lunedì 11 febbraio 2013

ai cassintegrati in deroga diciamo.. la lotta e non il voto!a Vendola diciamo .. senza lavoro e reddito niente voto!

Cassintegrati, il dramma dei diecimila
"La nostra vita di esclusi per sempre"


Si chiamano Marta, Luisa, Nicla, Daniela. Fanno parte dell'esercito dei 10mila esclusi, quella categoria di lavoratori in mobilità ordinaria completamente eliminata da ogni possibilità di ricevere ammortizzatori sociali. Grazie alla loro esclusione la Regione ha ottenuto dal governo il via libera per lo sblocco di 61 milioni di euro per i cassintegrati in deroga del 2013, soldi che comunque non si sono ancora visti.

Sacrificarne 10mila per salvarne 30-40mila. Una tecnica eticamente discutibile, ma efficace per far quadrare i conti. Ne sa qualcosa il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che ha imposto un taglio agli ammortizzatori sociali.

Ne sanno qualcosa i sindacati e la Regione che l'1 febbraio scorso hanno firmato l'accordo condannando i 10mila lavoratori che hanno percepito la mobilità ai sensi della legge 223 del 1991, all'esclusione dagli aiuti. Ne sa qualcosa anche l'assessore regionale al Welfare, Elena Gentile, che ha dovuto accettare quelle condizioni pur di portare a casa 61 milioni di euro.

Ma soprattutto ne sanno qualcosa Marta, Luisa, Nicla, Daniela. “I sindacati si sono comportati malissimo – dice Marta, 41 anni, sposata, con due bambini – noi lavoravamo in un centro commerciale. Poi il fallimento e la chiusura. Due anni di cassa integrazione e il tentativo di trovare nuovi lavori. E pensare che solo due anni fa stavamo benissimo. Io e mio marito portavamo a casa due stipendi. Siamo riusciti a comprare una nostra casa a Bari per noi e i nostri due figli. Eravamo arrivati alle stelle. Poi il
crollo”. Ora mancano i soldi per coprire il mutuo della casa. Le difficoltà del lavoro del marito si aggiungono all'esclusione dagli ammortizzatori sociali di Marta: “Abbiamo messo in vendita la casa, ma fino ad ora non si vedono acquirenti. L'unica soluzione è un lavoro nero. Dalla politica non mi aspetto soluzioni”.

I 10mila hanno saputo di essere diventati degli esclusi solo con il passaparola tra colleghi. Nessuno li ha avvisati. Né la Regione, né i sindacati: “Proprio una bella sorpresa – sostiene Luisa, 42 anni di Bari – ci siamo sentiti discriminati e presi in giro. Io vivo in casa dei miei genitori, ma ho delle spese da affrontare. Non so proprio come fare. Eppure c'è gente che prende la mobilità in deroga da 20 anni. Noi solo da pochi mesi. Non capisco perché dobbiamo pagare solo noi. È illogico”. Andare a Roma, sì, può servire per protestare, ma non per trovare il lavoro. “Quello è introvabile, ormai. Non si può fare altro che inviare curriculum”.

Ma nonostante tutto, c'è ancora spazio per la comprensione: “Qui non c'è da dare la colpa a nessuno – è quel che pensa Daniela – purtroppo da Roma hanno dovuto chiudere i rubinetti. Ci siamo ritrovati noi di mezzo. Ma ora come facciamo a rientrare nel mondo del lavoro?”.

La richiesta non è eccessiva, un lavoro o almeno un sostegno economico. “Perché così non si va avanti – dice ancora Marta – noi veramente non andiamo più da nessuna parte. Non esiste più il sabato in pizzeria o la domenica fuori porta. Rimaniamo in casa. Ma ci va bene così. Basta che ci danno la possibilità di vivere dignitosamente”.

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