venerdì 14 settembre 2018

Ancora denunce sul piano "ambientale" della Mittal

Assennato: "...tutti sanno che il rischio per gli abitanti del quartiere Tamburi è dovuto alle emissioni diffuse e fuggitive, quelle che provengono dai parchi e dalle cokerie. L'aver ristretto il campo solo alle emissioni convogliate è davvero strano..."
Marescotti: "... Di Maio considera solo le emissioni convogliate ma non considera leemissioini diffuse che sono la vera ragione per cui la popolazione dei Tamburi è in pericolo... Con l'aumento della produzione a 8 milioni di tonnellate annue, senza dover necessariamente mettere a norma, gli impianti che generano le emissioni diffuse e fuggitive, le cokerie, i parchi minerali, il Grf, gli scarichi idrici, i certificati antincendio delle aree più pericolose, una fetta della popolazione sarà esposta ad un rischio cancerogeno inaccettabile, come documentato dalla Vds di Arpa Puglia...".

Il piano ambientale, esaltato da Di Maio e dai sindacati per i "miglioramenti", in realtà, come abbiamo già detto, non solo non risolve i problemi di inquinamento, ma in più mette delle zeppe che diventano oggettivamente degli ostacoli definitivi per il futuro.

Sull'ambiente e le bonifiche della fabbrica non c'è un piano per l'utilizzo delle migliori tecnologie a livello mondiale per salvaguardare l'ambiente (eppure la ArcelorMittal è la più grande e diffusa nel mondo multinazionale dell'acciaio); si interviene sugli interventi ordinari e previsti anche dai tempi di Riva, dalle ultime Aia, ma non su una ristrutturazione ammodernamento di impianti, su una ricoversione del sistema produttivo.
Su questo ci sono al massimo impegni generici e lontani, vedi decarbonizzazione, utilizzo del gas; che però si vanno a scontrare con i soldi che si stanno utilizzando per gli interventi che oggettivamente vanno in senso contrario; vedi ristrutturazione degli attuali altiforni che restano a carbone,
Sembra difficile che una volta spesi migliaia e forse milioni per questi interventi di "miglioramento" dello status quo, poi vi sia la cessazione del sistema produttivo a carbone.
Quindi, anche e soprattutto sul piano ambientale, non è affatto l'accordo che può dare risposte, ma solo la lotta della popolazione di Taranto e degli operai che hanno detto no.

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