Mestiza Occupato S.P.A. Spazio Polivalente Autogestito al quartiere Taranto 2, ex scuola Martellotta
22 / 12 / 2013
In
una città offuscata da una crisi economica, ambientale, sociale sempre
più drammatica, un gruppo di donne e uomini, precarie e precari,
invisibili, si riappropriano di uno spazio abbandonato, la ex scuola
Martellotta nel quartiere Taranto2. Davanti ad un'amministrazione
comunale miope e sorda rispetto ai diritti e alle esigenze dei cittadini
tutti, liberiamo spazi per riempire quel vuoto sociale, politico e
culturale in cui Taranto è sprofondata da anni.
Pretendiamo
per tutte quelle donne e quegli uomini che continuano a pagare sulla
propria pelle le misure di austerity imposte dall'alto, il diritto alla
felicità e a un'esistenza degna, il libero accesso alla cultura e alla
socialità, slegate da qualsiasi forma di mercificazione. Contrapponendo
alla politica generata nelle stanze dei bottoni, quella autenticamente
dal basso, slegata dai lacci del partitismo e del falso movimentismo.
Consapevoli che la politica non possa essere un mezzo di potere e imposizione nelle mani di pochi, e convinti che debba essere, invece, uno strumento per tutti quelli che vogliono essere attori di un reale processo di cambiamento e costruzione di un altro mondo possibile, consideriamo questa giornata un momento di democrazia partecipata. Per immaginare la città di Taranto come un laboratorio metropolitano aperto a tutte quelle soggettività e comunità, territoriali e nazionali, che hanno scelto di lottare a favore di un modello di sviluppo alternativo ed ecocompatibile, attraverso pratiche rinnovate di conflitto e di consenso.
Consapevoli che la politica non possa essere un mezzo di potere e imposizione nelle mani di pochi, e convinti che debba essere, invece, uno strumento per tutti quelli che vogliono essere attori di un reale processo di cambiamento e costruzione di un altro mondo possibile, consideriamo questa giornata un momento di democrazia partecipata. Per immaginare la città di Taranto come un laboratorio metropolitano aperto a tutte quelle soggettività e comunità, territoriali e nazionali, che hanno scelto di lottare a favore di un modello di sviluppo alternativo ed ecocompatibile, attraverso pratiche rinnovate di conflitto e di consenso.
Dalla
città schiava dell'acciaio, e dalla sua emblematica devastazione
ambientale e sociale, ci ricongiungiamo con tutti quei conflitti a
difesa della salute, dell’ambiente e dei beni comuni che si danno oggi
in Italia, che attraversano il Paese da Nord a Sud, dalla Val Susa a
Venezia, dalla Campania alla Sicilia. Perché siamo contro tutto ciò che
possa minare la libertà di esistenza, per ognuno di noi. Sia esso un
treno ad alta velocità che buca una montagna, un gasdotto, o una
fabbrica di morte, siamo al fianco di chi vuole continuare con forza a
minare le fondamenta di un sistema che è guasto. Anche per questo,
scegliamo di rappresentarci con un nome “Mestiza” che evoca “mestìs”,
cioè il meticciato, un mondo a colori ma senza confini. Perché il mondo
che vogliamo e per il quale intendiamo batterci, è un mondo che
rispetta i diritti di tutte e tutti. Perché crediamo che, come i nostri
fratelli e sorelle che arrivano dai Sud del mondo, abbiamo vissuto in
questa città, anche se su una scala meno drammatica, lo sfascio delle
politiche neoliberiste e colonialiste che il modello di sviluppo
capitalista occidentale ha imposto al mondo.
Siamo
la "Generazione P." (precaria) e pretendiamo diritti, reddito, welfare,
salute e ambiente. Vogliamo essere protagonisti di quella crisi in cui
abitiamo, attraversandola e respingendola. Occupare per noi significa
riprenderci ciò che è nostro. Cominciare a liberarci da quello schema
capitalista ed individualista che ci è stato imposto come
imprescindibile modello di organizzazione sociale ed economica, mentre
ogni giorno si palesa la violenza delle diseguaglianze che ha prodotto.
Alle macerie generate da questo sistema, rispondiamo liberando un nuovo
spazio pubblico, di parola e di azione. Coltivando una nuova
partecipazione politica, oltre la delega; allo stesso tempo credendo che
la costruzione di una nuova democrazia, svincolata dalle speculazioni,
sia ancora possibile. Già a partire dalla difesa e della affermazione
dei beni comuni, intesi, qui, come autogoverno, crediamo sia possibile
rovesciare il primo dei ricatti, quello della precarietà, trasformandolo
in un processo di riappropriazione collettiva. Che possa, attraverso la
riconquista di uno spazio sociale liberato e messo a disposizione di
tutti, costruire un percorso che parli di diritto all’abitare, di libero
accesso ai saperi, di diritto alla salute, all’ambiente, e di reddito
di esistenza. Perchè i beni comuni sottraggono il potere alle mani di
quei pochi, nelle quali è stato mal riposto come le vicissitudini di
questa ex scuola dimostrano, per diffonderlo nella disponibilità di
tutti.
Perché solo il reddito di esistenza può permettere di uscire dal meccanismo dello sfruttamento e dal ricatto occupazionale. .
Reddito
contro la povertà, per sfuggire ai ricatti. Per riaffermare l’unica
grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!
Collettivo Mestiza S.P.A.
Sabato 2 novembre
Taranto si è svegliata con una buona notizia: un gruppo di ragazzi,
armati solo di buoni propositi e amore per il territorio hanno occupato
la struttura degli ex Baraccamenti Cattolica in via Di Palma, di
proprietà della Marina Militare e in disuso da 25 anni, dichiarando la
nascita delle "Officine Tarantine". Se il dibattito pubblico nella città
dei due mari sembra concentrato principalmente sul nodo Ilva, non vuol
dire che anche a Taranto non ci sia una questione legata alla mancanza
di spazi, tanto più che la presenza della Marina Militare ha privato la
città di alcuni dei suoi squarci più belli e affascinanti.
Ed ecco allora
l'occupazione, che ha subito richiamato writers, artisti di strada,
ragazzi di tutte le età, attivisti pronti a "sporcarsi le mani" per
restiturire alla cittadinanza una struttura ampia ma in stato di
degrado. Domenica 10, la simbolica apertura alla cittadinanza tarantina,
con un "open day" molto partecipato, a testimonianza che i tarantini
sono tutt'altro che insensibili al tema della mancanza di spazi di
socialità in città.
"Le Officine Tarantine
nascono dalla voglia di mettere da parte la rassegnazione e trasformarla
in voglia di cambiare il nostro territorio - ci spiega Alessio, uno
degli animatori dell'occupazione - il nostro obiettivo è quello di
occupare posti abbandonati per restituirli alla città: abbiamo
cominciato dai Baraccamenti Cattolica perchè questo per anni è stato un
centro di cultura (il circolo della marina era un crocevia di culture
diverse, dotato di un negozio di souvenir, di un teatro, di una
biblioteca, di un circolo fotografico, di centro diurno per ragazzi e di
un centro diuro per gli anziani)".
Nella speranza che
quest'energia contagiosa non venga dispersa in una città come Taranto in
cui il dramma ambientale, la mancanza atavica di spazi di socialità ed
il tema delle servitù militari si intrecciano drammaticamente.
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