Nell'introduzione
il compagno responsabile per Taranto della Rete nazionale ha detto
che la Rete è nata proprio sulla base delle tragedie delle morti sul
lavoro all'Ilva, ricordando poi le iniziative più significative, sia
come manifestazioni nazionali (a Torino per la Thyssen, a Taranto per
l'Ilva, a Roma, ecc.), sia la presenza attiva della Rete ai processi
più importanti, Eternit, Thyssen, ecc.
Questo Convegno
oggi a Taranto è a fronte della chiusura delle indagini da parte
della magistratura e delle imputazioni alla famiglia Riva e a decine
e decine di responsabili, corresponsabili, e ha lo scopo di
organizzare la partecipazione popolare a questa fase della lotta
contro l'Ilva di padron Riva. Questa città ha bisogno di ottenere
giustizia, risarcimenti, cambiamenti reali.
E' seguito il
lungo intervento dell'Avv. Di Torino, Sergio Bonetto. All'inizio ha
parlato della complessità della vicenda che si apre con questo
processo Ilva, per le potenziali dimensioni del processo (50 imputati
+ 3 società), per le violazioni che coprono quasi il 50% di tutto il
codice penale, per la vasta tipologia dei reati, che mostrano un
mondo di illegalità diffusa vissuto per decenni a Taranto. Tutta
questa drammatica storia di morti, inquinamento, danni alle persone,
è certo difficile trasformarla in un processo, ma questo si prepara
ad essere il più grande processo, di rilevanza anche internazionale.
Nel processo
Eternit che vogliamo prendere a riferimento – ha proseguito Bonetto
- le proporzioni erano decisamente più piccole, si trattava di soli
2 imputati e un solo agente inquinante, un numero individuato di
persone vittime, e quindi un quadro specifico e limitato di reati, la
magistratura poi aveva individuato un'area critica precisa intorno
alla fabbrica in cui l'inquinamento di amianto aveva fatto malati e
morti. Ma già per questo processo vi erano decine di migliaia di
atti.
All'Ilva,
l'inquinamento ha mille sfaccettature, non è stata individuata una
precisa e limitata area critica, c'è anche un vasto profilo
corruttivo su tutta la vicenda... Un processo che rischia di
incartarsi per le sue dimensioni.
Quindi occorre un
ragionamento serio sul processo e questo tipo di assemblee servono a
questo. Occorre fare informazione, occorre gente, esperti che ci
aiutino.
All'Eternit la
sentenza è stata per disastro doloso, cioè di omissione volontaria
di misure di sicurezza sul lavoro. Non potendo ricostruire la storia
di ogni singola persona, si è affrontato il problema in termini
generali. A maggior ragione all'Ilva non si può affrontare caso per
caso.
Paradossalmente
gli imputati vorrebbero invece che si analizzasse caso per caso per
allungare i tempi del processo. Quindi su questo la scelta, la
decisione dei giudici è essenziale, e su questo pesa quello che
facciamo noi.
E' necessario poi
il coordinamento delle parti civili. Se arrivano centinaia di
avvocati, ognuno per rappresentare alcune parti civili, si rischia di
affossare il processo. Ognuno non può montarsi la testa. La strada è
coordinarsi – anche tra coloro che non la pensa come noi.
All'Eternit
nonostante ad un certo punto i giudici abbiano contingentato i tempi
di intervento degli avvocati e nonostante la programmazione
ravvicinata delle udienze, ci sono voluti 2 anni.
Quindi, noi
dobbiamo incidere sulle modalità di gestione di questo processo.
Altro aspetto che
viene dall'esperienza Eternit. Noi vogliamo che il processo accolga
le parti civili anche di lavoratori e abitanti che non si sono ancora
ammalati o che non si ammaleranno mai, perchè, come all'Eternit,
deve essere contestato il “reato di pericolo”. Lo Stato dice:
“nessuno deve mettere a rischio la vita e la salute degli altri”;
quindi non deve essere punito solo chi provoca malattia e morte, ma
anche chi mette a rischio. Questo principio è stato affermato per la
prima volta nel processo Eternit ed è un'opportunità enorme per
Taranto per affrontare il processo Ilva.
Non si tratta solo
di una questione di risarcimento per chi è stato colpito ma del
fatto che il rischio non ci sia più.
La Procura di
Taranto ha fatto un buon lavoro con il sequestro dei soldi. Questo è
importante perchè a Torino c'è stata una buona condanna ma i
padroni non escono ancora un centesimo e se ne stanno nascosti in
Svizzera. Il nostro lavoro deve essere indirizzato affinchè i soldi
di Riva siano utilizzati per mettere a norma l'Ilva e bonificare la
città per evitare la continuazione del rischio.
Poi l'avv. Bonetto
ha sollecitato a vigilare. Cercare di impedire – ha detto –
coloro che puntano solo in maniera avida ai risarcimenti, e tra gli
avvocati ci sarà chi solleciterà ad andare in questa direzione; non
illudere nessuno sulla questione dei risarcimenti, non può essere
questo il nostro unico obiettivo ma il risanamento della fabbrica e
della città.
All'Eternit i
padroni sono stati condannati a risarcire tutti, lavoratori morti,
malati o sani, familiari, allo stesso modo, con 30mila euro a testa
(poi chi ha patologie dimostrate, documentabili può fare la causa
civile per il risarcimento di tutte le spese, i danni, ecc.). A
Casale Monferrato potenzialmente tutti i 20mila abitanti avevano
diritto ai 30mila euro. A Taranto, con circa 250mila abitanti sarebbe
enorme dire questo, ma l'impostazione generale deve essere questa.
Quindi l'avvocato
ha chiarito anche la complessità e l'impegno necessario da subito
per risolvere gli aspetti tecnici: avere tutti gli atti della Procura
(che saranno migliaia e migliaia), studiarli, schedarli, dividerci il
lavoro, ecc.
Ma soprattutto
Bonetto, in conclusione, ha posto l'accento e ha richiamato
l'attenzione sulla assoluta necessità di garantire una forte
presenza fisica alle udienze. Non dobbiamo permettere al Tribunale di
decidere per conto suo a fronte di una nostra scarsa presenza. Anche
qui ha fatto l'esempio delle udienze Eternit in cui ad ogni udienza
erano presenti 150/200 persone, grazie ad un lavoro anche pratico di
organizzazione pure del trasporto da parte delle associazioni dei
familiari. Le presenze servono a fare pressione sull'andamento del
processo.
Dopo questo lungo,
articolato intervento dell'Avv. Bonetto, sono iniziati gli interventi
(ne ricordiamo alcuni), non prima però che il rappresentante della
Rete nazionale per la sicurezza abbia sottolineato con forza che
occorre concepire questo processo come una guerra, dove non ci sono
solo i Riva indagati ma tutto un sistema industriale/politico.
Alcuni interventi
hanno sottolineato che il processo Ilva deve fare giurisprudenza non
solo per il nostro paese ma anche a livello internazionale, e
l'importanza della presenza di massa in questo processo e del
coordinamento delle forze, come fattori determinanti e elementi di
forza.
Attualmente,
invece – come ha detto il presidente dell'Ass. “12 Giugno” che
il giorno prima aveva partecipato all'udienza di un altro importante
processo in corso, quello contro le centinaia di operai Ilva morti
per amianto – al Tribunale a questi processi si è in pochi, e gli
avvocati possono tranquillamente offendere i morti e ammalati come se
gli operai si siano voluti ammalare e morire. A Taranto vi sono solo
200 morti per amianto risarciti dall'Inail mentre ci sono 2000
ammalati.
Poi, denunciando,
i tempi lunghissimi di questi processi, ha ribadito che ci vogliono
“corsie preferenziali”, l'eliminazione della prescrizione per
questi reati, ma su questo l'impegno assunto dal parlamento è
rimasto incompiuto, nonostante vi siano dei disegni di legge. Ha
concluso facendo un appello a che con l'apertura di questo processo
contro l'Ilva ci sia quella mobilitazione che finora non si è
riusciti a fare.
Anche altri
interventi hanno denunciato come le Istituzioni sia nazionali che
locali si siano dimenticati di Taranto, mentre il governo sforna
l'ennesimo decreto “salva Riva” e ora”salva Bondi”. Un
esponente di "cittadinanza attiva" poi entrando nel merito dell'utilizzo dei fondi che
si riuscirà a far pagare ai Riva ha detto che devono essere
destinati per la rinascita della città, del mar piccolo...
alternativa alla produzione d'acciaio.
L'operaio
dell'Ilva, Battista, anche in rappresentanza dei lavoratori del
comitato liberi e pensanti, ha denunciato come proprio lo Stato stia
cercando di impedire che Riva paghi, citando la recente sentenza
della Cassazione che ha restituito ai Riva i soldi sequestrati dalla
magistratura di Taranto; anche questo processo che si apre vedrà
tanti avvoltoi pronti a bloccare, speculare. Quindi ha fatto una dura
denuncia di quanto sta accadendo dentro l'Ilva, in termini di
continuazione delle violazioni alla sicurezza e salute; nell'area a
caldo invece che bloccare gli impianti inquinanti c'è un aumento
della produzione con conseguenti recenti incidenti, anche nelle altre
aree vi sono impianti obsoleti che dovrebbero essere immediatamente
chiusi. Non si tratta solo dell'area a caldo ma dovrebbe essere chiuso tutto lo stabilimento. Ora siamo “sotto controllo dello Stato”
per tre anni ma all'Ilva si continua ad inquinare nello stesso modo e
lo Stato è direttamente responsabile di quanto sta accadendo in
questa città. Sulle indagini di “ambiente svenduto” ha detto che
dovevano essere molto più estese: come mai non c'è un sindacalista,
un giornalista indagato? Ma ha anche sottolineato l'assenza di una
forte risposta della gente a fronte dei decreti salva-Ilva. Poi
parlando del processo ha detto che questo sarà molto difficile, i
sindacati, in particolare la Fiom, si costituiranno parte civile,
speculando sui morti.
Sul problema del
processo, delle indagini è reintervenuto l'Avv. Bonetto sollecitando
a non dire che “il problema è un altro”, perchè in questo modo
non affrontiamo mai il problema presente. Ora il processo si fa. C'è
una parte della gente che vuole impegnarsi e contribuire a portare un
pezzo di verità processuale. Noi dobbiamo lavorare affinchè ci si
avvicini alla verità storica il più possibile.
Ora non ci
incartiamo sul fatto se l'Ilva deve o non deve chiudere. Non è
questo il tema di questa fase processuale. Rispetto agli “avvoltoi”,
si combattono spiegando innanzitutto alla gente, agli operai, agli
abitanti dei Tamburi. Occorre fiducia nella gente, gli avvocati da
soli non ce la possono fare. Se da questo processo Riva ne esce che
non conta niente già è un buon risultato. Vediamo questo processo
come opportunità per cambiare le cose; non sappiamo ora che futuro
avrà Taranto, ma occorre provarci.
Il rappresentante
dell'Associazione Esposti Amianto e di Medicina Democratica –
venuto con altri da Matera – dopo aver raccontato la loro
esperienza allo stabilimento Enichem di Pisticci, alla multifibre di
Acerra, dove grazie alla denuncia di familiari di operai morti di
amianto (307 su 2000) si è aperta un indagine epidemiologica, ha
fatto una cruda analisi delle conseguenze mortali dell'uso
dell'amianto, denunciando come le forze sociali che dovrebbero
tutelare i lavoratori se ne stanno da parte. Anche da questo emerge
la necessità della creazione di associazioni e di creare “eventi”.
Parlando della loro esperienza, ha raccontato che si sono rivolti ai
medici di base perchè vadano a fondo alle condizioni di vita e di
lavoro dei propri pazienti, non facendolo questi medici sono
passibili di denunce. Su questo vanno sensibilizzati anche i medici
di Taranto, chiedere uno studio epidemiologico sui cittadini dei
Tamburi, sorveglianza sanitaria.
Quindi sulla
necessità della partecipazione ha sollecitato a fare “corpo
unico”. Infine, nel fare un confronto tra i dati Ilva prima e dopo
Riva, ha detto che è l'industria di Stato che deve tornare, perchè
nel mondo moderno non possiamo dire che senza industria si può
andare avanti.
Caliolo, moglie di
uno degli operai, Mingolla, morto nel 2006 all'Ilva ha fatto un
intervento emozionante, ricordando i momenti difficili vissuti
durante il processo per la morte del marito, ma nello stesso tempo
ricordando il suo percorso e il suo impegno nella Rete nazionale per
la sicurezza, un impegno che le ha dato forza e ha colmato il vuoto
che viene dopo una tragica perdita. Parlando dei processi, ha detto
che i familiari sono soli, non vengono sostenuti, alle udienze, a
parte rappresentanti della Rete e dell'Ass. “12 Giugno”, non
c'era nessuno, a fronte di una politica di avvocati dell'azienda,
dell'azione dei magistrati che uccide una seconda volta. Questa
situazione ha portato anche lei a momenti di crisi, di distacco
dall'impegno della Rete, ma poi ha ripreso con forza. Ha deciso di
andare fino in fondo al processo, benchè tanti le dicessero di
abbandonare il processo penale e puntare solo ai risarcimenti.
Concludendo, ha lanciato un forte appello: c'è una realtà di
Taranto che non si rassegna, e la partecipazione è essenziale per
dare messaggi diversi. Non possiamo rassegnarci che mai nulla
cambierà. Non possiamo far finta di niente. Dobbiamo provarci.
A questo
intervento si è legato il rappresentante della Rete per ribadire che
il processo contro Riva e soci è una guerra ed è a questa guerra
che bisogna partecipare, partendo dal fatto che “Taranto non è
morta” e questo è testimoniato dai vari momenti di
manifestazione/proteste che vi sono stati, dal 2 agosto del 2012 ad
altre manifestazioni di massa, anche ad alcune, benchè poche,
iniziative di protesta all'Ilva. Non dare battaglia è come se
abbiamo già perso in partenza.
Qui ha riportato
gli esempi in positivo delle vittorie processuali già ottenute dallo
Slai cobas per il sindacato di classe contro Riva, in particolare nel
processo ex Nuova Siet dove Riva ha avuto la più alta condanna,
benchè poi per l'azione anche di corruzione dei giudici di appello
buona parte dei reati siano andati in prescrizione, ma è comunque
rimasto il risarcimento agli operai.
Rispetto alla
partecipazione al processo, ha detto che non basta un appello,
occorre trovare le forme organizzate per far partecipare operai,
familiari, cittadini; ha ripreso l'esperienza positiva
dell'Associazione 12 Giugno che per anni ha fatto diventare i
processi degli eventi.
Anche in questo
processo del 2014 dimostreremo che non è vero che Taranto è
assente. Questo lavoro – ha detto – è una strada obbligata: non
possiamo denunciare tutto e poi non vincere alcune battaglie. L'Avv.
Bonetto è qui perchè abbiamo bisogno di una esperienza vincente.
Nel processo Ilva dobbiamo affermare un principio di giustizia e di
risarcimento. A questo serve l'associazione di parte civile in forma
coordinata. Le tappe dopo questa assemblea sono per unirsi su questa
via.
Il processo a Riva
è un processo storico al sistema capitalista. Per noi, finchè non
c'è un sindacalista in questa inchiesta questo processo non può
finire (e qui ha ricordato il processo in corso per la morte
dell'operaio Di Leo che per la prima volta, frutto della
denuncia/testimonianza dello Slai cobas, sono inquisiti anche 3 RLS);
ma ora questo processo deve cominciare.
Il processo certo
non è una manifestazione ma una forma specifica della battaglia, le
cose dette sulla difficoltà della partecipazione della gente, non
devono però diventare per noi un ostacolo.
La rappresentante
dello Slai cobas di Taranto ha aggiunto che la questione delle parti
civili è importante in termini politici, necessaria anche per
contrastare l'azione dello Stato: la magistratura fa una cosa buona a
Taranto ma poi la Cassazione la smonta... questo “gioco” deve
trovare la giusta risposta; la costituzione di parte civile significa
mettere non un passo ma centinaia di pesanti passi in questa
battaglia. Dobbiamo, poi, noi unire al fatto tecnico-legale e alla
presenza fisica alle udienze, la nostra azione forte di denuncia, di
lotta generale contro Riva ma anche contro governi, Stato, sindacati
confederali chiaramente corresponsabili di aver fatto arrivare a
questa situazione; noi dobbiamo cercare di impedire l'oscenità di
sindacati, anche di una Fiom, che si presentano come parte civile al
processo. Per questo nel processo è necessario che si senta la voce
degli operai, la voce della classe che viene sfruttata e uccisa.
Altro aspetto
importante è la questione del coordinamento delle forze. A Taranto
vi sono varie realtà che portano avanti aspetti di questa battaglia,
ma ci sono momenti, come questo del processo, in cui queste realtà
si devono unire, questo costituisce un arricchimento non un
rinunciare alle proprie battaglie. Mettiamo fine ai protagonismi. Il
coordinamento, la formazione di un coordinamento ad hoc per la
costituzione di parte civile (es. a Torino, Legami d'acciaio), è un
messaggio politico, di fiducia, di cambiamento, di fine dei
personalismi anche in fabbrica.
Anche l'Avv.
Bonetto ha ribadito la necessità del coordinamento, perchè, ha
detto, tante parti civili ognuna per conto proprio costituiscono un
pericolo per i difensori, e verrebbe usato dagli avocati degli
imputati per ostacolare l'andamento del processo.
Il Convegno si è
concluso ribadendo:
- l'avvio della
costituzione di parte civile di operai Ilva, lavoratori degli
appalti, lavoratori delle aziende vicine area Ilva (Cimitero,
Pasquinelli...), abitati dei Tamburi e altri quartieri inquinati;
- risarcimento per
tutti, sia malati che sani;
- coordinamento
sulle linee espresse dall'Avv. Bonetto, prima raccogliendo le
adesioni e poi formalizzando la forma associata;
- l'organizzazione
di parte civile è di massa e gratuita – stabiliremo solo una quota
associativa; all'avvocato/i daremo solo il rimborso spese;
- dobbiamo tener
conto dei tempi, per presentare le parti civili alla udienza
preliminare;
- dobbiamo trovare e
costruire un gruppo di esperti/tecnici.
Durante tutto il
Convegno si sono compilate le schede (indicate dall'Avv. Bonetto) per
la costituzione di parte civile – raccogliendo già un centinaio di
adesioni, tra operai Ilva, operai cimiteriali, pasquinelli, abitanti
dei tamburi, ecc.
Taranto - 11 gennaio
2014
Nessun commento:
Posta un commento