(riceviamo il commento di una compagna che ha assistito al concerto).
Il 3 settembre al Palaricciardi la piazza
era piena di
gente, soprattutto tantissimi giovani.
2 bandiere antifà e una bandiera della
Palestina stavano lì
a suggerire che quella doveva essere una piazza antifascista e
antimperialista,
ma oltre alle bandiere e a Zulù, che ha cominciato ad esibirsi
verso l’1,30 di
mattina (quando molti erano andati via), ricordando e invitando i
presenti a
partecipare alla manifestazione antifascista a Lecce, sembrava una
piazza vuota
di contenuti di lotta.
Non certo per la maggiorparte dei gruppi musicali e alcune belle canzoni, ma per i continui "intermezzi" di esponenti di "Ammazza che piazza", e anche per gli interventi di alcuni cantanti.
Gli "intermezzi", sono stati all'insegna dell'evocazione in maniera ossessiva della
“tarantinità”, come se questa difesa possa risolvere i problemi principali di
Taranto, i
bisogni primari dei proletari di Taranto: il lavoro, la casa, la
salute e
sicurezza sul lavoro; mettendo così in scena una fotografia del campanilismo più tradizionale e, scusate, becero, alimentato, poi, anche da alcuni cantanti, come Zakalicious che negli interventi come in alcune canzoni esaltava addirittura la "salinellità"...
Questo è stato "condito" da altri commenti e messaggi, tra un brano e l’altro, tra un
gruppo e
l’altro, assolutamente qualunquisti, fricchettonisti, anche maschilisti (“grazie mamma per le polpette col sugo, grazie Taranto per le ragazze con le tette che ballano”); pieni di
luoghi comuni e
superficiali, quando non apertamente populisti e
reazionari, sempre nel solco della "tarantinità".
Tanto per fare un esempio, alla fine tutta la grande e grave questione dell'inquinamento, del degrado dei quartieri di Taranto, fino alla mancanza della raccolta differenziata, della pulizia della città, tutte cose grosse che hanno ben precisi responsabili padronali, politici, istituzionali locali e nazionali, e in generale frutto di un sistema che ha a cuore solo i profitti dei padroni e l'attacco e il disinteresse delle condizioni di vita delle masse popolari, invece di spingere alla lotta, era ridotta da "Ammazza che piazza" ad incitare la
piazza a
“difendere la nostra bellissima città, a cominciare dagli stessi
cittadini, che
spesso lasciano cicche, bottiglie vuote per strada e in spiaggia e
non si
preoccupano di togliere la cacca dei loro cani” e di “prendere ad
esempio il
senso civico dei cittadini di Bolzano”... (anche con una punta di razzismo meridionale").
Sull’ILVA chiaramente si sono sprecate amene soluzioni alternative (fino a quella
di
“sostituire la fabbrica con una piantagione di marijuana”); ma anche qui la questione di fondo è stata di contrapporre stupidamente la Taranto industriale alla "bella Taranto di prima", in cui vi era solo pesca e agricoltura. Fino a dire "Si stava meglio quando si stava peggio", una frase finora sentita da me solo da vecchi nostalgici del fascismo!
La ignoranza si unisce alla mentalità reazionaria. Taranto è da più di cent'anni che è una città industriale; l'Italsider (poi Ilva) è stata insediata a Taranto come risposta dello Stato di allora alle rivolte proprio dei pescatori, dei contadini che facevano la fame. E questi di "Ammazza che piazza", e purtroppo non solo, propongono come risposta alla situazione attuale non di andare avanti, ma di tornare al "medioevo".
E la mentalità reazionaria si è sentita anche quando, sempre sull'Ilva, hanno attaccato
genericamente tutti i
sindacati, e si sono guardati bene da l’attaccare il sistema
capitalistico che sta
alla base della devastazione ambientale e dello sfruttamento
del lavoro, anzi,
su quest’ultimo non si è spesa neanche una parola, come se
centinaia di
migliaia di disoccupati, cassaintegrati, precari e gli stessi
morti sul lavoro
non esistessero neanche.
Sulla
guerra e sul razzismo, papa Francesco avrebbe fatto meglio, se
non altro perché
avrebbe colto nelle motivazioni economiche la causa della
disuguaglianza e
della guerra, mentre “ammazza che piazza si è limitata a dire:
“pace e amore” e
“siamo tutti fratelli”.
Ma
ciò che più di tutto mi ha fatta indignare, come donna e come
proletaria, è stato
il messaggio finale che ho dovuto sentire prima che iniziasse
il concerto dei
99 posse: “non scoraggiatevi a far nascere altri
bambini, fate
figli, fate figli, fate figli!”, e in questo “Ammazza che piazza”
ha addirittura
superato il Papa e Mussolini, non per abilità oratoria, ma per
potenza
evocatoria e mi è tornata in mente l’immagine del duce mentre
miete il grano e
incita le donne a fare figli….
Che dire? Forse ho frainteso tutto perché non
comprendo il "tarantino", ma i messaggi negli intervalli erano comprensibilissimi
e queste
sono le impressioni che ne ho ricevuto.
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