Ampliamento-integrazioni della critica alle teorie economico borghesi fatta nel "giovedì rosso" del 19 marzo scorso
Ripubblichiamo la critica alla teoria dei "costi di produzione" e alla teoria "nominale del denaro",
perchè vi abbiamo apportato delle importanti integrazioni, che aiutano la comprensione
(le integrazioni sono fondamentalmente in neretto)
Ripubblichiamo la critica alla teoria dei "costi di produzione" e alla teoria "nominale del denaro",
perchè vi abbiamo apportato delle importanti integrazioni, che aiutano la comprensione
(le integrazioni sono fondamentalmente in neretto)
La teoria dei "costi di produzione" - Secondo questa teoria il valore delle merci è il frutto della comune collaborazione tra il lavoro, il capitale e le forze naturali. Nell'utilizzazione del lavoro, del capitale e delle forze naturali, si pagherebbero separatamente il salario, l'interesse e la rendita, che costituirebbero i costi di produzione. Il valore delle merci sarebbe determinato quindi dai costi di produzione.
Ma l'interesse e la rendita sono solo il reddito di sfruttamento del capitalista e del detentore della terra e non un costo della produzione. Il costo di produzione di una merce è determinato infatti dalle materie prime, dagli strumenti/macchinari di produzione - che sono stati pur sempre precedentemente prodotti del lavoro operaio, a parte alcune materie prime, le quali comunque, sono trasformate dal lavoro per essere utilizzate nella produzione - dai costi di esercizio che costituiscono il "capitale costante"; e dal salario - che costituisce il "capitale variabile".
Il capitalista sostiene di fornire lui alla produzione anzitutto il denaro e i mezzi ad essa necessari, dalle materie prima ai macchinari. Ma Marx ribatte che quel denaro e quei mezzi sono già a loro volta frutto di un pluvalore ricavato dal precedente pluslavoro di altri operai. "Sotto qualunque profilo una proprietà privata di mezzi di produzione che hanno struttura sociale è un coacervo di contraddizioni" (da "Karl Marx cita e opere di N. Merker).
Quindi non si può mettere nel costo di produzione l'utile del capitalista frutto dello sfruttamento dell'operaio, del pluslavoro della forza-lavoro; o la rendita che è frutto della proprietà del padrone della terra.
La teoria dei costi di produzione non riesce infatti assolutamente a spiegare come si crea tale reddito nè come si determina la loro ampiezza.
Dire che il valore delle merci è il "frutto della comune collaborazione tra il lavoro, il capitale e le forze naturali", vuol dire intanto mettere sullo stesso piano lavoro e capitale e quindi operaio e capitalista, e soprattutto nascondere che il valore di una merce è creato dallo sfruttamento dell'operaio, e dunque nascondere che protagonista del processo produttivo non è il capitalista nè il detentore della terra, ma il lavoratore. "Egli - dice Marx - crea plusvalore, che sorride al capitalista con tutto il fascino di una creazione dal nulla".
Marx affronta in maniera sarcastica queste false (e interessate) teorie:
"...dopo aver creato il mondo e i re per grazia divina , Dio lasciò agli uomini le industrie minori... persino armi e divise da tenente sono prodotte con le mani dell'uomo, a differenza dell'"industria celeste" che "crea dal nulla"... Prima il popolo deve fare delle armi e dare armi al re per poter ricevere armi da re. Il re può dare soltanto quello che gli viene dato...".
La teoria nominale del denaro - Questa teoria separa nettamente il denaro e la merce e ritiene che il denaro non abbia un valore interno, che sia un puro segno del valore, mentre il suo potere d'acquisto è fissato dallo Stato.
L'errore dei seguaci di questa teoria consiste in ciò: 1) non comprendono la fonte del denaro, troncano il legame tra il denaro e le merci e considerano il denaro un prodotto della volontà e della legge umana. In realtà anche il denaro è un tipo di merce. 2) Confondono nello stesso discorso la misura del valore e la scala dei prezzi, ritengono erroneamente che fissare la scala del prezzo del denaro sia appunto fissare il prezzo del denaro e con ciò negano il valore interno del denaro. Ma sebbene lo Stato possa fissare il nome del denaro, per esempio cambiare alla moneta la denominazione originaria di 1 euro in 5 euro, non può però fissare il potere d'acquisto del denaro, poichè dipende dal valore interno di esso. 3) questi economisti si accorgono solo della funzione di mezzo di circolazione e di mezzo di pagamento del denaro, sottovalutando quelle di misura del valore e di mezzo di tesaurizzazione. Essi vedono quindi nel denaro solo un segno del valore e considerano la cartamoneta vero denaro, il che naturalmente è sbagliato. In realtà la carta moneta come mezzo di circolazione è solo il rappresentante del denaro metallico, nella circolazione cartacea il vero denaro è sempre l'oro. Nella società capitalista questa è la base teorica della borghesia che utilizza l'apparato statale per condurre una politica inflazionistica allo scopo di intensificare lo sfruttamento e la rapina della classe operaia e delle masse dei lavoratori.
Ancora una volta anche questa teoria e altre simili vogliono occultare che le merci, compreso il denaro, sono lavoro umano oggettivato o materializzato, che hanno oltre il valore d'uso anche una "grandezza di valore" oggettiva, misurabile. Consiste nel tempo di lavoro socialmente necessario per produrre una determinata merce.
Come dice Marx, la circolazione, ossia lo scambio delle merci, non crea nessun valore, trasferisce soltanto uno stesso e medesimo valore da un polo all'altro.
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