sabato 6 settembre 2014

Da istanza trasferimento processo Ilva - 1° parte

Dall'Istanza:

"La presente istanza seguirà lo schema interpretativo indicato dalla Corte regolatrice a principiare dall'esame della storia economica e speciale dell'insediamento industriale nel tessuto del territorio per mostrarne oggettivamente l'enorme portata dimensionale e la pervasività totalizzante su pressochè ogni aspetto della vita del territorio medesimo. Per dimostrare l'immanenza ineliminabile del legame che intercorre tra lo stabilimento e la città... stabilimento letteralmente contiguo al tessuto urbano della città..."
(più oltre si ricorda che) "... parallelamente alla localizzazione dell'Italsider (che assorbe negli anni '80 mediamente 20mila operai) si registra un incremento della popolazione attiva e  residente a Taranto... ta.li indici numerici forniscono l'immagine di un mutamento strutturale, e di per sè rivoluzionario, del tessuto economico, sociale e demografico, della città di taranto, la cui dimensione economica è stata definita "Italsider-dipendente"...".
"...(così) il processo viene costretto entro la fisionomia di un giudizio atteso per generazioni e forse irripetibile: sul passato e sulle sorti future dello stabilimento siderurgico a ciclo continuo più grande d'Europa; e quindi sul passato e sulle sorti future della città di Taranto e della realtà territoriale connessa..."
 "...Cosicchè il processo giurisdizionale necessariamente assume un contenuto rivoluzionario, perchè parte costitutiva di un più ampio processo storico potenzialmente atto a determinare il mutamento radicale dell'assetto socio economico locale...".

Come si vede da queste prime parti, poste a spiegazione generale di tutta la corposa istanza di trasferimento del processo, il "capitale" rappresentato dai suoi avvocati ammette, per la prima volta, l'"enorme portata" e la "pervasività" dello stabilimento su ogni aspetto della vita della città, e quindi il suo essere fattore determinante per il passato e il futuro di intere generazioni; queste affermazioni sono in parte una novità, finora tutte le passate dichiarazioni di Riva e dei suoi commis avevano o negato o fortemente ridimensionato questo legame e soprattutto gli effetti dell'Ilva sul territorio e sulle masse popolari, e di conseguenza, la non responsabilità dell'Ilva rispetto all'inquinamento del territorio, ai tumori, ai malati, ai morti.
Questo, indipendentemente dalla volontà degli attori - che chiaramente calcano la mano, fino ad usare pro domo loro denunce di magistrati, di ambientalisti, ecc., al solo scopo di dimostrare l'assoluta e "oggettiva" legittimità della loro istanza di remissione del processo - dà di fatto ragione all'analisi marxista che dice chiaro che il capitale è come una piovra che lì dove arriva prende tutto, impone la sua legge del profitto, la subordinazione a questa legge di ogni "aspetto della vita", e che, quindi, questo non è una "cattiveria" di questo o quel padrone, di Riva nello specifico, ma una inevitabile prodotto del sistema del capitale ("nocivo è il capitale non la fabbrica").
In questo giustamente gli avvocati temono il carattere "rivoluzionario" del processo, in cui l'oggetto diventi via via non tanto i tumori ai Tamburi, i danni della diossina, non questo o quell'impianto o reparto dell'Ilva, ecc. ma la natura stessa del sistema del capitale, mostrando l'"incubo" per i padroni e la loro corte della guerra di classe.

Continuando nell'Istanza: 

"... (prendendo a dimostrazione dichiarazioni anche del presidente della Corte d'appello di Lecce) si qualifica l'Ilva e i suoi dirigenti come "avversario" da sconfiggere... si invoca la coesione della cittadinanza tarantina contro un avversario protetto e privilegiato dall'esercizio del potere normativo del Governo e del Parlamento...
"non si vogliono minimizzare le cause del turbamento territoriale, le quali prescindono dalla fondatezza delle ipotesi accusatorie e affondano le proprie origini nella storia del territorio e della sua industrializzazione. Nel più profondo rispetto di un vissuto endemico e sofferto e senza punto banalizzare questioni locali delicatissime, l'analisi obbedisce all'unico scopo di rendere conoscibile questo fenomeno extraprocessuale: il dolore nel territorio ubiquo, l'esasperazione endemica, la preoccupazione e le aspettative di un mutamento radicale - il "se non ora quando"...". 
"... occorre comprendere le cause del fenomeno: la sua manifestazione esogena più recente... non è che prevedibile conseguenza... all'incessante stratificazione storica del sofferto rapporto (di necessitata e necessitante dipendenza) tra stabilimento e territorio (inteso in senso fisico, ambientale, urbanistico, sociale, occupazionale, sindacale, economico,politico, amministrativo e mediatico) corrisponde l'aspettativa repressiva del tessuto sociale e dunque il valore simbolico del processo penale..."

Gli "agenti" del padrone sanno vedere più in là di coloro che a Taranto denunciano, a volte protestano (dagli ambientalisti, ai Liberi e pensanti...), ma nascondono o non sanno vedere la portata di questo scontro: un "mutamento radicale", che non riguarda certo l'economia "alternativa", togliere l'industria e tornare alla pesca, al turismo, alla "Taranto spartana"... e amenità del genere; ma deve riguardare lo scontro di operai e masse popolari contro il sistema di sfruttamento, dominio del capitale e il sistema politico/istituzionale al suo servizio.
Diamo ragione agli avvocati: questo processo penale ha valore simbolico; il processo deve avere un valore politico, deve servire alla guerra di classe, a propagandare la necessità della rivoluzione proletaria perchè il lavoro non significhi per forza malattia e morte.

(continua)

Nessun commento:

Posta un commento