Ottenute altre cinque settimane di cassa integrazione, ma all’Ilva il futuro è più incerto che mai
Lunedì scorso i sindacalisti di Fim, Fiom e
Uilm e i dirigenti di Arcelor-Mittal hanno raggiunto e sottoscritto
l’accordo per altre cinque settimane di cassa integrazione Covid allo
stabilimento ex Ilva di Novi. È scattata nello stesso giorno della
sottoscrizione dell’accordo, ma quella prevista sino al 17 ottobre altro
non è che una prosecuzione dell’ammortizzatore sociale che viene
concesso alle aziende che riscontrano difficoltà per effetto della
pandemia. In ogni giorno lavorativo di questa e delle prossime quattro
settimane la ‘cassa’ interesserà, mediamente, 430 dei 658 dipendenti
della ferriera di strada Bosco Marengo. Si va verso i sette mesi e mezzo
di cassa integrazione guadagni per i dipendenti di Arcelor-Mittal in
servizio allo stabilimento ex
Ilva di Novi ma, ciononostante, non è il
maggiore motivo di preoccupazione per i metalmeccanici che lavorano
presso il gruppo siderurgico i cui siti produttivi dal 6 settembre 2018
sono in affitto all’azienda franco indiana ArcelorMittal. Li preoccupa
molto di più l’avvicinarsi del 30 novembre, giorno in cui la
multinazionale dell’acciaio diretta dall’Amministratore Delegato Lucia
Morselli potrà decidere autonomamente di abbandonare la gestione degli
stabilimenti di Ilva in amministrazione straordinaria. Nel qual caso
Arcelor-Mittal dovesse prendere tale decisione, Ilva in amministrazione
straordinaria e quindi lo Stato, dovranno riassumere il controllo
dell’azienda ritornando alla drammatica situazione di due anni fa.
Si è dissolta nel nulla anche l’ipotesi di
un ingresso in società con ArcelorMittal di Invitalia e da due
settimane di tale progetto non si parla più. La multinazionale
dell’acciaio e il Governo italiano danno l’impressione di procedere su
binari diversi e ogni giorno che passa aumenta la forza contrattuale di
ArcelorMittal e diminuisce quella del Governo. Il presidente Conte, i
ministri e i sottosegretari in questi giorni sono concentrati su
referendum per diminuire i parlamentari ed elezioni regionali e danno
l’impressione di non prestare la dovuta attenzione al futuro dell’Ilva
che è di fondamentale importanza
per l’economia italiana. La situazione è
particolarmente complicata a Taranto perché in Puglia ci sono le
elezioni per il rinnovo del consiglio regionale e per l’elezione del
presidente della Regione. La coincidenza sta facendo sì che il caso Ilva
sia strumento di campagna elettorale. L’ultima conferma la si è avuta
martedì quando il Pd ha presentato il progetto di ben tre ministri per
eliminare l’utilizzo del carbone nell’acciaieria di Taranto e diminuire
l’inquinamento.
Al ministro Roberto Gualtieri (Pd) che
tale ipotesi aveva avanzato, ha replicato Stefano Patuanelli, pure lui
ministro (dello sviluppo economico), indicato per tale incarico dal
Movimento 5 Stelle che, lo avrete intuito o saputo, in Puglia
non è alleato del Partito Democratico per le consultazioni referendaria e elettorale del 20 e 21 settembre.
Non convince l’idea di Roberto Gualtieri
di cercare un altro interlocutore industriale se ArcelorMittal non
dovesse accettare le proposte del Governo. Intanto l’azienda presieduta
da Lakshimi Mittal rafforza la sua posizione contrattuale mentre gli
esponenti del Governo pensano alle consultazioni in programma domenica e
lunedì.
Ci rendiamo conto che stiamo scrivendo di
vicende pugliesi in un giornale di Novi, ma è evidente che le
prospettive dello stabilimento ex
Ilva di Taranto sono strettamente legate a
quello di Novi. Se ArcelorMittal se ne va da Taranto lascerà anche Novi
perché il contratto di affitto dei siti produttivi non prevede
spezzatino.
Il futuro della gestione degli
stabilimenti ex Ilva in affitto ad Arcelor-Mittal ha innescato lo stato
di agitazione sindacale a Genova Cornigliano e Taranto dove i
sindacalisti hanno inoltrato una richiesta di incontro urgente al
ministro dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli. A Novi la
situazione al momento appare più tranquilla, ma la preoccupazione cova
sotto l’apparente indifferenza del Governo. Il segretario provinciale
della Fim Cisl di Alessandria, Salvatore Pafundi, che lunedì era a Novi
per la firma dell’accordo sulle 5 settimane di cassa integrazione Covid,
sull’argomento ha detto: «attendiamo notizie da Roma». Dove, in questi
giorni sono concentrati su referendum ed elezioni con il rischio di
dimenticarsi che il 30 novembre ArcelorMittal può abbandonare il gruppo
Ilva pagando una cauzione di 500 milioni. Spiccioli per un’azienda che
ha un fatturato di 2,2 miliardi di euro all’anno.
Arrivano notizie di sofferenze di
liquidità anche tra le imprese dell’indotto Ilva e in particolare tra
gli autotrasportatori perché ci sarebbero ritardi nei pagamenti oltre a
una mole di lavoro che diminuisce ogni giorno.
Preoccupazione per lo stallo della trattativa sul futuro dell’azienda. Svanita l’ipotesi dell’ingresso in società di Invitalia.
E dal 30 novembre ArcelorMittal può andarsene.
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