lunedì 6 novembre 2017

Dal processo Ilva - L'infortunio mortale di Claudio Marsella: la "normalità" di rischiare la vita e la complicità delle OO.SS.

Riportiamo le notizie emerse dai testi, dipendenti Ilva, sull'infortunio mortale di Claudio Marsella avvenuto al MOF il 30 ottobre 2012.

Lo facciamo sia per far conoscere ai lavoratori, alle parti civili cosa accade, o non accade, nelle udienze del megaprocesso Ilva, se quanto riferito dalle testimonianze corrisponde alla realtà lavorativa in Ilva o no; sia per "entrare dentro l'Ilva", e comprendere le condizioni in cui gli operai normalmente sono costretti ad operare - in cui il rischio è continuo, è sempre possibile l'infortunio, anche mortale; che, quindi, non si tratta mai di eccezionalità, meno che mai di "errore umano" (come anche in questo processo tentano di dire gli avvocati di Riva), e che, anzi, è la capacità degli operai che impedisce che accadano molti più infortuni. Ma questo infortunio mette in luce anche la criminale complicità dei sindacati confederali, delle Rsu, degli Rls, che non solo sanno ma tacciano, ma, peggio, fanno accordi che mettono in pericolo gli operai.  

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Dalle udienze del processo Ilva:

A premessa emerge chiaramente che dall’esito delle indagini sui prelievi biologici è escluso la presenza di alcol, droghe, stupefacenti, eccetera nel corpo di Marsella.

Quando Marsella è stato trovato dal caposquadra stava sotto al respingente, e si è notato come se lui stesse scrivendo un SMS col telefono (perchè? Si era accorto di un'anomalia nelle operazioni?)
Il Marsella doveva agganciare il locomotore ad un carro carico di un prodotto siderurgico, locomotore che si sposta verso il posto dove si trova il carro da agganciare, era il Marsella che doveva portare il locomotore.
Prima di effettuare l’aggancio bisogna fermarsi ad una certa distanza di sicurezza, quindi bisogna innanzitutto fermarsi con il locomotore, quindi allineare il gancio tecnicamente, perché sono due ganci a mascella che vengono meccanicamente incastrati.
Se il gancio non è allineato, non si aggancia, allora il lavoratore si ferma, verifica che il
gancio sia allineato, verifica che ci sia il gancio adatto al locomotore per agganciare il carro in base alla tipologia, e si procede all’aggancio. L’operazione di aggancio - dice questo caposquadra, poi però smentito da un'altra testimonianza di in ingegnere - non prevede il fatto che una persona si metta tra il locomotore ed il carro.

Quindi il PM ha chiesto se prima di procedere all’aggancio, c’è anche la verifica se ci sono dei sistemi di blocco, di fermo della locomotiva e del convoglio da agganciare.
Il caposquadra ha detto che il locomotore ha un freno; per quanto riguarda i carri, se i carri sono agganciati ed il sistema frenante funziona, prendono una pressione d’aria mediante la quale nel momento in cui vengono sganciati possono rimanere fermi.
Il locomotore era programmato in remoto, cioè veniva controllato con il telecomando.

Il PM chiede da quante persone sono fatte tutte le operazioni di agganci, di movimenti. La risposta del coposquadra è stata che se c’è un radiocomando può essere anche previsto da una sola persona, senza radiocomando occorrono più persone.
Se c'è una disconnessione del radiocomando, il locomotore va in blocco, non può muovere.

Un altro dipendente Ilva. tecnico di manovre e smistamento del movimento ferroviario, ha speigato che Marsella si doveva agganciare e salire su al treno nastri 2, verso le 07.40 doveva agganciarsi alla spola che stava davanti alla bramme, per spostarla su un altro binario, alle 08.35 circa Marsella comunicava che riprendeva la manovra per l’aggancio di sette carri di bramme.
E rispetto sempre al funzionamento del radiocomando ha detto che questo radiocomando comporta che l’operatore informa costantemente, ogni minuto, della sua operatività, se non arriva nessun segnale vuol dire che stanno operando. Quindi l’operatore deve ogni quarantacinque secondi schiacciare questo bottone per confermare che sta operando.
L'operaio poi ha aggiunto che ci sono delle altre misure di sicurezza che vanno a bloccare invece il locomotore, c'è il tasto di emergenza sul radiocomando stesso che blocca immediatamente.

Un altra testimonianza importante è stata quella di un ex dipendente Ilva, locomotorista al Mof e all'epoca dell'infortunio Rsu, che ha detto come ad un certo punto furono modificate le procedure e quindi introdotto il macchinista unico per la conduzione dei locomotori.
Questa modifica fu il frutto di una trattativa per cambiare il regolamento che disponeva il numero di operatori sui locomotori, all’epoca l’azienda convocò me in quanto r.s.u. del movimento ferroviario e fu avviata quindi una trattativa per decidere le modalità ed organizzazione del lavoro, per vedere se era possibile o meno avviare quindi una sperimentazione sul locomotorista unico. L’accordo fu rigettato dagli operai del movimento ferroviario a maggio. Non erano d’accordo sulla possibilità di poter lavorare da soli.
Dopodiché l’accordo fu ritirato da tutte le confederazioni sindacali dell’epoca presenti in Ilva. Dopo qualche mese, però, verso Ottobre 2010, fu riaperta la trattativa e si giunse ad una nuova ipotesi di accordo che fu poi confermata e si avviò alla sperimentazione della nuova organizzazione del lavoro, questa prevedeva un solo lavoratore che svolgesse contemporaneamente le mansioni di macchinista e di manovratore, sino ad un massimo di tredici carri ferroviari.
Precedentemente all’ottobre del 2010 i locomotori erano a due unità e non si prevedeva che le manovre che facevano gli operai potessero essere condotte ad un’unità.

L'accordo, quindi, prevedeva che ci fossero tredici locomotori per turno, di cui una grossa parte armati ad un’unità, con inserimento di migliorie tecnologiche che potessero sostituire il secondo operatore sul locomotore, che andavano dal ticino diciamo sul radiocomando del locomotore che dovesse essere attivato periodicamente dal locomotorista in modo da poter segnalare che andava tutto bene, altrimenti se non davi questo consenso il locomotore sarebbe dovuto andare in blocco se tutto funzionava, più un sistema di antiribaltamento sempre sul radiocomando. 

Questo accordo dell'ottobre del 2010 fu imposto con una pressione ricattatoria verso gli operai. L’ingegnere Colucci parlava direttamente con gli operatori ferroviari dicendo che o veniva firmato l’accordo o non c’era problema avrebbe trovato altri lavoratori disposti a lavorare al movimento ferroviario; l’ingegnere Colucci, responsabile della logistica aziendale, avvicinò tutte le squadre del M.O.F. al fine di svolgere opere di convincimento dei lavoratori a condividere l’accordo, specificando altresì che chi non fosse stato d’accordo sarebbe stato destinato ad altro reparto.

Questa testimonianza ha messo in luce che vi erano state lamentele degli operai sul funzionamento del telecomando, l’antiribaltamento non funzionava, nel momento in cui superava una data angolazione. il radiocomando comincia ad emanare un bip sonoro lungo e se non si interveniva mandava in blocco il locomotore e non era più possibile operare. Tutte cose segnalate al caposquadra, capoturno e caporeparto, che invece di porre rimedio avevano mosse contestazioni disciplinari solo perché si lamentava la mancata applicazione di parametri di sicurezza per l’accordo dell’operatore unico nel far lavorare ad una sola unità.
Prima della morte di Claudio Marsella vi erano stati altri incidenti al movimento ferroviario, in particolare nella fase di aggancio del locomotore a dei carri o tra carri e carri.

Questa testimonianza, inoltre, ha messo in luce la difficoltà nella zona dell'accesso dei mezzi di soccorso - fatto che contribuì alla perdita della vita di Marsella.
Il locomotore, per poter scendere verso il varco ovest, ha un unico binario su cui transitano sia i locomotori in discesa verso il pontile, sia quelli che dovrebbero risalire dal pontile; si tratta di un binario unico non asfaltato, come un binario di corsa ferroviario, quindi non c’è un accesso che consenta ad un mezzo di soccorso su gomma di potere percorrere tutta la discesa per arrivare direttamente al pontile.

Circa il funzionamento del radiocomando, le testimonianze hanno evidenziato che esso aveva fondamentalmente due sistemi di sicurezza, uno era una levetta che l’operatore doveva periodicamente attivare. Il radiocomando tra l’altro avrebbe dovuto dare un segnale acustico per ricordare all’operatore di dare questo avviso periodicamente, nel momento in cui l’operatore non dà l’avviso il segnale acustico diventa più intenso fino a scollegare il radiocomando dalla motrice, e questo scollegamento manda in blocco il locomotore che dovrebbe frenarsi automaticamente e bloccarsi. In più ha un fungo di emergenza che nel momento in cui dovesse succedere qualcosa o un’emergenza improvvisa può essere premuto e mandare sempre in blocco il locomotore.
Ma era stata verificata la non efficienza di questi sistemi, in particolare quello di antiribaltamento, una volta anche inciampando non è scattato questo sistema di sicurezza.
Questo è stato confermato anche da un macchinista del Movimento Ferroviario che ha detto che il segnale di ricezione delle radio portatili non è sempre efficiente, spesso succede che non si riesce a ricevere comunicazioni dai compagni e coordinatore.

Altra questione ha riquardato il problema dei dispositivi di bloccaggio delle ruote dei convogli.
Qui, al posto dei fermacarri di ferro, che alcuni operai hanno dichiarato che non si sono mai visti a bordo dei locomotori, nè erano in dotazione degli operai, si utilizzavano all'epoca, più pezzi di legno, anche trovati a terra al momento, per fermare il convoglio, metterlo in sicurezza.
Il carro deve essere per forza fermo e stabile sul punto in modo possa agganciarsi con la motrice. Se c’è la staffa fermacarro sotto è ancora più in sicurezza.

La tesimonianza di un ingegnere incaricato dalla Procura della Repubblica per accertamenti tecnici in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’infortunio mortale occorso sia al Marsella, ha messo in luce la dinamica dell'aggancio tra locomotore e carro
Il locomotore e il carro hanno due ganci. Affinché si prendano l’uno con l’altro, devono essere per forza allineati ed aperti. Se la manovra va a buon fine, tutto okay, i due ganci si urtano in maniera allineata, si incontrano, l’uno chiude l’altro e l’agganciamento è avvenuto. La procedura operativa, prevede che il locomotore debba essere fermato a 3 metri dal carro, che l’operatore, benché solo, dovrebbe fermare con i fermacarro locomotore e carro. 
Se non sono allineati, la procedura operativa dell’Ilva prevede che l’operatore introducendosi all’interno dei binari con le mani prenda i ganci e li allinei, dopodiché, una volta che i due ganci sono allineati, dovrebbe fuoriuscire dai binari con il joystick fare la manovra di accostamento.
La pratica operativa prevedeva che la testata del locomotore e quella dei carri, fossero posti ad una distanza di sicurezza di tre metri. Questo non si è verificato. La vettura, per potere frenare, deve essere dotata di idonee staffe fermacarro in ferro e questi dovevano essere regolarmente allocati sotto le ruote. Nel caso di specie non c’erano i fermacarri.
quindi nel momento in cui il Marsella stava facendo l’operazione di allineamento, il locomotore era libero, cioè non aveva il fermo.

L’Ilva ha ottemperato successivamente alla disposizione dello Spesal del 04 dicembre 2012, di dotare di fermacarri, mentre la morte di Marsella risale al 30 ottobre 2012.

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