A Taranto occorre riprendere la lotta dei migranti, sia sulle condizioni di vita e i diritti quotidiani violati (dal poket money, al cibo, alla salute, ecc.) in tanti centri; sia sulle condizioni disumane all'Hotspot, in cui l'imposizione forzata delle registrazioni, si unisce alla messa per strada dei migranti che non l'accettano, a fare dell'hotspot di Taranto un luogo di deportazione di migranti dal nord per poi espellerli.
Ma soprattutto sta diventando grave la situazione dei documenti, dei permessi di soggiorno non dati e del mancato accoglimento delle richieste di asilo - che vengono sempre più respinte, sia dalla Commissione territoriale che dalla magistratura.
Ma soprattutto sta diventando grave la situazione dei documenti, dei permessi di soggiorno non dati e del mancato accoglimento delle richieste di asilo - che vengono sempre più respinte, sia dalla Commissione territoriale che dalla magistratura.
Contro questo recentemente vi è stata una giusta protesta dei migranti dell'Ass. Costruiamo Insieme.
Serve però, per vincere, la forza, l'unità, serve autorganizzarsi dai vari centri e anche dall'hotspot.
Da questo lo Slai cobas vuole ripartire per riprendere quella lotta che anche a Taranto nel recente passato ha dato dei risultati vincenti concreti per i migranti.
Nella prima decade di dicembre organizzeremo, per questo, un incontro con rappresentanze di migranti di Taranto.
Da questo lo Slai cobas vuole ripartire per riprendere quella lotta che anche a Taranto nel recente passato ha dato dei risultati vincenti concreti per i migranti.
Nella prima decade di dicembre organizzeremo, per questo, un incontro con rappresentanze di migranti di Taranto.
Per contatti, informazione: Slai cobas via Rintone, 22 Taranto - 3475301704 - slaicobasta@gmail.com - WhatsApp 3925701344
Mai più Cona! La vittoria della dignità
Quella che già alcuni giornali chiamano “la più importante marcia per i diritti umani degli ultimi anni” ha raggiunto un esito vittorioso.
A seguito della trattativa tenuta sulla riva del Brenta con Prefetto e Questore di Venezia tutti i rifugiati in marcia sono stati ospitati per la scorsa notte da strutture di proprietà del Patriarcato di Venezia e già da stamattina sono cominciati i trasferimenti in strutture dignitose, su tutto il territorio regionale, in base a una decisione ministeriale.
Questi trasferimenti in nuclei più piccoli son funzionali anche a rompere la dinamica ghettizzante del maxi campo, favorendo l’integrazione invece dello
scontro con lapopolazione locale, soprattutto nei piccoli paesi.
La “marcia della dignità”, come gli stessi migranti l’hanno definita, ha centrato quindi un doppio obiettivo.
Il primo era quello di dimostrare nei fatti che nessun essere umano può o deve vivere nelle condizioni disumane dei campi come quello di Cona. Dopo due anni di proteste, sia da parte dei migranti appoggiati fin dall’inizio da USB, che di alcuni cittadini locali, che hanno raggiunto l’apice dopo la morte nel campo di Sandrine Bakayoko, nulla di sensibile era cambiato.
L’unica soluzione era quella di uscire coraggiosamente, a viso aperto, non più per rivendicare miglioramenti nel campo ma la sua chiusura definitiva, di cui il risultato ottenuto oggi è l’inizio.
Il secondo è stato proprio quello di denunciare con forza l’intero sistema dell’accoglienza, e il conseguente sfruttamento della popolazione migrante. A partire dalle istituzioni pubbliche che colpevolmente appaltano anche questo settore a soggetti privati, e dunque per definizione a scopo di lucro: dalle Cooperative, che grazie ad appalti fuori da ogni norma e spesso truccati percepiscono grossi finanziamenti sulla pelle degli “utenti”, fino agli imprenditori che, razzisti di giorno, di notte fanno lavorare i migranti in nero con paghe da fame.
Niente di ciò che riguarda la tutela dei diritti umani può essere appaltato al settore privato.
Cona dunque non è solo un luogo, ma un simbolo: l’immagine di un inferno che si vive dal Veneto fino a Lampedusa, passando per le condizioni di vita dei braccianti agricoli in Puglia e Calabria.
In questo inferno nessun essere umano può vivere, per questo nonostante ogni ostacolo la voce dei 300 migranti in marcia è sempre stata una sola: Basta Cona, indietro non si torna!
E in questo dobbiamo ricercare un grande insegnamento: chi decide di lottare per una vita degna di questo nome fa una scelta innanzitutto di coraggio.
La destinazione può essere incerta ma non ci si piega a minacce e ricatti se è chiaro l’obiettivo: i diritti basilari che sono uguali per tutti, italiani e migranti.
- Un luogo in cui vivere e poter trovare riparo anche nei momenti più duri, che noi chiamiamo CASA;
- Un mezzo di sostentamento economico ai bisogni della vita quotidiana, ma anche di mantenimento dei figli e degli affetti, che chiamiamo LAVORO
- E infine il libero accesso a ISTRUZIONE e SANITA’, perchè la prima è strumento di conoscenza e integrazione, dunque indipendenza e libertà del pensiero, la seconda condizione imprescindibile per la salute.
Nell’insieme di questi diritti, che devono essere garantiti dall’amministrazione pubblica, e non certo appaltati ad un settore privato come fa il PD al governo, riconosciamo la base per la DIGNITA’ della vita umana, e in questo ambito non esiste distinzione in base a colore della pelle o paese d’origine.....
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