lunedì 18 febbraio 2013

Lo studio del leninismo nel circolo di proletari comunisti - PCm Italia di Taranto

E' in corso nel circolo di Proletari Comunisti -PCm Italia di Taranto, un gruppo di studio su Principi del Leninismo di Stalin - in occasione del 60° anniversario della sua morte 5 marzo 2013.
Pubblichiamo il resoconto della discussione nella prima riunione sul capitolo 'IL PARTITO' e due interventi di compagni e compagne.


IL CIRCOLO DI ‘PROLETARI COMUNISTI’ DI TARANTO STUDIA IL CAPITOLO SU “IL PARTITO” DEI “PRINCIPI DEL LENINISMO” DI STALIN.
In questa fase questo studio, che viene dopo lo studio del capitolo su ‘Strategia e tattica’ (che verrà ripreso nell’aspetto della sua applicazione, come arma di guida, per avere e mantenere “la rotta e il ritmo” nella complessa lotta di classe), è pienamente necessario e in sintonia con la fase che sta attraversando il circolo di proletari comunisti, di verifica, salto, selezione delle forze per il passaggio dal circolo al partito.
Questo obiettivo quindi è stato presente nel cominciare ad affrontare i temi posti dal testo che, come anche negli altri gruppi di studio, non sono stati mai letti e discussi in maniera scolastica, ma sempre come arma per l’azione rivoluzionaria ma anche col criterio: “De te fabula narratur”.
Sulla prima parte del capitolo - in cui Stalin descrive il carattere del partito nel periodo più o meno pacifico della II Internazionale, adatto alla lotta parlamentare e non alla lotta rivoluzionaria, e la costruzione nella fase successiva di “aperto conflitto tra le classi, delle azioni rivoluzionarie , della rivoluzione proletaria…”, di un nuovo partito, il ‘partito del leninismo’ “combattivo, rivoluzionario, sufficientemente audace da condurre i proletari alla lotta per il potere, sufficientemente esperto da sapersi orientare nelle condizioni complesse di una situazione rivoluzionaria, e sufficientemente agile da superare gli scogli di ogni genere di cui è irta la strada che conduce alla meta” - il dibattito nel circolo si è soffermato sul fatto che un partito comunista deve essere sempre “combattivo rivoluzionario...”, sia nei periodi “pacifici”, sia in quelli “rivoluzionari”, perché sono le stesse leggi della “rivoluzione” che devono guidare i comunisti anche nei periodi in cui essa non è già all’ordine del giorno, perché ogni lotta di oggi dei proletari e delle masse va vista in funzione della rivoluzione; questo permette ai comunisti di acquisire quell’esperienza, capacità di orientamento, di maneggiare le leggi della strategia e della tattica per condurre una lotta rivoluzionaria. Lo possono fare perché lo hanno già sperimentato.
Quindi si sono letti e affrontati le caratteristiche del Partito del leninismo
Reparto d’avanguardia della classe operaia Il dibattito ha messo in luce che organizzare gli elementi migliori della classe operaia non deve voler dire “gli operai così come sono”; anche gli operai nel partito devono elevarsi, trasformarsi, impugnare la teoria rivoluzionaria, le leggi della rivoluzione. Questo contro una concezione e prassi spontaneista, codista – il partito che va alla coda delle masse - che vuole lasciare gli operai anche quelli più combattivi invischiati inevitabilmente nel riformismo, nella sola lotta sindacale; ma anche contro una concezione e politica che costruisce il partito come una setta separato dalla classe operaia, a cui gli operai e le masse devono solo aderirvi. Entrambe queste teorie disprezzano gli operai, e di fatto, in maniera opportunista, lasciano campo libero alla politica borghese tra la classe. Su questo nel dibattito del gruppo di studio si sono fatti anche esempi concreti.
Ci si è poi soffermati su un'altra parte, quando Stalin scrive: “il partito non può essere soltanto un reparto d’avanguardia: deve essere al tempo stesso un reparto, una parte della classe operaia, parte intimamente legata ad essa con tutte le fibre del suo essere” – Qui si è visto come noi abbiamo costituito il nostro partito e portiamo avanti il lavoro con questa concezione, sintetizzata nella nostra parola d’ordine: “nel fuoco della lotta di classe in stretto legame con le masse”. Questo per noi significa che i comunisti non sono quelli che “predicano”, ma coloro che si “sporcano le mani”, che ‘parlano’ perché stanno nelle lotte della classe, le dirigono, che sono riconosciuti dalle masse, che godono – come dice Stalin “fra le masse di un credito morale e politico”.
Un'altra discussione interessante ha riguardato la questione importante di chi è membro del partito comunista e il percorso dei compagni verso l’organizzazione nel partito.
A partire dalle frasi di Lenin “sarebbe debolezza e ‘codismo’ pensare che in regime capitalista quasi tutta o tutta la classe possa elevarsi alla coscienza e all’attività della propria avanguardia, del proprio partito socialdemocratico” - si è parlato di quale è la distinzione tra il circolo di proletari comunisti e il PCm, e quali le ragioni che hanno portato a organizzare i circoli.
Qui, prima di tutto si è sgomberata un’idea secondo cui prima si fanno i circoli e dopo il partito, una sorta di concezione “gradualista” della costruzione del partito che sarebbe sbagliata. Nel 2000 – è stato ricordato – i compagni di allora costituirono il PCm, senza lasciarsi condizionare dal numero dei compagni, perché era una decisione necessaria per lavorare in teoria e in pratica per la costruzione del partito, nella concezione che solo agendo da partito, con lo stile di partito è possibile costruire il partito; questo era anche necessario per rispondere alla fase, per contrastare una concezione che partendo da un bilancio negativo delle sconfitte del movimento comunista rivoluzionario in Italia (e non come lezioni utili), per negare la necessità del partito.
Quindi non sono venuti prima i circoli e poi il PCm, ma prima il partito. I circoli sono una risposta ad una situazione presente tra le avanguardie proletarie di lotta che, a causa dei guasti di decenni di revisionismo e riformismo e di sola pratica sindacale, sono “spontaneamente” antipartito; era quindi necessaria un forma organizzata che cominciando a fare politica rivoluzionaria avvicinasse queste avanguardie al partito. “Io – ha detto un compagno – tramite il circolo mi sono avvicinato al partito”.
Ma il partito anche nella militanza è altra cosa di un circolo, richiede mettere al centro l’organizzazione, la disciplina collettiva.
Questo dibattito ha anticipato l’altro punto del carattere del partito: il partito, reparto organizzato della classe operaia – la profonda differenza tra un partito e un insieme di gruppi o di compagni che mettono l’individuo, le proprie esigenze (faccio attività quando mi va), i propri bisogni al centro e non al servizio dell’organizzazione collettiva. Nel gruppo di studio è stato detto che questa parte del capitolo su Il partito è forse quella che più ci tocca e più serve in questo momento per il passaggio dei compagni dal circolo al PCm. In questo senso quando Stalin nel testo riporta la critica di Lenin all’anarchismo da gran signore, è stato molto facile per i compagni coglierne il giusto senso e usare subito questa critica verso i limiti tuttora presenti della propria militanza, sia ideologici sia pratici, che si riassumono principalmente nella questione di assumersi responsabilità, come parte dell’organizzazione.
Nei prossimi giorni il gruppo di studio completerà la parte sul partito. 
MC - 14.2.13

Interventi al
GRUPPO DI STUDIO SUL CAPITOLO “IL PARTITO” DEI 'PRINCIPI DEL LENINISMO'

1
Il Partito così come era prima della rivoluzione né aveva né poteva avere l'importanza che ha raggiunto nel corso degli anni e delle vicende rivoluzionarie, infatti Kautsky sostiene che i partiti facente riferimento alla seconda internazionale non furono in grado di appoggiare le azioni rivoluzionarie del proletariato proprio perché il partito stesso non era concepito come strumento di guerra ma strumento di pace, quindi non c'era traccia di ideologie rivoluzionarie, e quindi veniva inteso come appendice dell'apparato parlamentare e di conseguenza al suo servizio.
Appare chiaro che in queste condizioni, sempre così come era inteso il partito, fosse inimmaginabile che si potesse pensare di organizzare il proletariato in funzione della lotta rivoluzionaria. La situazione cominciò a cambiare in vista del nuovo periodo che fu quello caratterizzato dal conflitto tra le classi e questo richiedeva un cambiamento radicale, cio significava riorganizzare se non rifondare il partito con la rieducazione degli operai dei proletari delle masse, insomma con nuovi metodi rivoluzionari. Da qui la necessità di far nascere un partito combattivo tanto da condurre i proletari alla lotta per la conquista del potere. Senza questo tipo di partito, Leninista, ogni tentativo di rovesciare il potere imperialista sarebbe risultato vano.
La caratteristica di questo nuovo partito, dice Lenin, è intendere il partito come reparto d'avanguardia della classe operaia, incamerando al suo interno tutti gli elementi migliori della classe operaia; ma il partito deve anche essere armato della teoria rivoluzionaria e essere a conoscenza delle leggi del movimento nonché conoscere le leggi stesse della rivoluzione. Senza queste nozioni non può essere in grado di guidare o organizzare alcuna lotta proletaria. Insomma non può chiamarsi partito d'avanguardia se limita i suoi compiti al solo ascolto delle esigenze del proletariato e della classe operaia e non è in grado di sollevare le masse alla comprensione reale degli interessi della classe stessa, ponendosi alla testa della classe operaia per guidare il
proletariato verso la conquista del potere.
Diversi sono quei partiti che attuano il codismo, questi non sono altro che organi veri e propri della borghesia e di certo non possono per la loro stessa natura essere in grado di favorire il proletariato ma anzi ne soffoca ogni tentativo di riscatto. Perciò è chiaro che questo può essere realizzato solo se il partito, come è già stato detto, è un partito d'avanguardia proletaria in grado di elevare le coscienze e le conoscenze del proletariato e organizzarlo per renderlo una forza politica indipendente.
Si perché la classe operaia il proletariato senza un partito rivoluzionario è come un esercito allo sbando senza uno stato maggiore quindi senza una guida. Ma il partito d'altra parte non può dirigere le masse se non ha legami con esse e se non gode di credibilità morale e politica. Ed anche quando all'interno del partito si riversano grandi masse, che siano proletari o operai, non è detto che sia per volontà propria ma avviene sotto la spinta delle masse stesse, questo significa che le masse operaie stesse già ci considerano il loro partito.
Il partito è il reparto organizzato della classe operaia, deve saper dirigere la lotta del proletariato deve saperlo guidare e istruirlo all'offensiva quando va fatto e saper battere in ritirata quando la situazione lo richiede. Ma può adempiere a questi compiti solo se egli stesso (il partito) si incarna nella disciplina e organizzazione. Ma il concetto di partito non è solo questo, il concetto di partito, afferma Lenin, è la somma delle sue organizzazioni e i suoi membri sono membri di una o più appendici del partito stesso. Al contrario i menscevichi sostenevano che l'entrata nel partito dovesse avvenire in modo "automatico" e quindi chiunque ne poteva fare parte pur senza aderire al partito stesso o senza neanche aderire ad una appendice del partito.
Inutile dire che questa visione opportunista non fu nemmeno presa in considerazione altrimenti il partito sarebbe degenerato in un qualcosa di amorfo e disorganizzato. Ma il partito è anche il sistema unico di tutte le sue organizzazioni e non soltanto la somma delle stesse, la loro unione comporta richieste superiori e inferiori di direzione, perciò esiste una minoranza e una maggioranza fatta di decisioni vincolanti a cui tutti i membri devono attenersi. Senza queste condizioni il partito non sarà mai capace di dirigere e organizzare la classe operaia e le masse proletarie alla lotta.
Infine Lenin fa riferimento a quando un tempo il partito non era formalmente organizzato ma fatto di gruppi di persone dove c'era solo un interscambio di idee quindi un partito di sola azione ideologica, mentre a differenza oggi, dice Lenin, siamo un partito organizzato una forza che si traduce in potere, capace di trasformare l'autorità delle idee in autorità del potere determinando così la sottomissione delle richieste inferiori rispetto alle richieste superiori del partito. Naturalmente non sono mancati attacchi da parte di "elementi instabili" i quali muovono accuse di burocratismo verso il partito, ma Lenin molto semplicemente liquida questi elementi come nichilismo russo o anarchismo da gran signore e degni di essere messi alla porta dal partito.

FB 


2
Dopo il periodo legato alla seconda internazionale in cui era evidente che senza un cambiamento la rivoluzione di classe non sarebbe potuta avvenire, in quanto come è noto i partiti erano succubi oramai di un parlamentarismo che ovviava a qualsiasi crescita e lotta di classe spostando appunto tutte le diatribe nelle aule del parlamento. Questo eccesso di pacifismo appunto, fece si che il proletariato oramai resosi conto che la seconda internazionale era oramai perdente rispetto alla lotta di classe, ritenne opportuno creare un nuovo partito d’ avanguardia che si assumesse dei compiti importanti e cioè: la crescita culturale e di classe degli operai, la solidarietà con i paesi vicini per creare un avanguardia che applicasse la teoria e la pratica rivoluzionaria, da qui la nascita del partito del leninismo.
Il partito si deve far carico della rappresentanza politica del proletariato che al momento stesso ne è parte integrante e non un soggetto a rimorchio cosi come era visto e trattato nella seconda internazionale, deve guidarlo per superare lotte legate a bisogni momentanei ed elevare il livello di comprensione degli interessi di classe, guidarlo nelle varie vicissitudini con esperienza e capacità, perché milioni di operai non possono da soli affrontare le difficoltà, quindi il partito costituisce per il proletariato una sorta di stato maggiore

CM

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