- Assennato tu sei stato e sei parte di questi poteri forti Taranto - è un caso paradigmatico del suicidio della democrazia rappresentativa. Siamo di fronte ad uno scontro tra poteri, uno rappresentato da chi non è stato eletto e l’altro da chi ha vinto un concorso, che di fatto estromette la comunità dalle decisioni. Qui a Taranto siete condannati a fare i tifosi, per gli uni o per gli altri. Siete come i capponi di Renzo, che continuano a litigare tra loro mentre la partita vera si gioca altrove».
Ignobile demagogia di chi si sente sopra le parti smentendo la realtà che tutti sanno sul ruolo dell'Arpa ai tempi di Riva-Vendola.
Evidente il riferimento allo scontro tra governo e magistratura.
Sta per andare in pensione, ma ieri sera Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa, ha mostrato di avere ancora molti argomenti in canna. Senza peli sulla lingua. Fino a prefigurare uno scenario degno di Orson Welles: «Se la democrazia non riuscirà a rigenerarsi finiremo per consegnarci nella mani di un dittatore dotato di buone capacità di comunicazione. Questo spettro è chiarissimo».
Intervenuto al convegno organizzato da Rifondazione Comunista su “Salute e lavoro, una sfida da vincere”, Assennato non ha mancato di sottolineare aspetti più propriamente tecnico-ambientali: «Ad otto milioni di tonnellate all’anno (la produzione considerata il punto di pareggio dell’Ilva, ndr) il rischio di danni sanitari resterà molto alto».
Scettico sui tempi di rispetto dell’Aia («ci vorrebbero ritmi di lavoro coreani»), preoccupato per una possibile proroga dei termini («sarebbe devastante»), esortativo rispetto alla necessità di rivolgere l’attenzione anche ad Eni e ad altre «sorgenti rilevanti», il direttore dell’Arpa era l’ospite più atteso del convegno, anche se la miccia che ha fatto esplodere le contestazioni nella sala dell’hotel Plaza l’ha accesa.
Vincenzo Comito dice le stesse cose che sostiene la Federacciai di Gozzi e che Renzi programma, facendole passare per analisi non di parte
Vincenzo Comito, già dirigente del Gruppo Iri e docente di finanza aziendale presso l’Università di Urbino: «Taranto è l’Ilva e l’Ilva è Taranto. Se non si riesce a risanare l’Ilva, sarà difficile diversificare. Avete perso anche il treno del porto. Risanare l’Ilva è la strada meno complicata da percorrere, tutto il resto è sogno. Ricordiamoci di Bagnoli. Il preridotto? è antieconomico, è un’ipotesi che non sta in piedi. L’Italia da sola non è tuttavia in grado di risanare lo stabilimento e allora lunica soluzione è aprire a capitali esteri, cinesi e coreani, con forte presidio del capitale pubblico».
Un intervento che ha scatenato polemiche, anche perché il medico dell’Isde, Agostino Di Ciaula, aveva appena finito di pronunciare una toccante orazione sugli effetti dell’inquinamento industriale a Taranto. Tentativo di riequilibrare il dibattitto compiuto da Rosario Rappa, segretario nazionale della Fiom, che ha puntato il dito contro il governo, colpevole di aver cestinato il piano-Bondi, che prevedeva investimenti per quattro miliardi di euro. Al convegno hanno partecipato anche Salvatore Romeo, Lunetta Franco, Biagio De Marzo e l’europarlamentare Eleonora Florenza
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