Un anno fa moriva Claudio Marsella,
operaio del MOF. Possiamo dire da un lato che è morto invano e
dall'altro che la sua morte è stata molto importante.
E' morto invano per padron Riva,
Ferrante, Bondi, dirigenti e capi inquisiti, alcuni ancora al loro
posto; è morto invano per gli infami sindacalisti confederali che
hanno firmato l'accordo che lo ha ucciso e hanno continuato a
difenderlo anche dopo la morte di Claudio.
Sappiano costoro che in una maniera o
nell'altra, prima o poi, pagheranno caro, pagheranno tutto! E
speriamo non solo nella aule del tribunale dove ci dovrebbero stare
tutti come imputati, sia nel processo generale che nel processo
particolare.
Ma non è morto invano, Claudio
Marsella vive nel grande sciopero che i suoi compagni di lavoro hanno
fatto per 15 giorni, cosa mai vista all'Ilva di Taranto, una pagina
nuova di vera storia in questi due anni terribili; non è morto
invano per gli operai e quelli dello Slai cobas che hanno sostenuto
la lotta, fatto piattaforme, denunce, esposti, manifestazioni di
piazza, quella nazionale promossa dall'Usb a cui lo Slai cobas ha
aderito e partecipato e quella della Rete nazionale per la sicurezza
e la salute sui posti di lavoro e territori del 22 marzo; non è
chiaramente morto invano per quei suoi compagni di lavoro che si sono
organizzati nel sindacalismo di base, l'Usb in questo caso e finora,
rompendo coraggiosamente con il clima di sudditanza, servilismo,
mancanza di dignità di quei tanti, troppi operai che non hanno osato
farlo e hanno lasciato il pallino della fabbrica nelle mani dei servi
dei padroni.
Anche questa è una pagina nuova che si
è aperta in questa fabbrica, anche se Riva e Bondi cercano di farla
pagare, ultimamente con il licenziamento dell'operaio del Mof Marco
Zanframundo.
Per noi Claudio Marsella è come se
fosse morto ieri perchè tuttora sono impuniti i responsabili,
tuttora gli operai del Mof non hanno vinto, la loro piattaforma non
stata accolta, tuttora la scelta del sindacalismo di base, giusta e
necessaria, non è stata sufficiente a ridare ai lavoratori uno
strumento reale per ricostruire, anche in nome di Claudio, un
effettivo sindacato di classe dentro l'Ilva, non basato sui
personaggi che oggi stanno con te e poi tradiscono ma basato sui
cobas che sono altra cosa da l'Usb.
Così evidentemente la sfida della Rete
nazionale del 22 marzo non è stata raccolta da operai,
organizzazioni, cittadini dei quartieri per un reale braccio di ferro
che riesca ad imporre condizioni di salute e sicurezza, per cui non
ci siano più ragazzi, operai, come Claudio, Francesco, Ciro, che
muoiono. Questa sfida è aperta, ma la lotta attuale è inadeguata e
la battaglia è prolungata,
Infine, NON SI MUORE PER IL LAVORO, NON
SI MUORE PER I PROFITTI DEI PADRONI, non si muore per un sistema in
cui la vita degli operai sta all'ultimo posto.
E' il sistema del capitale, Stato,
governi, comando di fabbrica che deve essere abbattuto. E questo
domanda non una semplice lotta sindacale con il sindacato buono, ma
la lotta per il potere operaio che scaturisce da una vera rivoluzione
proletaria.
Onorare la morte di Claudio
significa tutto questo non di meno.
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