martedì 11 settembre 2018

ILVA - I SOCIALSCIOVINISTI SI SPRECANO...

In alcuni commenti all'accordo Ilva (di cui riportiamo sotto stralci) è significativo vedere come viene fuori - sia pure a volte da differenti sponde a sinistra - soprattutto l'humus sciovinista. Il problema sarebbe che è stato venduto un importante pezzo produttivo strategico dell'Italia ad una multinazionale straniera. Come si dice: "gratta, gratta... dietro il comunista c'è l'anima del borghesuccio" che difende il suo "paese" (imperialista, che è altrettanto presente con le sue multinazionali negli altri paesi). 
E quindi si "piange" sulla mancata "nazionalizzazione" che sarebbe stata unica soluzione. 
Ora, questo detto nella realtà dell'Ilva, sembra "fare dello spirito al funerale". Lo sanno che in 56 anni di vita del siderurgico di Taranto, ben 39 è stato in mano pubblica, e solo 17 in mani private? E che in questi 39 anni, ante e post Riva, l'attacco al lavoro, ai salari, ai diritti, alla salute e alla vita degli operai è stato anche peggio che sotto Riva? Lo sanno che l'intervento ultimo dello Stato ha voluto dire ben 12 decreti di vari governi, a tutela solo della produzione e del profitto?
Ma il "meglio" nella valutazione dell'accordo (oltre l'entusiasmo imbarazzante dell'Usb) lo dà, per il momento, Potere al popolo, che scrive di "evidente miglioramento rispetto alle condizioni proposte dal precedente governo e da Arcelor Mittal, che parla di "salvaguardia di tutti i lavoratori", ecc. (su questo consigliamo di leggere attentamente il testo dell'accordo, ma soprattutto sentire gli operai più avveduti dell'Ilva e la popolazione "inquinata" di Taranto); prendendo poi delle vere e proprie cantonate, per cui questi "miglioramenti" sarebbero il risultato della "lotta dei lavoratori contro i licenziamenti".  La "lotta dei lavoratori"? Ma se proprio la mancata lotta dei lavoratori è stato il problema centrale nella vicenda Ilva. Dopo i due anni caldi (2012-2013), dall'avvio della trattativa romana vi è stato solo 1 sciopero, il 9 ottobre 2017. Se gli operai fossero scesi in lotta, stavamo parlando di fatti diversi nella lotta di classe. 
Così è grottesca la descrizione di "Piattaforma Comunista" della attuale "declino" dell'imperialismo italiano - e stiamo parlando dell'8° potenza imperialista... - che ne fa quasi un paese neocoloniale, rapinato da "gruppi stranieri". 
Così le uniche critiche all'accordo dell'Usb sono sul fatto che il nostro paese "finisce nelle mani di una multinazionale". 
Abbiamo i difensori d'ufficio delle'imperialismo italiano. Alcuni dei quali sulle "nazionalizzazioni" da parte dello Stato imperialista italiano, ci fanno anche una manifestazione.
Ma questo, cari compagni, si è sempre chiamato e si chiama "socialsciovinismo", che in  tempi di ascesa del moderno fascismo è quantomeno pericoloso, e rende gli operai pedine nella lotta interimperialista, "nazionalisti" invece che internazionalisti.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe ha invece scritto nel volantino sull'accordo Ilva: "...nello stesso tempo la difesa degli interessi degli operai si trova oggi a pesare in questo scenario mondiale, nella realtà aziendale più grande del mondo, in oggettivo legame internazionale con migliaia e migliaia di operai. Questo è un punto di debolezza per i padroni e un punto di forza e di fiducia degli operai nel peso e possibilità della lotta". 
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Potere al Popolo - considera che nonostante il risultato sindacale,  all’Ilva ci sia stata una sconfitta per il sistema industriale e produttivo del paese, con la cessione  alla multinazionale Arcelor Mittal...
L’accordo sindacale stipulato per l’Ilva è un evidente miglioramento rispetto alle condizioni proposte
dal precedente governo e da ArcelorMittal. La piena salvaguardia per tutti i lavoratori del gruppo, il mantenimento delle condizioni salariali e normative, compreso l’articolo 18, sono risultati prima di tutto della lotta dei lavoratori contro i licenziamenti e contro il ricatto della multinazionale sulle condizioni di lavoro...
...E l’accordo non nasconde il fatto gravissimo che un altro pezzo fondamentale del patrimonio industriale del paese finisce in mano alle multinazionali... La sola soluzione in grado di affrontare davvero tutti gli aspetti della crisi Ilva avrebbe dovuto essere la nazionalizzazione del gruppo, in quanto sono  di rilevante interesse pubblico sia la salvaguardia di 14000 posti di lavoro in una provincia con il 40% di disoccupazione, sia il mantenimento di una  produzione strategica, sia il risanamento di una ambiente devastato e reso nocivo e omicida... Potere al Popolo! non si rassegnerà mai ad accettare come inevitabile la contrapposizione tra la perdita del posto di lavoro e la perdita della salute , sulla quale invece finora si é dolorosamente svolta tutta la crisi Ilva. Che inequivocabilmente dimostra la necessità delle nazionalizzazioni, dell’intervento pubblico, di una politica che intervenga sull’economia per costruire un altro modello di sviluppo. Su questi temi si svolgerà la manifestazione nazionale del 20 ottobre a Roma per le nazionalizzazioni, che alla luce di quanto avvenuto all’Ilva conferma ed accresce tutte le sue ragioni. ” 
Piattaforma Comunista - ...La vicenda ILVA segna un altro capitolo del sistematico disfacimento del capitalismo monopolistico italiano, che perde settori e stabilimenti strategici, i quali finiscono nelle mani di gruppi stranieri.
Avanzano la colonizzazione finanziaria e industriale, il declino economico e culturale. Le decisioni che contano sono prese all’estero. L’imperialismo italiano, media potenza regionale, scivola sempre più in basso.
La borghesia italiana, corrotta, fradicia e responsabile della situazione, è in ritirata su tutti i fronti; dopo aver saccheggiato e rovinato il paese, lo porta al disastro...

USB - ...Tuttavia non dobbiamo nasconderci che con la cessione del gruppo Ilva il nostro Paese perde un pezzo importante del suo patrimonio industriale, che finisce nelle mani di una multinazionale. Continuiamo a pensare che la nazionalizzazione di un settore strategico dell’economia nazionale come la produzione dell’acciaio sia l’unica strada per coniugare lavoro, diritti, salari, politiche industriali e ambientalizzazione...

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