lunedì 10 settembre 2018

No all'Accordo ILVA - Arcelor Mittal/Governo Di Maio/Salvini/sindacati CGIL/CISL/UIL/USB

Volantino diffuso agli operai Ilva Taranto 11 settembre 2018

IL NO ALL’ACCORDO DEL 6 SETTEMBRE E’ LA BASE DA CUI RIPARTIRE NELLA 
NUOVA FASE

Dopo la lunga, estenuante sceneggiata fatta dall’ingannapopolo Di Maio, viene imposto un accordo e un referendum inutile senza che i lavoratori possano discuterlo realmente in assemblee fatte in fretta e furia e senza poter realmente conoscere e valutare con un contraddittorio i punti precisi dell’accordo
Pur riconoscendo che l’accordo è migliorativo rispetto a quello che si paventava nei giorni passati, l’accordo resta negativo, non tutela il lavoro per tutti, le condizioni di lavoro e il piano ambientale necessario, non è neanche quello che i sindacati confederali, Usb compreso, avevano promesso con parole ambigue ma che ora, di fronte all’accordo, diventano più chiare.

I lavoratori chiedevano che tutti gli operai fossero assunti dall’ArcelorMittal. Risultato: a Taranto solo 8200 saranno gli operai assunti da ArcelorMittal. Tutti gli altri, circa 2.800, restano nel calderone dell’Amministrazione Straordinaria, per essere usati in non ben chiari lavori di bonifica o peggio in attività assistenzialie sociali, con entrata nel girone dei “corsi di fomazione” e con l’unica garanzia della cigs, e una garanzia generica di rientro fino ad ottobre 2025 in ArcelorMittal.
Quindi, gli esuberi ci sono eccome! La serie A e B c’è eccome!

La scelta di chi sta in ArcelorMittal e chi è fuori è fatta unicamente secondo criteri lasciati alla discrezione ed esigenze della Mittal, cosa che non mette assolutamente gli operai nelle stesse possibilità di effettiva assunzione.
Mittal procederà alle assunzioni ex novo, previo periodo di distacco di 3 mesi, salvaguardando sì
livelli, salari acquisiti e diritti (art.18) - questa garanzia, però, non vale per gli assunti post legge Jobs act - ma obbligando alla sottoscrizione di un verbale di conciliazione, con cui i lavoratori rinunciano ad ogni rivendicazione di continuità giuridica, normativa ed economica nei due rapporti di lavoro e ad ogni eventuale spettanza non ricevuta dall’Ilva AS.
E’ inutile dire che nell’accordo, nonostante alcuni sindacati avevano strillato su questo, nulla è previsto per gli operai dell’appalto che rischiano di essere buttati a mare e sostanzialmente messi in concorrenza con i lavoratori che resteranno in AS sui fumosi lavori di bonifiche.
Sulle condizioni di sicurezza nulla di nuovo e di più; si recepiscono unicamente gli accordi sulla “salvaguardia degli impianti” in corso con l’AS che, tutti sanno, finora non hanno evitato incidenti e infortuni, anche mortali.
Circa l’esodo “volontario”, la linea da noi indicata era tutt’altra: riconoscimento pensionistico (25 anni bastano) per i lavoratori della siderurgia e di Taranto in particolare per i danni subiti e certificati da tutti i rapporti sulla salute e sicurezza e dalle inchiesta giudiziarie, fermo restando la grave questione dell’esposizione amianto che avrebbe permesso il prepensionamento di un numero rilevante di lavoratori. Quindi, un diritto dei lavoratori, da conquistare e non una manciata di soldi, che sono 100mila euro solo fino al 31.1.19, ma negli anni diventano sempre meno fino a diventare 15mila euro dall’1.7.23, soldi che non servono neanche a pagare i mutui che gli operai hanno.
Sul futuro salariale, è rimasta tutta la questione del Premio di risultato (PdR), su cui nei mesi passati le OO.SS.tutte avevano bloccato la trattativa; come dice l’accordo, nel 2019 si avvierà la negoziazione, per poterlo riavere solo nel 2021; ma si dice esplicitamente che esso dipenderà unicamente da criteri indicati dall’azienda e riconosciuti in maniera servile dai sindacati firmatari, Usb compresa. Verrà erogato solo se l’utile Mittal va bene, se la produttività/qualità fino all’“attenzione del cliente” vanno bene e, cosa inaccettabile, non verrà dato se non saranno salvaguardati gli impianti, scaricando così sugli operai lo stato di essi e gli incidenti - questo vale anche per l’una tantum del 3%. Chi può giurare che così prenderà soldi?
La parte ambientale del ‘piano Mittal’ è nettamente giudicata insufficiente da parte dei soggetti che stanno pagando sulla propria pelle il disastro ambientale Ilva. Se questo accordo aumenta il contrasto tra operai e masse “inquinate” della città, perdono gli operai e i cittadini, vincono padroni e governo al loro servizio.
Noi siamo contro la chiusura dell’Ilva perchè senza gli operai in fabbrica e senza la loro lotta l’Ilva muore restando un disastro ecologico come Bagnoli e Taranto resta non risanata. Ma l’accordo non tutela nè gli operai nè la città.

E’ evidente, quindi, che le ragioni del NO sono le ragioni degli operai che non vogliono essere ricattati e vogliono ragionare con la propria testa, per cominciare a cambiare strada nella nuova fase che si apre.
Ottenere gli obiettivi che noi ponevamo e poniamo, richiedeva una lotta dura dei lavoratori, cosa che i sindacati confederali, Usb compresa, non hanno voluto fare, e certamente è mancata, nonostante i nostri appelli, la volontà degli operai di farla. Ma senza lotta non si possono ottenere risultati veramente necessari nè ora nè in futuro.

Circa il futuro di ArcelorMittal, esso è indubbiamente legato alla ripresa del mercato mondiale dell’acciaio e al ruolo in esso della Mittal in un quadro caratterizzato da una crisi mondiale della siderurgia e dalla guerra commerciale, acutizzata dal protezionismo Usa/Trump, e dalla concorrenza mondiale, India (da cui proviene Mittal) compresa.
E se è vero che Mittal voleva in questa guerra fortemente l’Ilva e non aveva nessun intenzione di andarsene, come invece avevano fortemente agitato Confindustria e governo Renzi/Calenda, è anche vero che la continuità lavorativa dell’Ilva è legata alla capacità di fare profitto della Mittal. E il profitto della Mittal non coincide con gli interessi dei lavoratori siderurgici, basti pensare che per prendere l’Ilva si stanno buttando a mare operai siderurgici di altri paesi, operai come voi. Oggi tocca a loro, ma se per Mittal le cose non andranno bene, toccherà a voi, e non vi sarà accordo che tenga.
Il profitto dei padroni dipende dal minor salario dei lavoratori, dal plusvalore estorto con lo sfruttamento e dai minor soldi per sicurezza e ambientalizzazione. Mittal così fa ovunque esiste, dall’India al mondo intero.
Ma nello stesso tempo la difesa degli interessi degli operai si trova oggi a pesare in questo scenario mondiale, nella realtà aziendale più grande del mondo, in oggettivo legame internazionale con migliaia e migliaia di operai. Questo è un punto di debolezza per i padroni e un punto di forza e di fiducia degli operai nel peso e possibilità della lotta.

Noi invitiamo a dire NO, e non ad astenersi, perchè servono operai che non accettano lo stato di cose esistenti, hanno il coraggio e la coscienza per dire NO, e perchè pensiamo che anche dal numero di NO dipenda la base per ripartire e per ricostruire un autentico sindacato di classe in fabbrica.

Fim, Fiom, Uilm non lo erano e non lo sono. L’Usb diceva di essere diverso, poi in realtà ora è più realista del re, entusiasta dell’accordo e dei padroni e governo che l’hanno firmato. L’Flmu/Cub fa solo confusione, è parte del fronte della chiusura della fabbrica e quindi in nessuna maniera può rappresentare gli interessi di classe dei lavoratori.

SLAI COBAS per il sindacato di classe 
v. Rintone, 22 TA - 3475301704 - slaicobasta@gmail.com

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