“L’altra Ilva” a Trieste - E c'è gente tra ambientalisti, sindacalisti, politici locali che volevano e vogliono ancora consegnare l'ILVA a Arvedi!
Carbone
nei polmoni, ovvero antracosi, la malattia dei minatori, riscontrata a
chi abita vicino alla Ferriera di Trieste. “Le denunce arrivano anche da
alcuni operai che dentro quel mostro ci lavorano, e che, fornendo le
prove testimoniano come nella Ferriera ogni giorno vi siano sversamenti
inquinanti”.
Da: Il Fatto Quotidiano 14 novembre
Ferriera di Trieste, cosa vuol dire vivere con la paura di ammalarsi
C’è una città in Italia in cui si
respira ghisa, una città in cui si lavora il carbone e gli abitanti non
ce la fanno più a inalare veleni. Questa città, in pochi lo sanno, è
Trieste. Già, perché se tale problematica è ben nota ai triestini, nel
resto d’Italia è pressoché sconosciuta. “L’altra Ilva”, anche così viene
chiamata la Ferriera di Trieste, quest’impianto siderurgico a ridosso
delle case e nel bel mezzo della città che – e anche questo in pochi lo
sanno – inquina più delle acciaierie di Taranto. Il servizio della brava
Nadia Toffa de Le Iene lo spiega bene. Quest’impianto da anni sfora i tetti previsti dalla legge per le emissioni inquinanti.
Così, in molte zone della città,
diventa un problema aprire le finestre, quel fumo che ti entra dentro ed
è meglio chiuderle subito prima che quel nero si depositi dappertutto;
ma poi gli abitanti ti dicono che a volte è ancora peggio quando non c’è
nessun odore, perché può essere diossina. Vivere qui, ve lo assicuro e
ne so qualcosa, diventa davvero difficile: e non solo per le polveri, i
fumi e i rumori continui, ma anche per la paura che inizia ad insinuarsi
dentro di te. La paura di ammalarsi diventa una costante che si
rafforza giorno dopo giorno quando vieni a conoscenza che un’altra
persona del tuo rione si è ammalata di tumore.
A una donna è stata addirittura
diagnosticata l’antracosi, malattia che sviluppano i minatori dopo
quindici anni di lavoro: nei suoi polmoni c’era carbone, racconta il
marito intervistato a Le iene. I veleni della Ferriera diventano molto
pericolosi per le fasce più indifese, come i bambini: nel raggio di un
chilometro ci sono decine di obiettivi sensibili, tra cui un asilo nido e
l’ospedale infantile Burlo Garofalo.
Ma non sono solo gli abitanti a
lamentarsi. Le denunce arrivano anche da alcuni operai che dentro quel
mostro ci lavorano, e che, fornendo le prove testimoniano come nella
Ferriera ogni giorno vi siano sversamenti inquinanti:
ilfattoquotidiano.it ha raccolto queste testimonianze riprendendo il
rapporto dei consulenti tecnici della Procura di Trieste sulle pessime
condizioni dello stabilimento.
Ora io mi chiedo come sia possibile
che, alla fine del 2017, le persone debbano vivere con la paura di
ammalarsi; mi chiedo come sia possibile che, nonostante le innumerevoli
denunce, ci troviamo ancora qui a dover discutere e lottare affinché
l’area a caldo di questo grande mostro venga chiusa. L’unica cosa su cui
non mi interrogo è il motivo per cui chi, nel corso degli anni ha
governato questa città e questa regione, non abbia ancora risolto il
problema. D’altronde sia sa, la salute torna utile solo in campagna
elettorale. E’ ora di finirla poi, come fanno alcuni politici, di contrapporre il diritto alla salute al diritto al lavoro: uno non esclude l’altro, basta menzogne.
L’area a caldo della Ferriera di
Servola chiuda subito, sia riconvertita e siano salvati i posti di
lavoro, il sindaco agisca come ha promesso in campagna elettorale a
tutela della Salute pubblica: queste le richieste della petizione su change.org che porta la firma dei cittadini del Comitato 5 dicembre.
Trieste, meravigliosa città adagiata
tra le colline del Carso e il mare, con la sua bellezza ti rapisce e ti
fa innamorare di lei: torniamo dunque a parlare di questa città solo per
le bellezze che offre, sia restituito finalmente ai suoi abitanti
l’orgoglio e lo splendore di abitarci. Si chiuda l’area a caldo, per
sempre.
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