Il secondo decreto approvato dal Congresso dei soviet nella notte tra l'8 e il 9 novembre è quello sulla terra che prevedeva l'abolizione immediata, senza alcun indennizzo della grande proprietà fondiaria messa a disposizione dei comitati contadini e dei soviet distrettuali, compreso le terre dei conventi, delle chiese e della corona, per distribuirle ai contadini.
Questa misura non era propriamente socialista, perchè rischiava di indebolire il processo di nazionalizzazione dello Stato socialista, la gestione collettiva delle terre. Ma alle critiche di una parte dei bolscevichi Lenin rispose: «Come governo democratico non potremmo trascurare una decisione delle masse del popolo, anche se non fossimo d'accordo. […] Ci pronunciamo perciò contro qualsiasi emendamento di questo progetto di legge […]. La Russia è grande e le condizioni locali sono diverse. Abbiamo fiducia che i contadini sapranno risolvere meglio di noi, in senso giusto, la questione. La risolvano essi secondo il nostro programma o secondo quello dei socialisti rivoluzionari: non è questo l'essenziale. L'essenziale è che i contadini abbiano la ferma convinzione che i grandi proprietari fondiari non esistano più nelle campagne, che i contadini risolvano essi stessi tutti i loro problemi, che essi stessi organizzino la loro vita».
Marx aveva colto la specificità della comunità rurale russa, che grazie a certe circostanze storiche create dal capitalismo, poteva esser la base per la costruzione del socialismo nella campagna:
“La Russia è l’unico paese europeo in cui la “comunità rurale” si mantiene su scala nazionale fino ai nostri giorni... Da una parte, la proprietà comune sulla terra permette di trasformare direttamente e gradualmente l’agricoltura individualista del piccolo appezzamento di terreno in agricoltura collettiva, e i contadini Russi già la praticano nei campi di proprietà comune; la configurazione fisica del suolo russo propizia l’impiego di macchine su vasta scala; la familiarità del contadino con l’arte della relazione facilita la transizione dal lavoro di appezzamento a quello cooperativo e finalmente la società russa, che ha vissuto tanto tempo per conto suo, gli deve presentare i progressi necessari per questa transizione. Dall’altra parte, la contemporanea esistenza della produzione [capitalista ndt] occidentale, che domina il mercato mondiale, consente alla Russia di assimilare alla comunità tutti gli avanzamenti positivi raggiunti dal sistema capitalista senza dover passare attraverso le sue Forche Caudine”.
IL DECRETO SULLA TERRA
1. La grande proprietà fondiaria è abolita immediatamente senza alcun indennizzo.
2. Le tenute dei grandi proprietari fondiari, come tutte le terre demaniali, dei monasteri, della Chiesa, con tutte le loro scorte vive e morte, gli stabili delle ville, castelli e tutte le suppellettili sono messi a disposizione dei comitati agricoli di volost e dei soviet distrettuali dei deputati contadini fino alla convocazione dell’Assemblea costituente.
3. Qualunque danno arrecato ai beni confiscati che da questo momento appartengono a tutto il popolo, è dichiarato grave delitto punibile dal tribunale rivoluzionario. I soviet distrettuali dei deputati contadini prendono tutte le misure necessarie perché nel corso della confisca della terra dei grandi proprietari sia osservato l’ordine più severo, per decidere quali appezzamenti, esattamente, e in quale misura, sono soggetti a confisca, e per la più rigorosa difesa rivoluzionaria di tutte le terre che divengono proprietà del popolo, con tutti gli stabili, gli attrezzi, il bestiame, le scorte dì prodotti, ecc.
4. Nell’attuazione delle grandi trasformazioni agrarie, finché l’Assemblea costituente non avrà preso una decisione definitiva in proposito, deve dovunque servire di guida il seguente mandato contadino, compilato dalle Izvestia del Soviet dei deputati contadini di tutta la Russia in base ai 242 mandati dei contadini delle varie località e pubblicato nel n. 88 dello stesso giornale (Pietrogrado, n. 88, 19 agosto 1917).
5. Le terre dei semplici contadini e dei semplici cosacchi non vengono confiscate.
MANDATO CONTADINO SULLA TERRA
La questione della terra, in tutto il suo complesso, può essere risolta soltanto dall’Assemblea costituente eletta da
tutto il popolo.
La più equa soluzione della questione della terra deve essere la seguente:
1. Il diritto di proprietà privata della terra è abolito per sempre; la terra non può essere né venduta né comprata, né data in affitto o ipotecata, né alienata in qualsiasi altro modo.
Tutta la terra: del demanio, dei principi della famiglia imperiale, della Corona, dei monasteri, della Chiesa, dei benefici, dei maggioraschi, di proprietà privata, delle comunità contadine e dei contadini, ecc. è espropriata senza indennizzo, è dichiarata patrimonio di tutto il popolo e passa a tutti coloro che la lavorano.
A coloro che sono danneggiati dal mutamento dei rapporti di proprietà è soltanto riconosciuto il diritto a un aiuto sociale durante il periodo di tempo necessario per adattarsi alle nuove condizioni di esistenza.
2. Tutte le ricchezze del sottosuolo: minerali, petrolio, carbone, sale, ecc., come pure le foreste e le acque che hanno importanza per tutto lo Stato, passano in esclusivo godimento dello Stato. Tutti i piccoli fiumi, laghi, foreste, ecc. passano in godimento delle comunità contadine a condizione che siano gestiti dagli organi amministrativi autonomi locali.
3. Le terre a coltura intensiva: frutteti, piantagioni, vivai, semenzai. serre, ecc., non sono soggette a divisione ma vengono trasformate in aziende modello e passano in godimento esclusivo delle comunità contadine o dello Stato, a seconda della loro entità e importanza.
I terreni cintati che circondano le case, nelle città o nei villaggi, con frutteti e orti, rimangono in godimento dei proprietari attuali; una legge determinerà la superficie dei terreni stessi e l’ammontare dell’imposta per il loro godimento.
4. Le fattorie equine, le stazioni di monta, le aziende statali o private per l’allevamento del bestiame, del pollame, ecc. sono confiscate, passano in proprietà di tutto il popolo e vengono trasferite in esclusivo godimento allo Stato o alla comunità contadina a seconda della loro entità e importanza.
La questione dell’indennizzo sarà sottoposta all’esame dell’Assemblea costituente.
5. Tutte le scorte vive e morte delle terre confiscate passano senza alcun indennizzo in esclusivo godimento dello Stato o della comunità contadina a seconda della loro entità e importanza.
La confisca delle scorte non concerne i contadini che hanno poca terra.
6. Hanno diritto al godimento della terra tutti i cittadini dello Stato russo (senza distinzione di sesso) che desiderano coltivarla col loro lavoro, con l’aiuto della loro famiglia o in cooperativa, e soltanto finché essi sono in grado di coltivarla. Il lavoro salariato non è ammesso.
In caso di inabilità al lavoro di un qualsiasi membro della comunità rurale, per la durata di due anni, quest’ultima ha l’obbligo, entro questo termine, di venirgli in aiuto con la coltivazione collettiva dei suo appezzamento finché egli non abbia recuperato la capacità di lavorare.
I coltivatori che per vecchiaia o invalidità non sono più in grado di coltivare personalmente la terra perdono il diritto al godimento della terra, ma ricevono in compenso una pensione dallo Stato.
7. Il diritto al godimento della terra deve esser egualitario, cioè la terra deve essere ripartita tra i lavoratori secondo le condizioni locali, in base alla norma del lavoro o del consumo.
Le forme di utilizzazione della terra devono essere assolutamente libere: familiare, personale, della comunità, cooperativa, in base a quel che sarà deciso nei singoli villaggi o borgate.
8. Tutta la terra, dopo la confisca, passa al fondo agrario di tutto il popolo. La ripartizione tra i lavoratori è diretta dagli organi amministrativi autonomi locali e centrali cominciando dalle comunità rurali e urbane organizzate democraticamente e senza distinzione di ceto fino alle istituzioni centrali regionali.
Il fondo agrario è soggetto a ripartizioni periodiche, secondo l’aumento della popolazione e lo sviluppo della produttività e delle colture.
Nel cambiamento dei confini dei poderi, il nucleo primitivo dei poderi stessi deve restare intatto.
Le terre di coloro che escono dalla comunità ritornano al fondo agrario. I parenti più prossimi e le persone indicate dagli uscenti hanno la preferenza nell’assegnazione della terra da essi lasciata.
Nel momento in cui l’appezzamento viene restituito al fondo agrario, le spese sostenute per la concimazione e per migliorie (miglioramenti radicali) debbono essere rimborsate, nella misura in cui tali migliorie non sono state sfruttate.
Se in singole località il fondo agrario non è sufficiente a soddisfare tutta la popolazione locale, la popolazione eccedente deve essere trasferita altrove.
Lo Stato deve incaricarsi dell’organizzazione del trasferimento, delle spese che esso comporta, della fornitura di scorte, ecc. Il trasferimento deve avvenire nell’ordine seguente: i contadini senza terra che desiderano un trasferimento, poi i membri meno degni della comunità, i disertori, ecc, e, infine, per sorteggio o in base ad accordi.
Tutto il contenuto di questo mandato, espressione della volontà assoluta della stragrande maggioranza dei contadini coscienti di tutta la Russia, è proclamato legge provvisoria. Essa, fino alla convocazione dell’Assemblea costituente, sarà attuata immediatamente secondo le possibilità e, in certe sue parti, con quella gradualità che sarà decisa dai soviet distrettuali dei deputati contadini.
Lenin intervenne commentando il Mandato contadino sulla terra come segue: “Si sentono qui voci le quali affermano che il mandato e il decreto stesso sono stati elaborati dai socialisti-rivoluzionari. Sia pure. Non è forse lo stesso che siano stati elaborati dagli uni o dagli altri?
(...) La vita è la migliore maestra e mostrerà chi ha ragione, anche se i contadini partiranno da un estremo e noi da un altro per risolvere questa questione. La vita ci obbligherà a riavvicinarci nel torrente generale della creazione rivoluzionaria, nell’elaborazione delle nuove forme statali. Noi dobbiamo seguire la vita, dobbiamo concedere piena libertà alla forza creativa delle masse popolari.(....) I contadini hanno imparato qualche cosa durante gli otto mesi della nostra rivoluzione. Essi stessi vogliono risolvere tutte le questioni della terra. (...) Abbiamo fiducia che i contadini sapranno risolvere meglio di noi, in senso giusto, la questione. La risolvano essi secondo il nostro programma o secondo quello dei socialisti-rivoluzionari: non è questo l’essenziale. L’essenziale è che i contadini abbiano la ferma convinzione che i grandi proprietari fondiari non esistono più nelle campagne, che i contadini risolvano essi stessi tutti i loro problemi, che essi stessi organizzino la loro vita.
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