venerdì 25 ottobre 2013

Riva: i soldi sequestrati rientrano per la produzione, e quindi per il profitto. Così in realtà padron Riva non paga mai...

(da Sole 24 Ore) 
"TARANTO - Nelle aziende di Riva Acciaio si sbloccano i pagamenti verso terzi. Il custode giudiziario, il commercialista tarantino Mario Tagarelli, sinora ha autorizzato spese per 103 milioni di euro in più tranche e altri pagamenti sono in arrivo a breve. Il meccanismo concordato prevede che Riva Acciaio invii al custode-amministratore giudiziario l'elenco delle scadenze che viene poi approvato e reso operativo dallo stesso Tagarelli...".

Quindi le scadenze non vengono pagate dai Riva con altri propri fondi, ma con quelli stessi sequestrati. Qual'è il danno per i Riva? Nessuno (in più lo Stato - cioè i cittadini tutti - devono accollarsi il pagamento dell'amministratore giudiziario Tagarelli...)

CONTINUA L'ARTICOLO - "Le risorse che si stanno utilizzando per i pagamenti sono quelle delle banche, che hanno riattivato le linee di credito, e del fatturato aziendale, visto che gli stabilimenti, ubicati tutti al Nord, hanno ripreso a lavorare lo scorso 30 settembre dopo che la proprietà li aveva bloccati per poco più di due settimane a causa del sequestro mettendo in libertà circa 1.300 operai. È stato il vertice del 27 settembre al ministero dello Sviluppo economico – presenti il ministro Flavio Zanonato, le banche esposte con Riva Acciaio e il custode giudiziario – a trovare una via d'uscita ad una crisi che stava deflagrando soprattutto in Veneto, Lombardia e Piemonte. Adesso un problema da affrontare è l'uso della liquidità esistente sui conti correnti di Riva Acciaio al momento del sequestro. Circa sessanta milioni, in parte bloccati e in parte confluiti nel Fondo unico di giustizia. Soldi, quest'ultimi, che possono essere finalizzati alle necessità aziendali dietro la supervisione del custode ma a condizione che Riva Acciaio ne garantisca verso l'amministrazione giudiziaria il rientro progressivo attraverso una fideiussione o uno strumento analogo. Le modalità del rientro, ma soprattutto la sua sostenibilità da parte dell'azienda, sono oggetto di un piano che si sta definendo in questi giorni con l'ausilio di due società di consulenza: la Deloitte per Riva Acciaio e la Kpmg per il custode (ma quest'ultima è ancora in fase di designazione)"


Il ricatto dei Riva di settembre è quindi pienamente riuscito. Il governo (dei padroni) è subito accorso alle grida di Riva, ma anche dell'altra schiera dei padroni, da Squinzi al pres. della Federacciaio, Gozzi che hanno gridato al "crollo della civiltà: quella loro, evidentemente, che si basa sulle condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori e popolazione; Gozzi ha dichiarato recentemente: "L'Italia farebbe meglio a tenersi stretti gli imprenditori. Senza i Riva c'è il rischio che a Ilva manchino in pochi mesi le risorse per finanziare l'Aia e per far fronte ai numerosi impegni della gestione. C'è stato un deterioramento della marginalità dell'azienda che si sta aggravando". 
Quindi, i padroni, anche se inquinano, ammalano, uccidono per il loro profitto, non si toccano! Nè si devono disturbare pretendendo che tirino fuori i miliardi nascosti nei paradisi fiscali. Ma di questo chiaramente non si parla e l'Ilva passa come una povera azienda in difficoltà finanziaria che non può far fronte ai suoi impegni di gestione (l'Aia può aspettare...) invece che la fonte dei profitti ben nascosti nelle isole jersey.

Si dice, poi, nell'articolo, che Riva Acciaio dovrebbe far restituire i soldi ora sbloccati dalle banche, ma campa cavallo! La farsa è che per questo siamo ancora allo "studio" del piano - per il quale intanto si verseranno altre soldi alle "due società di consulenza"

Ma ancora una volta c'è il nuovo decreto salva-Riva:
"attualmente - CONCLUDE L'ARTICOLO - al vaglio della Camera dopo aver «incassato» il sì del Senato (la scadenza è il 30 ottobre). In questo decreto, oltre alle norme che estendono l'attività del commissario dell'Ilva, Enrico Bondi, anche sulle società controllate dalla stessa Ilva, c'è una parte che modifica le norme sul sequestro preventivo traendo spunto dal caso Riva Acciaio. Nel testo al vaglio della Camera c'è infatti scritto (ed è un emendamento inserito al Senato) che «ove il sequestro, eseguito ai fini della confisca per equivalente, abbia ad oggetto società, aziende ovvero beni, ivi compresi i titoli, nonchè quote azionarie o liquidità anche se in deposito, il custode giudiziario ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esclusivamente alfine di garantire la continuità e lo sviluppo aziendali, esercitando i poteri di vigilanza e riferendone all'autorità giudiziaria». Per il custode il cambio è evidente: da gestore a controllore..."

Quindi il 4° decreto salva-Riva (mentre il governo Letta non si sogna di fare neanche mezzo decreto per tutelare gli operai, il lavoro, la salute e la sicurezza) consente di far uscire dalla porta i beni dei Riva (fatti con lo sfruttamento e anche il sangue degli operai) e farli rientrare dalla finestra per la "continuità e lo sviluppo aziendali". 
Nello stesso tempo, a scanso di equivoci e di zampini che potrebbe mettere la Magistratura di Taranto, le competenze del custode nominato dal giud. Todisco si retrocedono da gestore a semplice controllore - che tutto vada come il sistema capitalista richiede... 
E RIVA NON PAGA MAI!!

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