Solo lo Slai cobas per il sindacato di classe Taranto lo aveva preannunciato, analizzando correttamente la crisi - mentre Palombella e sindacati interni dicevano altro...
Sotto il volantino distribuito all'ArcelorMittal Taranto dallo Slai cobas per il sindacato di classe il 21 maggio scorso
ArcelorMittal, attacca, “è un grande produttore di acciaio, visti gli oltre 90 milioni di tonnellate di produzione annue, pertanto chiediamo con fermezza che in Italia mantenga inalterati i livelli produttivi previsti dal piano industriale, come dall’accordo stipulato il 6 settembre 2018 al ministero dello Sviluppo economico”. La decisione, aggiunge annunciando che verrà chiesto il ritiro della cassa integrazione, “sarebbe un segnale sbagliato per i lavoratori di ArcelorMittal, ma soprattutto lancerebbe un messaggio di disperazione per quelli in Amministrazione Straordinaria che vedrebbero allungarsi ulteriormente i tempi di reintegro in azienda”.
LA
SITUAZIONE DI ARCELORMITTAL NELLA CONTESA MONDIALE
E
le conseguenze per gli operai
Come
lo Slai cobas sc ha da sempre analizzato e cercato di informare e
allertare gli operai, siamo di fronte da tempo ad una crisi mondiale
della siderurgia che è una crisi di sovrapproduzione, non perchè si
produce troppo acciaio per i bisogni delle popolazioni del mondo, che
anzi, avrebbero un bisogno enormemente superiore dell’attuale
produzione, quanto perché si produce per il profitto dei padroni e
per il mercato mondiale in preda ad un’acuta guerra commerciale
alimentata negli ultimi tempi dal protezionismo imperialista di Trump
e dalla contesa con la Cina.
Era
del tutto evidente che questo si sarebbe riversato in maniera diretta
o indiretta sull’Europa dell’acciaio sia sulla concorrenza nel
mercato europeo, sia sull’esportazione di acciaio da parte dei
monopoli europei. In questo contesto l’Europa, attraversata per
altro da contraddizioni interne acutissime, ha cercato di proteggere
il suo mercato; ma di fatto ci riesce molto relativamente.
Secondo
quanto dichiara la Federacciai si è sperato che i dazi americani
riorientassero i flussi verso l’Europa, ma è stato un fenomeno
assolutamente temporaneo. In realtà l’acciaio è una materia prima
di un prodotto finito, vedi ad esempio le automobili, e quindi di
fatto se c’è crisi nell’auto – e c’è crisi – la
produzione dell’acciaio non si può espandere, alla faccia del
protezionismo.
In
questo quadro l’ArcelorMittal
è entrata di fatto nell’occhio del ciclone,
come lo Slai cobas con articoli, documenti, materiali diretti e
volantini alla fabbrica, analizza da tempo e le cui informazioni sono
un punto di riferimento reale dell’autonomia operaia nel pensiero,
nella valutazione e nell’azione.
ArcelorMittal
dipende molto dal settore auto e vive una gigantesca contraddizione.
Da un lato è una multinazionale globale, primo produttore nel
mercato mondiale dell’acciaio, e quindi ha un interesse in tanti
mercati nel mondo, sia come produttore sia come venditore, dall’altro
in Europa, sia con la denominazione sia con l’acquisizione
dell’Ilva si dipinge come produttore interno e quindi interessato
alle misure protezionistiche che l’Europa stabilisce per l’acciaio
europeo. Per questo ora denuncia la debolezza del mercato europeo che
secondo i dati subisce un calo nei primi tre mesi del 2019 del 2%, a
fronte di un incremento mondiale del 4,5% il cui beneficiario
principale è la Cina. Ma ArcelorMittal, che si lamenta
dell’insufficiente protezione commerciale della UE e della
concorrenza sleale dei paesi extra europei, dimentica che le
concessioni ricevute nell’acquisizione dell’Ilva –
dall’immunità parlamentare all’accordo sindacale che viola le
leggi sul lavoro, ecc. - sono anch’esse favori che
si identificano come concorrenza sleale
per
gli
altri
produttori
dell’acciaio...
Per
Am,
come
per
tutti
i
padroni,
la
“concorrenza
sleale
è
sempre
quella
degli
altri
nei
suoi
confronti,
mai
la
propria
e
su
questo
trovano
l’accordo
pieno
dei
sovranisti
Salvini/Di Maio di turno, e dei sindacalisti neo corporativi e
aziendalisti del gruppo, dalla Uilm/Fim di Taranto
alla
Fiom di
Genova.
In
questo contesto mondiale l’annuncio in questi giorni del taglio
della produzione di 3 milioni di tonnellate in Europa è la logica
conseguenza di tutto questo.
AM
addebita la necessità di questo taglio all’aumento dei costi di
energia, ma soprattutto “all’aumento senza precedenti delle
importazioni dai paesi extra UE verso i mercati del sud Europa; e
all’aumento dei costi dell’energie, su questo eloquentemente AM
include gli effetti della normativa ambientale sulla CO2. Quindi, si
vede chiaro come ogni normativa o miglioramenti ambientali da parte
dei padroni dell’acciaio è visto come un aumento del costo che si
traduce in un danno sul mercato e nei livelli di produzione.
Tutto
questo
conferma con chiarezza l’analisi e l’azione dello Slai cobas sc
che senza rimuovere il sistema
del
capitale,
la
produzione
per
il
profitto
produce
peggioramenti
di
sicurezza
e
ambiente
-
ma
nel capitalismo questa è l’unica produzione possibile, in una
certa misura senza
alternative.
Ora
ArcelorMittal, dimenticandosi di essere di proprietà indiana e di
aver costruito il suo impero proprio contando sulla riduzione del
costo del lavoro e dei costi di produzione in India come nei paesi
del Terzo
mondo
dove ha insediato i suoi impianti, si traveste da potenza europea e
rivendica che si sostenga anche fuori
dell’Europa
gli
stessi
costi
della
CO2
“affinchè
non
venga
concesso
un
vantaggio
sleale
ai
concorrenti
extra
europei”.
Ma
come
reagisce ArcelorMittal alla crisi. Secondo la ricetta di sempre,
scaricandola su operai, su condizioni di lavoro, salari, occupazione,
sicurezza e costi antinquinamento.
Le prime vittime di tutto questo in Europa sono gli stabilimenti di
Cracovia Polonia dove viene sospesa l’intera produzione e l’altra
nelle Asturie Sin.
Ma
chiaramente
ora
AM
ha
il
suo
più
grande
stabilimento
a
Taranto.
Ed
è
qui
che
vengono
al
pettine
i
primi
nodi. Da un lato diventa un illusione l’annuncio fatto da
ArcelorMittal di raggiungere i 6 milioni di produzione nei primi 6
mesi di quest’anno – lo Slai cobas sc aveva denunciato questo
annuncio di AM perchè voleva dire: far fare agli operai, alleggeriti
di 2600 loro compagni di lavoro, più produzione; inoltre, i 6
milioni
di
produzione,
senza
che
le
pur
tiepide
misure
di
ambientalizzazione
siano
fatte,
avrebbero
un
effetto
doppiamente inquinante sulla
città.
Ma
ora gli annunci di riduzione reale della produzione non ci fanno
certo contenti, perché questo significa che comunque gli effetti
saranno rovesciati sui lavoratori - chiederanno
la Cigs per gli operai AM.
L’altra
cosa
sono
le
fandonie
dei
collaboratori
dei
padroni,
i
sindacati
firmatari
dell’accordo
del
6
settembre.
Il
sindacato
maggioritario la Uil di Palombella proprio nei giorni scorsi si è
autocelebrato con tanto di pranzo in fabbrica, annunciando come un
trombone qualsiasi che ora avrebbe fatto la lotta per il manteni-
mento dei volumi produttivi che avrebbe provocato, a suo dire, il
rientro di una parte dei cassintegrati Ilva AS.
Mittal
ha inserito nell’annuncio due altri argomenti, buoni solo per chi
pende dalle sue labbra: governi, Istituzioni, sindacalisti, giornali
“aiutati” con le sue inserzioni pubblicitarie. Primo, che anche
in questo momento di crisi, “ambiente, salute e sicurezza restano
le priorità e non si sarà impatto sugli investimenti previsti
per
il
piano
ambientale
e
industriale”.
E’
chiaramente
una
favola!
Basta
guardare
agli
altri
argomenti
che usa. Dice ArcelorMittal che con lo slittamento dell’obiettivo
dei 6 milioni non potrà avere quel
ritorno
dell’utile che aveva previsto già a giugno, dato che – sempre a
suo dire – l’azienda continua a lavorare in questi mesi in
perdita. Quindi, Mittal vuole dire che continuerà non solo a perdere
ma ad aumentare i suoi livelli di perdita, mantenendo i cosiddetti
“piani di investimento” annunciati?! E che, siamo di fronte a
‘babbo natale’! Secondo, Mittal dice: Ok, c’è la crisi buona
occasione - questo lo diceva anche Riva - “Coglieremo
questa
opportunità
per
concentrarci
sul
miglioramento
della
qualità
del
servizio
al
cliente,
così
da
essere
più
competitivi
quando
le
condizioni
del
mercato
cambieranno”.
Per
chi
sa
leggere
vuol
dire
che
i
veri investimenti saranno su queste questioni, altro che piano
ambientale. Circa i prezzi poi, e i loro effetti sui salari… lo
vedremo
successivamente.
21
maggio 2019
SLAI
COBAS
per
il
sindacato
di
classe
blog
tarantocontro
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