giovedì 27 settembre 2018

GIOVEDI' ROSSI - GLI SCRITTI STORICI DI MARX -"LE LOTTE DI CLASSE IN FRANCIA" - 2° parte

Qui Marx spiega come il proletariato, gli operai si trovano nella storia della lotta di classe a divenire il soggetto principale di una rivoluzione (borghese), di cui è protagonista ma che non gli appartiene.
Questo testo mostra la necessità, tutt'oggi, del proletariato, per non essere utilizzato al servizio di interessi di potere delle classi borghesi, di costruire la sua autonomia da tutte le altre classi, attraverso la sua organizzazione, programma e lotta indipendente. 

La prima parte del testo riguarda gli avvenimenti che vanno dal febbraio a giugno ‘48 – il sottotitolo di Marx è “La disfatta del giugno 48” - egli racconta, descrive come il potere borghese fosse nelle mani essenzialmente di una frazione di essa, l’aristocrazia finanziaria ("D'ora innanzi regneranno i banchieri" diceva il banchiere liberale Laffitte), per cui il "disavanzo dello Stato era... il vero e proprio oggetto della sua speculazione e la fonte principale del suo arricchimento". 

In questa situazione la principale opposizione in seno al potere borghese era la borghesia industriale, e tutte le altre classi e i loro esponenti non potevano che muoversi dentro questa dinamica principale del contrasto di classe.
Marx dice che quando si sviluppò questo contrasto, "la piccola borghesia in tutte le sue gradazioni e ugualmente la classe dei contadini erano del tutto escluse dal potere politico". Vale a dire, essi facevano parte dell’opposizione ufficiale, ne erano i rappresentanti, ma non ne erano i gestori. Queste classi diverranno protagoniste della lotta per il potere politico solo quando saranno spinte dal proletariato, ma una volta che questa spinta del proletariato si esercita, essi non potranno che essere
gli strumenti del conflitto reale per soffocare le aspirazioni e la lotta del proletariato.

Al centro del conflitto si pose l’indebitamento dello Stato e il disavanzo dello Stato, come uscirne, a chi farlo pagare. Marx continua: "Ogni anno un nuovo disavanzo. Dopo quattro o cinque anni un nuovo prestito offriva all'aristocrazia finanziaria una nuova occasione di truffare lo Stato che, mantenuto artificiosamente sull'orlo della bancarotta, era costretto a contrattare coi banchieri alle condizioni più sfavorevoli. Ogni nuovo prestito era una nuova occasione di svaligiare il pubblico... In generale la situazione instabile del credito pubblico e il possesso dei segreti di Stato offrivano ai banchieri e ai loro affiliati nelle Camere e sul trono la possibilità di provocare delle oscillazioni straordinarie improvvise, nel corso dei titoli di Stato; e il risultato costante di queste oscillazioni non poteva essere altro che la rovina di una massa di capitalisti più piccoli e l'arricchimento favolosamente rapido dei giocatori in grande".

Questa era la manifestazione pratica del conflitto interborghese. Ogni riforma in questo senso "naufragava davanti all’influenza dei banchieri" Era l’aristocrazia finanziaria che "faceva le leggi, dirigeva l’amministrazione dello Stato, disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati, dominava l’opinione pubblica coi fatti e con la stampa in tutti gli ambienti".
Questo dominio esclusivo che Marx bolla: “non è altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommità della società borghese”, doveva essere rotto dalla borghesia industriale che vedeva compromessi i propri interessi, dalla piccola borghesia che era moralmente sdegnata, dalla classe dei contadini che ne era oppressa e taglieggiata. 

"Lo scoppio del malcontento generale, il passaggio dal disagio alla rivolta venne infine accelerato  da due avvenimenti economici mondiali": la malattia delle patate e i cattivi raccolti, la crisi generale del commercio e dell’industria di provenienza inglese. Questo precipitare della crisi chiamò alla mobilitazione tutto il malcontento del popolo e dentro di esso l’ascesa in campo della classe operaia, che presente in forme assolutamente minoritaria nella società politica, con due soli rappresentanti, si trova, però, una volta chiamata in campo, a divenire il soggetto principe di una rivoluzione di cui è protagonista ma che non le appartiene. 
Scrive Marx: "Il proletariato, imponendo la repubblica al governo provvisorio e, attraverso il governo provvisorio, a tutta la Francia, occupava d'un colpo il centro della scena come partito indipendente, ma in pari tempo gettava una sfida a tutta la Francia borghese. Ciò che esso aveva conquistato era il terreno della lotta per la propria emancipazione rivoluzionaria, ma non era certamente questa emancipazione". 
"Come gli operai nelle giornate di luglio avevano conquistato la monarchia borghese, così nelle giornate di febbraio conquistarono la repubblica borghese", che "fece finalmente apparire senza veli il dominio della borghesia, poichè abbattè la corona, dietro alla quale si era nascosto il capitale".

Che non fosse questa l'emancipazione rivoluzionaria del proletariato, Marx lo spiega ulteriormente con la battaglia sul lavoro: "Marche, un operaio, dettò il decreto con cui il governo provvisorio appena costituito si obbligava ad assicurare mediante il lavoro l'esistenza dei lavoratori, a provvedere lavoro a tutti i cittadini, ecc. E allorquando, pochi giorni più tardi, il governo dimenticò le sue promesse e sembrò aver perduto di vista il proletariato, una massa di 20 mila operai marciò sull'Hôtel de Ville al grido di Organizzazione del lavoro! Costituzione di uno speciale ministero del lavoro! Riluttante e dopo lunghe discussioni, il governo provvisorio nominò una commissione speciale permanente incaricata di trovare i mezzi per il miglioramento delle classi lavoratrici!... Come sala per le riunioni venne assegnato il Lussemburgo. Così i rappresentanti della classe operaia venivano banditi dalla sede del governo provvisorio... non era a loro disposizione nessun bilancio, nessun potere esecutivo. Con la loro testa essi dovevano abbattere i pilastri fondamentali della società borghese. Mentre il Lussemburgo cercava la pietra filosofale, nell'Hôtel de Ville si batteva la moneta a corso legale...
Gli operai avevano fatto insieme con la borghesia la rivoluzione di febbraio; accanto alla borghesia essi cercavano di far valere i loro interessi, allo stesso modo che nel governo provvisorio stesso avevano istallato un operaio accanto alla maggioranza borghese. Organizzazione del lavoro! Ma il lavoro salariato è l'attuale organizzazione borghese del lavoro. Senza di esso non vi è né capitale, né borghesia, né società borghese. Un proprio ministero del lavoro! Ma i ministeri delle finanze, del commercio, dei lavori pubblici, non sono forse i ministeri borghesi del lavoro? Accanto ad essi un ministero proletario del lavoro non poteva non essere che un ministero dell'impotenza, un ministero dei pii desideri, una commissione del Lussemburgo"

Quindi, le parole d’ordine del proletariato erano quelle che favorivano oggettivamente la borghesia, ma il proletariato, per illusioni, idee, progetti, non ne è consapevole. Quando la borghesia sarà divenuta nella dinamica dello scontro sufficientemente forte per imporre il suo dominio, ridimensionando ma non cancellando l’aristocrazia finanziaria, apparirà nudo e crudo che per la borghesia il nemico principale è ed è divenuto il proletariato in rivolta.
(CONTINUA)

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