sono usciti 60 lavoratori per raggiunti limiti
di precarietà, e ora ne entrano 80 nuovi per un’altra commessa. E così
ricomincia il giro nella massima convenienza dell’azienda, che ha tutto
l’interesse a usare i nuovi somministrati fino al massimo consentito
dalla legge”.
“Basterebbe obbligare le aziende a mantenere il personale –dice la Cgil – anziché ricominciare da capo ogni volta. Un
diritto di prelazione, un po’ come accade negli appalti con la clausola
sociale. Ma questa cosa nel decreto non c’è, e le aziende sono libere di
fare il bello e cattivo tempo".
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