“Ricordo che nel 2014 dovremo rinegoziare la cassa integrazione e la solidarietà per diversi stabilimenti, non solo per Taranto. A Genova si tratta di 700 lavoratori e a Taranto di 2.400 persone in solidarietà: ma servono ammortizzatori anche per altri interventi minori”. Dopo che il commissario straordinario dell’Ilva Enrico Bondi pronunciò questa frase durante l’audizione in commissione Ambiente alla Camera lo scorso 27 dicembre, non ci furono grandi reazioni tra i sindacati metalmeccanici. Poi, lo scorso 20 gennaio, nella sede di Confindustria a Genova si svolse un incontro programmato tra RSU e azienda per verificare l’esistenza di strumenti alternativi al fine di compensare l’integrazione salariale che con l’ultimo dispositivo di legge scende dall’ 80 al 70%. Le RSU chiesero nell’occasione ai dirigenti Ilva una integrazione salariale o un incremento delle giornate lavorative (almeno di una settimana) per garantire la continuità salariale prevista dall’Accordo di Programma sottoscritto ad ottobre del 2005, a Villa Bombrini, con l’allora ministro Claudio Scajola.
Ma per tutta risposta, l’azienda comunicò alle RSU
l’impossibilità di rispettare quanto previsto dall’Accordo di Programma,
in merito alla totale garanzia occupazionale del sito produttivo di
Genova. Immediato scatto l’allarme tra i lavoratori pronti a scendere di
nuovo in strada. Poi, venerdì scorso, si è svolto un incontro in
Prefettura, con il Prefetto che ha convocato per martedì 4 febbraio il
Collegio di Vigilanza Ilva, al quale parteciperà anche il Commissario
Straordinario Enrico Bondi, per la verifica dello stato di attuazione
dell’accordo di Programma e lo stato del sito produttivo di Genova prima
che la situazione occupazionale precipiti nuovamente.
Probabilmente quel giorno, a seconda di ciò che dirà Bondi,
capiremo qualcosa in più anche sul futuro prossimo del siderurgico
tarantino. Proprio la scorsa settimana infatti, Ilva e sindacati hanno
iniziato a ricalcolare il numero dei potenziali lavoratori in esubero in
fabbrica, procedendo reparto per reparto. Venerdì scorso, dopo la
radiografia delle officine centrali, il conto è arrivato a 1679.
Comprende l’acciaieria, con 795, l’area ghisa, con 400, e le officine
dove sono 484. Oggi invece, sarà effettuata la ricognizione sull’area
laminazione, domani su Energia e staff e poi saranno tirate le somme.
Giovedì 30 infatti è in programma l’incontro tra i dirigenti
dell’azienda e i rappresentanti delle segreterie territoriali di Fim,
Fiom, Uilm e Usb per trovare un accordo sui dati definitivi.
Ricordiamo che a metà marzo scadrà la prima intesa, siglata
a Roma l’anno scorso, sui contratti di solidarietà applicati nello
stabilimento tarantino per evitare la cassa integrazione straordinaria
che fu annunciata e poi ritirata dall’azienda per 6.500 lavoratori. Gli
addetti coinvolti in quell’accordo furono formalmente 3749, ma in realtà
a finire in solidarietà furono molti di meno. Quest’anno bisognerà
vedere cosa accadrà: ma le premesse non sono delle migliori.
Dodici mesi fa furono scelti i contratti di solidarietà con
il taglio medio del salario del 20% con una riduzione media dell’orario
di lavoro prossima al 35%. Ma dal 1 gennaio di quest’anno, le buste
paga degli operai in contratto di solidarietà sono purtroppo diventare
più leggere: la Legge di Stabilità approvata dal governo ha infatti
stabilito che l’integrazione salariale da parte dello Stato venisse
ridotta dal 20% al 10%. Ai lavoratori in Cds è sempre stata riconosciuta
una retribuzione pari al 60% dello stipendio. Grazie all’integrazione
statale, fino al 2013 pari al 20%, si riusciva a salvare di fatto l’80%
dello stipendio; ora, per effetto del provvedimento governativo, si
raggiungerà il 70%. Una decurtazione importante che nel tempo inciderà
non poco sulla vita degli operai e delle loro famiglie.
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