da un articolo del Corriere della sera.
"«Resterete qui solo 5 o 6 mesi, il tempo necessario per costruire le nuove case».
Così dissero i tecnici comunali di Taranto agli sfollati del centro storico che nel
frattempo cadeva a pezzi. Era il 1980. Sono passati 33 anni ma quelle case costruite
di fretta e furia con catrame al posto dei pavimenti e pannelli di amianto come
pareti, sono ancora lì. Mentre sono cambiati molti di quelli che ci abitavano.
Falcidiati da tumori e cirrosi epatiche.
Un'ecatombe quotidiana per le 260 famiglie alloggiate a pochi metri dalla ciminiera
più grande dell'Ilva. Qui, in ogni casa ci sono almeno due malati di tumore. Il resto
sono cirrosi ed epatiti. Siamo entrati a vedere questo quartiere abbandonato da tutti
in una giornata di pioggia. Negli appartamenti all'ultimo piano (costruiti per
ospitare due o massimo tre persone) ci abitano famiglie intere, anche di 7 o 8
persone. Le mura gocciolano acqua ovunque. Al punto da aver consumato le pareti e
svelato i filamenti di amianto. I pavimenti sono di plastica, incollati a terra con
il catrame. Nei piani bassi invece le mura sono segnate dall'umidità che sale .
Almeno così sembra a prima vista.
Ci spiegano che invece sono i pozzi neri, situati proprio sotto gli appartamenti, a
esalare e impregnare i pannelli usati come pareti fino a 1,5mt di altezza. La puzza è
di fogna. Il colore dei parati, messi posticcio per dare una sembianza di ospitalità,
è marrone scuro. Erano bianchi. A terra c'è l'acqua delle fogne. I topi sguazzano
ovunque. C'è chi ha tappato tutti i buchi dei sanitari e di notte chiude la porta del
bagno a chiave per paura. «Sono dei bambini, non sono topi».
Appena qualche mese fa i pozzi neri sono esplosi e i liquami fognari si sono
infiltrati nelle condotte dell'acqua. «Dai lavandini, dai rubinetti, dai lavelli
della cucina uscivano escrementi, urina, persino pezzi di carta igienica. Molti di
noi sono dovuti andare in ospedale ma non è cambiato niente» ci spiegano le donne del
quartiere sul quale, come se non bastasse, si posa ovunque la polvere metallica delle
ciminiere dell'Ilva.
Da queste parti i tecnici comunali o dell'istituto case popolari (comproprietari
degli stabili) li vedono di rado. Anche loro hanno rinunciato a metterci mano. «Hanno
una qualità costruttiva talmente bassa che è impossibile recuperare, sono al di sotto
di qualsiasi standard abitativo, andrebbero solo abbattuti» rivela l'architello Rocco
Alberto Cerino dello Iacp di Taranto. Dieci anni fa pareva fosse la volta buona per
mettere fine a questa vergogna e dare una speranza anche alle 2500 persone cui spetta
di diritto una casa popolare a Taranto. Invece, inspiegabilmente, i fondi destinati
per l'abbattimento e la ricostruzione sparirono.
Al comune arrivò la magistratura. Mise sotto sequestro l'ufficio Casa del Comune. Le
indagini sono in corso. Allo scippo di questi soldi, all'abbandono del quartiere da
parte dello Stato è corrisposta l'avanzata della criminalità che in alcuni di queste
case ha stabilito la propria centrale dello spaccio di droga. La notte scatta il
coprifuoco mentre le abitazioni dei boss vengono sorvegliate da pastori tedeschi e
vedette a ogni angolo. Durante un blitz delle forze dell'ordine sono stati trovati
persino dei mitra. Un degrado talmente surreale da far credere ad alcuni ragazzi del
quartiere che un giorno qualcuno verrà a girare un film «...perché - ci dicono dietro
le telecamere - una vita così o è
fatta per diventare un film o è una vita
bruciata».
Antonio Crispino
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