venerdì 18 settembre 2020

AM - info giornale di novi ligure

Ottenute altre cinque settimane di cassa integrazione, ma all’Ilva il futuro è più incerto che mai

Lunedì scorso i sindacalisti di Fim, Fiom e Uilm e i dirigenti di Arcelor-Mittal hanno raggiunto e sottoscritto l’accordo per altre cinque settimane di cassa integrazione Covid allo stabilimento ex Ilva di Novi. È scattata nello stesso giorno della sottoscrizione dell’accordo, ma quella prevista sino al 17 ottobre altro non è che una prosecuzione dell’ammortizzatore sociale che viene concesso alle aziende che riscontrano difficoltà per effetto della pandemia. In ogni giorno lavorativo di questa e delle prossime quattro settimane la ‘cassa’ interesserà, mediamente, 430 dei 658 dipendenti della ferriera di strada Bosco Marengo. Si va verso i sette mesi e mezzo di cassa integrazione guadagni per i dipendenti di Arcelor-Mittal in servizio allo stabilimento ex Ilva di Novi ma, ciononostante, non è il maggiore motivo di preoccupazione per i metalmeccanici che lavorano presso il gruppo siderurgico i cui siti produttivi dal 6 settembre 2018 sono in affitto all’azienda franco indiana ArcelorMittal. Li preoccupa molto di più l’avvicinarsi del 30 novembre, giorno in cui la multinazionale dell’acciaio diretta dall’Amministratore Delegato Lucia Morselli potrà decidere autonomamente di abbandonare la gestione degli stabilimenti di Ilva in amministrazione straordinaria. Nel qual caso Arcelor-Mittal dovesse prendere tale decisione, Ilva in amministrazione straordinaria e quindi lo Stato, dovranno riassumere il controllo dell’azienda ritornando alla drammatica situazione di due anni fa.

Si è dissolta nel nulla anche l’ipotesi di un ingresso in società con ArcelorMittal di Invitalia e da due settimane di tale progetto non si parla più. La multinazionale dell’acciaio e il Governo italiano danno l’impressione di procedere su binari diversi e ogni giorno che passa aumenta la forza contrattuale di ArcelorMittal e diminuisce quella del Governo. Il presidente Conte, i ministri e i sottosegretari in questi giorni sono concentrati su referendum per diminuire i parlamentari ed elezioni regionali e danno l’impressione di non prestare la dovuta attenzione al futuro dell’Ilva che è di fondamentale importanza per l’economia italiana. La situazione è particolarmente complicata a Taranto perché in Puglia ci sono le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale e per l’elezione del presidente della Regione. La coincidenza sta facendo sì che il caso Ilva sia strumento di campagna elettorale. L’ultima conferma la si è avuta martedì quando il Pd ha presentato il progetto di ben tre ministri per eliminare l’utilizzo del carbone nell’acciaieria di Taranto e diminuire l’inquinamento.

Al ministro Roberto Gualtieri (Pd) che tale ipotesi aveva avanzato, ha replicato Stefano Patuanelli, pure lui ministro (dello sviluppo economico), indicato per tale incarico dal Movimento 5 Stelle che, lo avrete intuito o saputo, in Puglia non è alleato del Partito Democratico per le consultazioni referendaria e elettorale del 20 e 21 settembre.

Non convince l’idea di Roberto Gualtieri di cercare un altro interlocutore industriale se ArcelorMittal non dovesse accettare le proposte del Governo. Intanto l’azienda presieduta da Lakshimi Mittal rafforza la sua posizione contrattuale mentre gli esponenti del Governo pensano alle consultazioni in programma domenica e lunedì.

Ci rendiamo conto che stiamo scrivendo di vicende pugliesi in un giornale di Novi, ma è evidente che le prospettive dello stabilimento ex Ilva di Taranto sono strettamente legate a quello di Novi. Se ArcelorMittal se ne va da Taranto lascerà anche Novi perché il contratto di affitto dei siti produttivi non prevede spezzatino.

Il futuro della gestione degli stabilimenti ex Ilva in affitto ad Arcelor-Mittal ha innescato lo stato di agitazione sindacale a Genova Cornigliano e Taranto dove i sindacalisti hanno inoltrato una richiesta di incontro urgente al ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli. A Novi la situazione al momento appare più tranquilla, ma la preoccupazione cova sotto l’apparente indifferenza del Governo. Il segretario provinciale della Fim Cisl di Alessandria, Salvatore Pafundi, che lunedì era a Novi per la firma dell’accordo sulle 5 settimane di cassa integrazione Covid, sull’argomento ha detto: «attendiamo notizie da Roma». Dove, in questi giorni sono concentrati su referendum ed elezioni con il rischio di dimenticarsi che il 30 novembre ArcelorMittal può abbandonare il gruppo Ilva pagando una cauzione di 500 milioni. Spiccioli per un’azienda che ha un fatturato di 2,2 miliardi di euro all’anno.

Arrivano notizie di sofferenze di liquidità anche tra le imprese dell’indotto Ilva e in particolare tra gli autotrasportatori perché ci sarebbero ritardi nei pagamenti oltre a una mole di lavoro che diminuisce ogni giorno. Preoccupazione per lo stallo della trattativa sul futuro dell’azienda. Svanita l’ipotesi dell’ingresso in società di Invitalia.

E dal 30 novembre ArcelorMittal può andarsene.

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