(di Gianmario Leone)
Sono saliti a sette gli indagati dalla procura di Trani nell’ambito
delle indagini in corso sulla morte di Paola Clemente, la bracciante
di 49 anni, originaria di San Giorgio Ionico in provincia di
Taranto, deceduta dopo un malore mentre, il 13 luglio scorso, era al
lavoro nelle campagne di Andria, impegnata nelle operazioni
dell’acinellatura dell’uva. I primi tre indagati arrivarono alla fine
di agosto: omicidio colposo e omissione di soccorso i reati
contestati a Luigi Terrone, uno dei responsabili della società
Ortofrutta Meridionale di Corato (Bari) per conto della quale la
donna lavorava, Ciro Grassi, titolare dell’azienda di trasporti che
accompagnava ogni notte le braccianti nelle campagne del barese,
e Filippo Zurlo autista del pullman che percorreva la tratta da San
Giorgio Ionico ad Andria, luogo del decesso.
Successivamente polizia e guardia di finanza acquisirono le
agende e le annotazioni personali delle compagne di lavoro della
Clemente. In diversi casi emersero differenze tra le indicazioni
delle buste paga dell’agenzia interinale che forniva la manodopera,
la Inforgrup di Milano del gruppo De Pasquale, e le giornate di
lavoro svolte dalle braccianti. In sostanza, se nelle busta paga
figuravano 5 giornate lavorative pagate secondo contratto 49 euro,
dalle annotazioni delle lavoratrici emergeva che le giornate
lavorate erano molte di più e pagate 40 euro. Ecco perché il pm Pesce
ha aggiunto nel registro degli indagati il direttore dell’agenzia
interinale della sede di Noicattaro, Infogroup, Pietro Bello, e un
suo ragioniere, Gianpietro Marinaro, accusati entrambi di
illecita intermediazione e sfruttamento del lavoro.
Gli altri due indagati sono la moglie di Ciro Grassi, Maria Lucia
Marinaro, e sua sorella Giovanna, accusate rispettivamente di
truffa, per aver fatto risultare — secondo l’accusa — giornate di
lavoro mai avvenute, per intascarne le indennità previdenziali,
e concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
La Marinaro, infatti, è risultata essere la caposquadra o
«capomaglia», che nella rete organizzativa si collocano subito al
di sotto del caporale. Grazie alle testimonianze ottenute, che
fanno il paio con i documenti che la polizia ha sequestrato nel corso
delle indagini, sarebbe emersa una incongruità di circa il 30% in
meno fra i compensi percepiti dalle lavoratrici e quelli
dichiarati nelle loro buste paga.
Intanto il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina... sta lavorando ad un disegno di legge sul
caporalato in attesa dell’ok del Senato per l’istituzione della
commissione d’inchiesta parlamentare.
L’annuncio arriva dal senatore di Sel Dario Stefàno, dopo le ultime
affermazioni del presidente dell’Inps Tito Boeri sull’illegalità
ancora molto diffusa nel settore agricolo. «La Commissione
d’Inchiesta — ha spiegato il parlamentare — è il passaggio chiave
per la lotta al caporalato, quale strumento di studio e indagine
sulle dinamiche utilizzate per sfruttare i lavoratori»
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