Uilm“Trattativa sia ad armi pari”
«Dopo l’incontro di ieri a Palazzo Chigi si deve avviare una trattativa ad armi pari, senza pregiudiziali. Si deve partire dall’accordo del 6 settembre 2018 che ha avuto il consenso del 93% dei lavoratori e che è l’unico che garantisce risanamento ambientale, tutela livelli occupazionali e continuità industriale». Così Palombella dopo l’incontro di ieri a Palazzo Chigi tra il Governo e i vertici di ArcelorMittal. «Ora ci aspettiamo che ArcelorMittal ricominci ad approvvigionare gli stabilimenti con materiali di qualità per evitare una chiusura che altrimenti sarebbe inesorabile – ha aggiunto – Devono ripartire immediatamente anche le attività di manutenzione e gli interventi di ambientalizzazione». «Ci saremmo aspettati – prosegue – che dopo la richiesta di proroga dei termini del ricorso d’urgenza, l’azienda ritirasse la procedura prevista dall’articolo 47, anche se questa non avrebbe effetti concreti ma sarebbe comunque un segnale di avvio di una trattativa senza veti». «Al momento – conclude – non siamo stati ancora convocati dal Governo e non conosciamo le azioni che vorrà intraprendere. Noi rimaniamo contrari a qualsiasi atto che preveda esuberi, il blocco del risanamento ambientale, la riduzione dei salari dei lavoratori e ipotetici piani di riconversione diluiti nel tempo che non avrebbero modo di essere messi in pratica».Fim Cisl
Se il Governo italiano e ArcelorMittal intendono riavviare il dialogo, finalizzato alla salvaguardia degli impianti produttivi, lo facciano pure, ma per noi è fondamentale ritirare procedura ex art. 47, il minimo per riprendere il dialogo e ripartire da quanto sancito al Mise poco più di un anno fa, con l’accordo del 6 settembre 2018». Lo afferma il segretario generale aggiunto della Fim Cisl di Taranto, Biagio Prisciano, ripreso dall’agenzia ANSA. «Accogliamo favorevolmente – aggiunge – ogni miglioria dal punto di vista ambientale e sotto il profilo della sicurezza, perché Taranto e i lavoratori hanno bisogno di tranquillità per una fabbrica ecosostenibile e sicura,che sia rispettosa di ambiente e salute. Come Fim, però, non accetteremo alcun esubero,questo deve essere chiaro al Governo ed ArcelorMittal». Secondo Prisciano, «Taranto con il suo territorio sta già pagando un prezzo alto in sotto il profilo occupazionale per via di una crisi che da anni ha messo in ginocchio il mondo produttivo e del lavoro. Abbiamo già visto chiudere tante aziende e tante famiglie penare, tenute in vita dagli ammortizzatori sociali. Per questo ribadiamo al Governo nazionale e ad ArcelorMittal la nostra posizione netta: nessun esubero». «Il 6 settembre 2018 – conclude – abbiamo firmato quell’accordo perché c’erano garanzie per tutti, ivi compresi gli attuali 1700 lavoratori in Cigs, attualmente in forza a Ilva in As, per i quali a fine piano c’è la garanzia di rientrare a lavoro».
Fiom Cgil
ArcelorMittal
ha dimostrato in questo anno, nella gestione dello stabilimento, di
essere inaffidabile e soprattutto di non mostrare particolare interesse
al futuro produttivo, ambientale e occupazionale di Taranto. Il governo non può lasciare nelle mani di una multinazionale un sito strategico per il Paese e pertanto si rende necessario l’intervento pubblico”. Lo dichiara all’agenzia AGI il segretario Fiom Cgil Taranto, Francesco Brigati, valutando l’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi tra
il premier Conte, i ministri Gualtieri e Patuanelli, e i Mittal, a capo
dell’omonima multinazionale siderurgica che gestisce l’ex Ilva e lo
stabilimento di Taranto. Il ruolo del pubblico nell’ex Ilva così “lo
sosteniamo da tempo come FIom Cgil. Sul piano occupazionale – afferma
Brigati – non siamo disposti come sindacato a concedere nulla e continueremo a rivendicare quanto sottoscritto il 6 settembre 2018
e soprattutto il rispetto del contratto di aggiudicazione che, all’art.
13, prevede possibili modifiche su investimenti mantenendo gli attuali
livelli occupazionali”. “Inoltre, sul fronte ambientale – rileva la Fiom
Cgil – è utile introdurre innovazioni tecnologiche che eliminino le
sostanze cancerogene come il benzopirene. Si riparta dal piano Bondi –
conclude Brigati – per ridare una speranza al futuro ambientale,
occupazionale e produttivo di Taranto”.
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