Ho intrapreso questo lungo viaggio, da
Taranto a L'Aquila, per dare un sostegno a Rosa e alla sua famiglia
nella speranza che venisse fatta piena giustizia.
Appena siamo arrivate abbiamo messo
subito striscioni, locandine e volantinato.
Devo dire che eravamo in tante e vi
assicuro che c’era tanta tensione e rabbia.
Le ore passavano e tutto taceva. Alle
12,00, siccome nessuno si degnava di uscire dall’aula per
informarci di cosa stava accadendo, abbiamo deciso di andarci di
megafono e andare sotto la finestra adiacente all’aula dove si
svolgeva il processo “infame” e scandire slogan per rassicurare
Rosa che fuori, da Palermo a Roma, da Teramo a Bologna, da Viterbo a
Taranto eravamo lì, noi tutte per lei. Questo ha molto infastidito
il giudice che subito ha minacciato di sospendere il processo. Noi
intanto avevamo raggiunto il nostro obiettivo, e cioè far sentire a
Rosa che non era sola.
Le ore passavano,l’angoscia aumentava
e la rabbia pure. Avevo voglia di protestare, di pestare il mostro,
ma,dovevamo stare lì ferme per non far sì che qualsiasi mossa
sbagliata potesse ritorcersi contro Rosa.
Ore 15,00: finalmente si aprono le
porte del tribunale ed entriamo nell’aula. L’ho visto in faccia
quell’essere abominevole, quel pus ripugnante.
Rosa aveva chiesto di non essere
ripresa, tutte le abbiamo fatto da scudo, ma per poco, perché poi
siamo state costrette ad indietreggiare, neanche in questo Rosa è
stata rispettata.
Di minuti non so quanti siano stati, ma
sicuramente tanti per aspettare il verdetto, in quei momenti ho avuto
tutto il tempo per guardarlo in ogni suo movimento; il mostro era lì,
sereno, sicuramente consapevole della sua condanna. Tre minuti prima
che entrasse il giudice,l ’hanno preso e fatto uscire da una porta
laterale per proteggerlo, e lui con grande sfrontatezza e quasi
sorridendo ha salutato i suoi due compagni (commilitoni).
Ora il giudice parla ed emette la
condanna di otto anni, io personalmente mi sono fermata a “Condanno
il Tuccia ad otto anni” il resto non l’ho sentito.
Tutte ci guardavamo con aria attonita,
con rabbia negli occhi e la bava alla bocca. Subito siamo corse fuori
a gridare agli avvocati “Vergogna! Vergogna!”.
Fuori c’era un’aria che non saprei
descrivere, chi si abbracciava e piangeva, chi implorava, chi si
mordeva le labbra. Siamo state lì, in quell’aula con tante sagome
come un gregge di pecore. Non c’è umanità.
Questa per me è stata un’esperienza
terrificante ma anche una leva per ribellarmi e insieme a me tutte le
donne unite in una lotta rivoluzionaria.
Basta con l’oppressione, basta con
violenze sessuali, basta uccisioni.
“Rivoluzione è l’unica soluzione”
Concetta – Taranto
Nessun commento:
Posta un commento