(da Sole 24 ore) - Riva Fire, la holding proprietaria formale del 90% dell’Ilva, e alcuni suoi soci propongono impugnazione contro la dichiarazione dello stato di insolvenza dell’Ilva. La ratio giuridica argomentata dai loro legali è che, a essere insolvente, non sia la persona giuridica Ilva, ma l’impresa soggetta a commissariamento straordinario. Si tratta di un punto di vista che vuole porre una netta distinzione fra le responsabilità della gestione degli azionisti privati – fino a quando questi hanno avuto l’effettivo controllo dell’azienda - e le responsabilità riconducibili, invece, ai commissari.
In qualche maniera, l’idea è quella di portare – nel campo giuridico e giudiziario, segnato dal tema dell’insolvenza – la communis opinio, ormai accettata anche dagli ambientalisti meno radicali e dai più duri avversari dei Riva, secondo cui sotto il profilo industriale e della finanza di impresa l’Ilva è stata ben gestita dagli azionisti privati. Dunque, non a essi si può imputare l’implosione finanziaria che ha trasformato – in due anni e mezzo – una delle principali società siderurgiche europee, assai redditizia fino alla crisi e poi comunque in un buon equilibrio, in una realtà fuori controllo in grado di bruciare oltre 2,5 miliardi di euro di patrimonio netto.
È questo il nocciolo dell’atto di citazione presentato lunedì alla seconda sezione civile fallimentare del Tribunale di Milano e redatto da un pool di legali fLuisa Torchia, Alessandro Triscornia, Nicola Rondinone, Sirio D’Amanzo e Francesca Luchi). Sullo sfondo resta il tema ambientale. In questo caso, però, lo scenario è imbastito sull’impresa. Nel suo andamento reale: nella dinamica del conto economico e dello stato patrimoniale. Nella sua governance effettiva: con la scissione totale fra la vecchia Ilva Spa (sempre in bonis) e l’impresa commissariata, in cui appunto la figura del commissario ha sintetizzato e inglobato nei fatti l’assemblea dei soci e il Cda. Durante il doppio commissariamento – prima Enrico Bondi, poi Piero Gnudi – l’andamento reale dell’Ilva è stato descritto da documenti spesso provvisori, soggetti a modifiche e a revisioni. Anche se a molti osservatori non è sfuggita la dinamica ultranegativa che poi ha portato l’impresa commissariata a una fisiologia economica devastata. L’atto di citazione rileva come manchi la fotografia finale – industriale e finanziaria - della gestione Bondi, impegnata a realizzare una riconversione produttiva basata sul preridotto. In merito al periodo Gnudi, viene evidenziato come, nella sua propria scelta di cercare di vendere – intera o a pezzi – l’Ilva, si celerebbe una contraddizione: o l’Ilva non era “sua”, cioè del commissario, e dunque non la poteva vendere; oppure era “sua”, e dunque lo spossessamento degli azionisti privati c’è stato.