Vescovo di Taranto
«Dopo un anno su Ilva tutto fermo»
TARANTO
– "E' passato un altro anno, ma nonostante gli sforzi non si sono
registrati ancora significativi passi in avanti sia per l’adeguamento
degli impianti sia per le irrinunciabili bonifiche delle aree esterne allo
stabilimento industriale". Lo sottolinea, riferendosi alla vicenda
Ilva, l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, nel messaggio in
occasione della giornata per la "Custodia del creato", rivolgendo un
"appello alle autorità politiche nazionali, al mondo del lavoro e
dell’economia perchè siamo proprio a un punto cruciale nella difesa
della vita e dello sviluppo del bene comune".
"L'inquietudine e la preoccupazione della popolazione tarantina – osserva – sono aumentate per diverse ragioni: i ritardi e le varie proroghe nell’applicazione delle misure ambientali, che la sentenza della Corte Costituzionale 85 del 2013 indica come unica condizione per il mantenimento del sequestro degli impianti con facoltà d’uso; l’incertezza sulla disponibilità e la provenienza delle risorse necessarie a portare avanti l’opera di risanamento".
A queste insicurezze "si aggiunge poi – spiega Santoro – il timore che il carico di inquinanti sull'uomo e sull'ambiente possa persino aumentare con il prospettato insediamento dell’impianto 'Tempa Rossà. Il 'caso Tarantò è un banco di prova e non solo dal punto di vista etico: dalla qualità delle decisioni e dall’efficacia delle azioni dipenderà la politica industriale e l’economia del Paese. La sua classe dirigente trovi allora la forza per affrontare questo problema con quello spirito creativo e con quel coraggio che ha portato gli antichi navigatori alla scoperta di nuove terre".
"L'inquietudine e la preoccupazione della popolazione tarantina – osserva – sono aumentate per diverse ragioni: i ritardi e le varie proroghe nell’applicazione delle misure ambientali, che la sentenza della Corte Costituzionale 85 del 2013 indica come unica condizione per il mantenimento del sequestro degli impianti con facoltà d’uso; l’incertezza sulla disponibilità e la provenienza delle risorse necessarie a portare avanti l’opera di risanamento".
A queste insicurezze "si aggiunge poi – spiega Santoro – il timore che il carico di inquinanti sull'uomo e sull'ambiente possa persino aumentare con il prospettato insediamento dell’impianto 'Tempa Rossà. Il 'caso Tarantò è un banco di prova e non solo dal punto di vista etico: dalla qualità delle decisioni e dall’efficacia delle azioni dipenderà la politica industriale e l’economia del Paese. La sua classe dirigente trovi allora la forza per affrontare questo problema con quello spirito creativo e con quel coraggio che ha portato gli antichi navigatori alla scoperta di nuove terre".
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