Nulla di fatto nell'incontro odierno a Roma. Domani a Taranto nuovo confronto tecnico per aprire la procedura
La multinazionale ArcelorMittal Italia ha confermatoa ai sindacati dei metalmeccanici di Taranto riuniti nella sede di Confindustria a Roma a viale dell’Astronomia, la volontà di ricorrere alla cassa integrazione per circa 1.400 lavoratori dello stabilimento di Taranto (ex Ilva) a partire dal prossimo primo luglio per 13 settimane. In una nota diffusa dopo l’incontro odierno, Arcelormittal Italia ritiene “che
l’incontro di oggi sia stato utile. Confrontarsi è sempre positivo. È
stata l’azienda a proporre ai sindacati, dopo l’incontro dello scorso 30
gennaio, di rivedersi per un aggiornamento generale. Oggi abbiamo
spiegato nel dettaglio le critiche condizioni del mercato e abbiamo
fornito aggiornamenti sullo stato di avanzamento del piano ambientale e
industriale ricordando che gli interventi su entrambi i fronti
proseguono nelle tempistiche previste. Si tratta di investimenti per un
totale complessivo di 2,4 miliardi, di cui 1,2 solo per la sostenibilità“.
All’incontro erano presenti l’amministratore delegato, Matthieu Jehl, il direttore delle risorse umane,
Annalisa Pasquini e il direttore degli acquisti, Emmanuel Rodriguez. Nel corso dell’incontro, sottolinea ancora l’azienda nella nota, “abbiamo anche fatto il punto su quanto stiamo facendo sul tema dei contractors e della gestione degli acquisti. Sul tema delle Risorse Umane, abbiamo presentato la situazione dettagliata al 31 maggio, confermando di aver rispettato tutti gli accordi presi, a cominciare da quello siglato lo scorso 6 settembre“. In merito alla Cigo, l’azienda “ha ribadito che si tratta di una misura temporanea che non ha niente a che vedere con la strategia di lungo termine e gli accordi presi. ArcelorMittal Italia ha confermato ancora una volta che si tratta di una scelta difficile, che si rende necessaria a causa delle critiche condizioni del mercato dell’acciaio. Domani a Taranto si apriranno gli incontri sul merito del provvedimento e sarà l’occasione per azienda e sindacati di entrare nel dettaglio dei numeri e delle modalità per provare anche stavolta a condividere un percorso“.
Per Gianni Venturi, segretario nazionale della Fiom, “si è trattato di un incontro insoddisfacente. Alle difficoltà di mercato prospettate da Arcelor Mittal abbiamo opposto, come sindacato, un quadro di riferimento che a partire dal 6 maggio doveva esaurirsi con la mancata risalita produttiva a 6 milioni di tonnellate. Dopo 30 giorni Arcelor Mittal decide di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria per 13 settimane per 1.400 lavoratori in una realtà dove già sono in cassa integrazione straordinaria 1.700 lavoratori, in ragione di una delicata e difficile transizione negli assetti proprietari e produttivi dell’ex Ilva. In ragione di ciò abbiamo chiesto ad Arcelor Mittal di valutare e di riconsiderare la scelta, e contemporaneamente di richiedere un incontro urgente al ministero dello Sviluppo economico per la verifica e il rispetto dell’insieme degli impegni sottoscritti nell’accordo del 6 settembre: impegni che riguardano sia il versante del risanamento ambientale, anche alla luce della prospettata revisione dell’aia, sia gli impegni sui volumi produttivi e i livelli occupazionali dell’insieme della forza lavoro del gruppo. Con ciò intendendo la necessità di attivare immediatamente un tavolo sugli appalti, sui perimetri delle funzioni esternalizzate, sui contratti applicati ai lavoratori in esse impegnati e sulle condizioni relative alla loro salute e sicurezza“. “Infine – ha concluso Venturi – abbiamo chiesto ad Arcelor Mittal di avviare concretamente e urgentemente una fase di negoziazione aziendale per accompagnare attraverso di essa e delle risorse dedicate la riorganizzazione dei processi produttivi e il conseguimento degli obiettivi che in quella sede saranno definiti“.
Sull’annuncio, oggi confermato, da parte di ArcelorMittal “abbiamo evidenziato l’impatto negativo che ha avuto sui lavoratori che vedono nella scommessa Arcelor Mittal un rilancio ma trovano, sebbene in condizioni di mercato e produttive inequivocabili, una ulteriore frenata“. Così il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò, al termine dell’incontro con i vertici aziendali. “Abbiamo chiesto che sia completato al più presto il numero delle assunzioni previste nell’accordo“, ha continuato D’Alò, sottolineando che “è sicuramente positivo che le opere di messa a norma degli impianti proseguano nelle scadenze previste ma ci teniamo a tenere alta l’attenzione su tutta una serie di manutenzioni ordinarie e straordinarie che sono ancora carenti“. Per la Fim Cisl va bene fare incontri di verifica ma “serve anche la convocazione al Mise, così come prevista nel testo dell’accordo, perché è importante capire come si procederà con il tema bonifiche nei siti di Genova e Taranto, su questo il Ministero è completamente assente, vertenze delicate come questa vanno seguite e verificate giorno dopo giorno non possono essere abbandonate a ogni giro di campagna elettorale“.
“La scelta di Mittal a 6 mesi dalla firma dell’accordo non trova giustificazione e potrebbe creare un grave danno per Taranto. Per questo abbiamo chiesto all’azienda di ripensare alla scelta“, spiega il leader Uilm Rocco Palombella al termine del tavolo di confronto in Confindustria. “Abbiamo chiesto ad ArcelorMittal di rivedere la sua posizione e magari aspettare qualche giorno per avviare la procedura della cassa integrazione” ha detto ancora Palombella.
Preoccupazione anche a Genova, dove si teme un provvedimento simile nelle prossime settimane. “Noi non siamo interessati direttamente – ricorda il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro al termine dell’incontro durato quattro ore – ma è ovvio che se questo succedesse a Genova avremmo reagito diversamente perché a Genova c’è un accordo di programma che va rispettato“. Manganaro contesta anche il metodo, vale a dire il fatto che Mittal ha diramato la comunicazione della cassa attraverso una nota stampa a pochi giorni dall’incontro con i sindacati “mandando un messaggio pericoloso a chi da tempo vuole affossare l’Ilva“. Il quadro economico che ha presentato l’azienda “è drammatico, con la questione dei dazi americani e l’impossibilità di andare su mercati asiatici, e non pensiamo che sia tutto finto ma resta il fatto che secondo noi il primo gruppo mondiale dell’acciaio dovrebbe trovare altre soluzioni“. Negativo anche il commento del segretario ligure della Fim Cisl Alessandro Vella: “Se sulla cassa, che oggi non impatta su Genova, sembra di capire non ci potrà essere un ripensamento dell’azienda, occorre focalizzare l’attenzione sugli investimenti per la sicurezza, sul rispetto degli organici e su quanto ci era stato garantito per Genova a partire dalla bonifica della ex centrale elettrica per cui erano stati stanziati 30 milioni mentre ora è ancora tutto ferma. Se il mercato resta una preoccupazione oggettiva, gli investimenti devono comunque essere garantiti“.
All’incontro erano presenti l’amministratore delegato, Matthieu Jehl, il direttore delle risorse umane,
Annalisa Pasquini e il direttore degli acquisti, Emmanuel Rodriguez. Nel corso dell’incontro, sottolinea ancora l’azienda nella nota, “abbiamo anche fatto il punto su quanto stiamo facendo sul tema dei contractors e della gestione degli acquisti. Sul tema delle Risorse Umane, abbiamo presentato la situazione dettagliata al 31 maggio, confermando di aver rispettato tutti gli accordi presi, a cominciare da quello siglato lo scorso 6 settembre“. In merito alla Cigo, l’azienda “ha ribadito che si tratta di una misura temporanea che non ha niente a che vedere con la strategia di lungo termine e gli accordi presi. ArcelorMittal Italia ha confermato ancora una volta che si tratta di una scelta difficile, che si rende necessaria a causa delle critiche condizioni del mercato dell’acciaio. Domani a Taranto si apriranno gli incontri sul merito del provvedimento e sarà l’occasione per azienda e sindacati di entrare nel dettaglio dei numeri e delle modalità per provare anche stavolta a condividere un percorso“.
Per Gianni Venturi, segretario nazionale della Fiom, “si è trattato di un incontro insoddisfacente. Alle difficoltà di mercato prospettate da Arcelor Mittal abbiamo opposto, come sindacato, un quadro di riferimento che a partire dal 6 maggio doveva esaurirsi con la mancata risalita produttiva a 6 milioni di tonnellate. Dopo 30 giorni Arcelor Mittal decide di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria per 13 settimane per 1.400 lavoratori in una realtà dove già sono in cassa integrazione straordinaria 1.700 lavoratori, in ragione di una delicata e difficile transizione negli assetti proprietari e produttivi dell’ex Ilva. In ragione di ciò abbiamo chiesto ad Arcelor Mittal di valutare e di riconsiderare la scelta, e contemporaneamente di richiedere un incontro urgente al ministero dello Sviluppo economico per la verifica e il rispetto dell’insieme degli impegni sottoscritti nell’accordo del 6 settembre: impegni che riguardano sia il versante del risanamento ambientale, anche alla luce della prospettata revisione dell’aia, sia gli impegni sui volumi produttivi e i livelli occupazionali dell’insieme della forza lavoro del gruppo. Con ciò intendendo la necessità di attivare immediatamente un tavolo sugli appalti, sui perimetri delle funzioni esternalizzate, sui contratti applicati ai lavoratori in esse impegnati e sulle condizioni relative alla loro salute e sicurezza“. “Infine – ha concluso Venturi – abbiamo chiesto ad Arcelor Mittal di avviare concretamente e urgentemente una fase di negoziazione aziendale per accompagnare attraverso di essa e delle risorse dedicate la riorganizzazione dei processi produttivi e il conseguimento degli obiettivi che in quella sede saranno definiti“.
Sull’annuncio, oggi confermato, da parte di ArcelorMittal “abbiamo evidenziato l’impatto negativo che ha avuto sui lavoratori che vedono nella scommessa Arcelor Mittal un rilancio ma trovano, sebbene in condizioni di mercato e produttive inequivocabili, una ulteriore frenata“. Così il segretario nazionale della Fim Cisl, Valerio D’Alò, al termine dell’incontro con i vertici aziendali. “Abbiamo chiesto che sia completato al più presto il numero delle assunzioni previste nell’accordo“, ha continuato D’Alò, sottolineando che “è sicuramente positivo che le opere di messa a norma degli impianti proseguano nelle scadenze previste ma ci teniamo a tenere alta l’attenzione su tutta una serie di manutenzioni ordinarie e straordinarie che sono ancora carenti“. Per la Fim Cisl va bene fare incontri di verifica ma “serve anche la convocazione al Mise, così come prevista nel testo dell’accordo, perché è importante capire come si procederà con il tema bonifiche nei siti di Genova e Taranto, su questo il Ministero è completamente assente, vertenze delicate come questa vanno seguite e verificate giorno dopo giorno non possono essere abbandonate a ogni giro di campagna elettorale“.
“La scelta di Mittal a 6 mesi dalla firma dell’accordo non trova giustificazione e potrebbe creare un grave danno per Taranto. Per questo abbiamo chiesto all’azienda di ripensare alla scelta“, spiega il leader Uilm Rocco Palombella al termine del tavolo di confronto in Confindustria. “Abbiamo chiesto ad ArcelorMittal di rivedere la sua posizione e magari aspettare qualche giorno per avviare la procedura della cassa integrazione” ha detto ancora Palombella.
Preoccupazione anche a Genova, dove si teme un provvedimento simile nelle prossime settimane. “Noi non siamo interessati direttamente – ricorda il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro al termine dell’incontro durato quattro ore – ma è ovvio che se questo succedesse a Genova avremmo reagito diversamente perché a Genova c’è un accordo di programma che va rispettato“. Manganaro contesta anche il metodo, vale a dire il fatto che Mittal ha diramato la comunicazione della cassa attraverso una nota stampa a pochi giorni dall’incontro con i sindacati “mandando un messaggio pericoloso a chi da tempo vuole affossare l’Ilva“. Il quadro economico che ha presentato l’azienda “è drammatico, con la questione dei dazi americani e l’impossibilità di andare su mercati asiatici, e non pensiamo che sia tutto finto ma resta il fatto che secondo noi il primo gruppo mondiale dell’acciaio dovrebbe trovare altre soluzioni“. Negativo anche il commento del segretario ligure della Fim Cisl Alessandro Vella: “Se sulla cassa, che oggi non impatta su Genova, sembra di capire non ci potrà essere un ripensamento dell’azienda, occorre focalizzare l’attenzione sugli investimenti per la sicurezza, sul rispetto degli organici e su quanto ci era stato garantito per Genova a partire dalla bonifica della ex centrale elettrica per cui erano stati stanziati 30 milioni mentre ora è ancora tutto ferma. Se il mercato resta una preoccupazione oggettiva, gli investimenti devono comunque essere garantiti“.
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