Ilva: salvaguardata tutta l’occupazione, ma l’Italia perde un pezzo del suo patrimonio industriale
L'entusiasmo con cui Usb di Taranto e nazionale ha accolto l'accordo Ilva è quantomeno imbarazzante, supera di gran lunga quello dei sindacati confederali e lo stesso commento di Di Maio.
Vuole subito proporsi agli acchi del nuovo padrone, come sindacato più responsabile?
Per sostenere questo "più che positivo" commento, l'Usb deve anche ricorrere al falso. abbiamo sottolineato le cose meno vere riportate dal loro comunicato.
Ma per capirci: non è affatto vero che Mittal "ha accettato le condizioni poste dall'Usb", l'Usb nel Tavolo ultimo dell'accordo neanche c'era, è stata tenuta fuori (ma di questo, stranamente, l'Usb che tanto in passato ha strillato per non convocazioni ad alcuni Tavoli a Roma, ora non ha detto una parola...; non è vero che c'è la "salvaguardia integrale dell'occupazione", i circa 2500 operai in cigs non sono assunti dalla Mittal, sono tenuti in Amministrazione controllata, i lavoratori dell'appalto sono ancora a rischio, e verso tanti operai diretti vi sarà la pressione dell'incentivo all'esodo; il piano di ambietalizzazione non è "significativamente migliorato", vi è soprattutto un'anticipazione dei tempi - comunque sempre troppo lunghi per la salute e la vita delle persone e dei lavoratori - ma siamo all'anno zero ancora per quanto riguarda l'utilizzo delle tecnologie di produzione più avanzate e più di salvaguardia per la salute.
Anche le flebili critiche fatte dall'Usb alla fine del comunicato: "si perde un pezzo importante del patrimonio industriale del nostro Paese", sono "stupide" (il capitale è da decenni e decenni che è globalizzato. Non lo sa l'Usb?), ma pregne di un nazionalismo, che di fatto fa coincidere gli interessi degli operai (per cui ogni capitalista è sfruttatore, sia esso indiano, italiano) con l'interesse del padronato italiano, cosa assolutamente da combattere per una posizione e lotta di classe. Così può parlare solo l'aristocrazia operaia...
IL COMUNICATO DELL'USB
Arcelor Mittal questa notte ha dovuto accettare le condizioni che come Unione Sindacale di Base abbiamo posto per la chiusura dell’accordo sindacale sull’acquisizione del gruppo Ilva.
Abbiamo ottenuto la salvaguardia integrale dell’occupazione, il mantenimento di tutti i
diritti acquisiti retributivi e di legge, in particolare il mantenimento dell’articolo 18 a tutela dei licenziamenti discriminatori. Quindi a tutti i lavoratori assunti da Arcelor Mittal non verrà applicato il Jobs Act. Nessun lavoratore di Ilva verrà licenziato, nessuno uscirà dalla fabbrica contro la sua volontà.
Abbiamo ottenuto un Piano di Ambientalizzazione significativamente migliorato rispetto a quello contenuto nel contratto di cessione sottoscritto dall’ex ministro Calenda per il precedente governo.
Tuttavia non dobbiamo nasconderci che con la cessione del gruppo Ilva il nostro Paese perde un pezzo importante del suo patrimonio industriale, che finisce nelle mani di una multinazionale. Continuiamo a pensare che la nazionalizzazione di un settore strategico dell’economia nazionale come la produzione dell’acciaio sia l’unica strada per coniugare lavoro, diritti, salari, politiche industriali e ambientalizzazione.
Per queste ragioni, se diamo un giudizio più che positivo sui contenuti dell’accordo sindacale, non possiamo che essere insoddisfatti per un’operazione di cessione dell’acciaieria più grande d’Europa, un’operazione che contribuisce alla progressiva spoliazione del nostro patrimonio industriale. La battaglia di USB per un nuovo impegno diretto dello Stato nell’economia non è finita.
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