Due scioperi di 24 ore l’uno, uno venerdì 4 settembre e l’altro lunedì 7 settembre, sono stati annunciati da Fim, Fiom e Uilm negli stabilimenti ex Ilva di Taranto.
“nei giorni scorsi hanno inoltrato un esposto ad Inps ed Ispettorato del Lavoro in merito alle modifiche apportate unilateralmente dall’azienda sull’organico tecnologico, definito da accordi pregressi e confermati successivamente anche dalla stessa Arcelor Mittal durante la fase del subentro”. Nel mirino c’è “l’eliminazione della figura del “rimpiazzo””, il lavoratore che da contratto sostituisce chi è in ferie, malattia o permesso, che “genera di fatto un ricorso programmato allo straordinario“. Questo mentre gli 8.100 addetti sono in cassa straordinaria per Covid. Di qui il “percorso di mobilitazioni attraverso lo sciopero nei reparti in cui sono state apportate modifiche all’organico e proclamando lo stato di agitazione in tutto lo stabilimento.
“Riteniamo inaccettabile l’atteggiamento della multinazionale che ormai da tempo ha come unico obiettivo il pareggio di bilancio che oltretutto è facilmente raggiungibile se si continua a tagliare sul personale, sulle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Infatti, la fabbrica è al collasso e riscontriamo continue fermate di alcuni impianti per mancanza di interventi programmati e si va avanti con pronti interventi, a volte nemmeno risolutivi e immediati come accaduto in questi giorni in acciaieria. Il governo è avvisato!”, conclude la nota.
“Pensare di gestire lo stabilimento più grande di Europa, attraverso l’idea di ridurre le postazioni tecnologiche, il pronto intervento elettrico e meccanico, sopprimere la figura importantissima del ‘rimpiazzo’ – prevista contrattualmente – è una concezione assurda di fare impresa”, scrive in una nota il segretario generale aggiunto della Fim Cisl Taranto Brindisi, Biagio Prisciano. “Per noi le manutenzioni rimangono fondamentali, in quanto propedeutiche alla realizzazione del Piano Ambientale, alla tenuta degli impianti e alla sicurezza dei lavoratori che vi operano all’interno. È inconcepibile e inaccettabile, la linea che ArcelorMittal applica in termini di organizzazione del lavoro: lavoratori posti in cassa integrazione, lavori ordinari affidati alle prestazioni suppletive in straordinario o in alcuni casi a terzi; per non parlare, poi, delle macchine ferme agli sporgenti del porto, per mancanza di pezzi di ricambio“.
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