”Italia ha giocato e gioca un ruolo molto importante nella nostra attività di contrasto del terrorismo. Nel maggio 2022 Italia prenderà in Iraq il comando della missione di addestramento delle forze locali” (Segr.Gen NATO Stoltenberg al Corriere della sera)
“L’Italia torna a essere protagonista”, ha detto Luigi Di Maio co-presiedendo con Tony Blinken la riunione della Coalizione globale anti-Daesh. Il protagonismo passa anche (ma non solo) dall’attivismo sul fronte militare. L’Italia attende il comando della missione Nato in Iraq e si prepara a confermare (con leggero potenziamento) gli impegni nel Sahel. Ecco tutti i dettagli…
La lotta all’Isis si sposta in Africa e nel Sahel. È uno dei messaggi principali della riunione odierna, a Roma, della Coalizione globale anti-Daesh, presieduta da Luigi Di Maio e Tony Blinken con i rappresentanti degli 83 soggetti che la compongono. Per l’Italia si conferma l’attivismo diplomatico a coordinare l’azione (prima di tutto dell’Europa) verso l’Africa, con gli occhi puntati sulla pacificazione della Libia e con il rinnovato impegno verso il Sahel. Un attivismo sostenuto dalle missioni militari, destinate a trovare conferma (e un leggero potenziamento) nella delibera relativo al 2021, in arrivo in Parlamento dopo il via libera del Consiglio dei ministri. Intanto, l’Italia ha proposto “la creazione di un gruppo di lavoro sul Sahel e in generale su tutta l’Africa per identificare e fermare in collaborazione con i partner locali le minacce connesse a Daesh nella regione”, ha spiegato Di Maio. Dà la cifra del ri-orientamento dell’attenzione, che tuttavia non tralascia l’esigenza di portare avanti l’impegno in Medio Oriente, lì dove il Daesh è stato Stato islamico.
TRA COALIZIONE E NATO
Anche questo riguarda da vicino l’Italia, in particolare per l’Iraq. Nella nota congiunta della riunione odierna, i ministri della Coalizione hanno “accolto con favore la progressiva espansione delle attività non-combat della missione Nato, di consulenza, di addestramento e di capacity building in Iraq, basate sulle esigenze e sul consenso delle autorità irachene, e complementari agli sforzi della Coalizione”. Fa il paio con quanto deciso due settimane fa dai leader dell’Alleanza Atlantica riuniti a Bruxelles: “rafforzeremo il nostro sostegno all’Iraq attraverso la nostra “Nato mission Iraq”; amplieremo la nostra missione di consulenza, addestramento e capacity building non-combat per sostenere il Paese nella costruzione di istituzioni e forze di sicurezza più efficaci, sostenibili, responsabili e inclusive”. L’incremento della missione Nato sarà “demand-driven, incrementale e scalabile, basato sulle condizione sul campo”.
I PIANI STRATEGICI
Il potenziamento del ruolo dell’Alleanza Atlantica nel Paese è noto da tempo. A settembre 2020, con quella che era sembrata una mossa elettorale di Donald Trump, gli Stati Uniti ufficializzavano l’intenzione di ritiro parziale delle truppe presenti nel Paese, da 5.200 a 3.000. Ritiro meno improvviso rispetto ad altri, in linea proprio con quanto concordato in ambito Nato. L’Alleanza aveva accettato mesi prima, infatti, di potenziare la propria “training mission”, ereditando competenze dalla Coalizione anti-Isis. Ciò rispondeva soprattutto all’obiettivo di abbassare il profilo Usa nel Paese, divenuto complesso dopo l’uccisione a gennaio 2020 del leader iraniano Qassem Soleimani. Lo scorso febbraio, in occasione della ministeriale Difesa, la Nato ha dato il via libera ufficiale alla missione, per un potenziamento allora riportato da 400 a cinquemila unità.
GLI IMPEGNI ITALIANI…Tale evoluzione è stata seguita con interesse dall’Italia, che nel 2020 ha autorizzato un dispiegamento di 1.100 unità per l’operazione Prima Parthica, all’interno della Coalizione anti-Daesh, e di 46 unità per la Nato training mission. Con il progressivo potenziamento della missione dell’Alleanza anche il contributo italiano ai due impegni è destinato a mutare. Il Consiglio dei ministri ha approvato una decina di giorni fa la delibera sulle missioni internazionali, il cui testo (con tutti i dettagli) è in arrivo in Parlamento. Secondo quanto apprende Formiche.net, si potrà apprezzare il parziale spostamento di assetti dalla Coalizione alla missione Nato, con la prima che potrebbe vedere autorizzato un dispiegamento massimo di 900 unità (200 in meno rispetto al 2020) e la seconda che potrebbe salire a circa 280 unità (oltre 200 in più rispetto al 2020).
…E GLI INTERESSI Da tempo è d’altra parte nota l’intenzione italiana di comandare la rafforzata missione Nato. Come confermato oggi da Di Maio, ciò avverrà al termine del comando danese. Nell’ultimo anno e mezzo, Guerini è stato quattro volte in Iraq. Come abbiamo notato spesso su Formiche.net, per l’Italia l’obiettivo della lotta al terrorismo in Iraq si somma a interessi strategici ed economici. Il Paese è da anni tra i primissimi fornitori di greggio alla Penisola.
VERSO IL SAHEL Ma, come detto, la lotta all’Isis è destinata a concentrarsi anche in altre aeree, e in particolare in nord Africa e Sahel. “La Coalizione globale anti-Daesh/Isis – si legge nella nota odierna – intende impegnarsi in maniera efficace nel continente africano”. Difatti, “i ministri hanno constatato con grande preoccupazione che gli affiliati e le reti di Daesh/Isis nell’Africa sub-sahariana minacciano la sicurezza e la stabilità, in particolare nella regione del Sahel e in Africa orientale e Mozambico”. L’area è nel focus italiano da tempo.
LE MISSIONI
Dal 2018 l’Italia è in Niger con la missione bilaterale di supporto (Misin) dove ora sta tra l’altro realizzando una “base logistica di collaborazione”. La nuova delibera sulle missioni dovrebbe confermare per tale impegno le 295 unità già autorizzate (dispiegamento massimo) per il 2021. Il nostro Paese ha inoltre approvato lo scorso anno la partecipazione alla task force Takuba, promossa dalla Francia (che chiede da anni supporto nella regione, e che ora sta rivedendo i propri piani) per un massimo di 200 militari (e 20 mezzi terrestri). Tali numeri potrebbero crescere, fino a un dispiegamento massimo di 250 unità, con circa il doppio dei mezzi terrestri. I primi assetti (“elicotteri da evacuazione medica”) sono arrivati circa tre mesi fa in Mali, per un task-force che ha “il preciso obiettivo di contro-terrorismo (non anti), dunque con finalità risolutive e ultimative nei confronti della minaccia jihadista che interessa l’area, un universo che fa capo sostanzialmente al Califfato e ad al Qaida”, ci spiegava di recente il generale Marco Bertolini, già comandante del Coi e della Folgore.
L’IMPEGNO DIPLOMATICO Con questi impegni e con la lente puntata sulla Libia (che resta la priorità della politica estera italiana, anche militare), l’Italia è tornata “la porta d’Europa verso l’Africa, riscoprendo la sua centralità nel Mediterraneo allargato e rilanciando l’azione dell’Ue sulla Libia”, scriveva a marzo Formiche.net in occasione della triangolazione Berlino-Bruxelles-Roma di quei giorni, tra la visita del ministro Lorenzo Guerini in Germania, e poi quella in Italia dell’Alto rappresentante Josep Borell, comprensiva del colloquio con Luigi di Maio alla Farnesina, dell’incontro con il titolare di palazzo Baracchini e del passaggio al comando della missione Irini. Oggi la co-presidenza della Colazione globale anti-Daesh tra Di Maio e Blinken ha confermato tale approccio, rinvigorito dalle parole del segretario di Stato americano: “Gli Stati Uniti sostengono con forza l’iniziativa dell’Italia per la creazione di un gruppo di lavoro anti-Isis sull’Africa, con un approccio non limitato alla dimensione militare”.
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