Come già abbiamo detto l'11 aprile, per concludere il ciclo della Formazione Operaia su “Le lotte di classe in Francia” di Marx, continuiamo a pubblicare interventi di operai, lavoratori, donne che stanno partecipando agli incontri di studio.
Questo giovedì riportiamo interventi/dibattito avvenuti nelle riunioni del circolo operaio di Bergamo - L'abbiamo diviso in due parti, oggi pubblichiamo la prima parte, il prossimo lunedì la seconda.
Qui, dopo un intervento dei compagni di proletari comunisti per mettere in luce i passaggi principali del testo di Marx, si è svolto un vivace dibattito, con vari interventi degli operai.
Al di là del merito della discussione, ciò che vogliamo sottolineare è l'approccio degli operai in questa esperienza di Formazione operaia, che è nuova, che è controcorrente, che non è scontata, con aspetti positivi e limiti inevitabili, ma che serve a tutti i lavoratori, lavoratrici che hanno coscienza di classe per prendere nelle loro mani la scienza di parte proletaria.
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“Le lotte di classe in Francia” è il primo tentativo di spiegare da un punto di vista di classe e con una concezione materialistica quello che è successo nella storia.
Marx spiega come gli operai si trovano nella storia della lotta di classe a divenire il soggetto principale di una rivoluzione (borghese), di cui è protagonista ma che non gli appartiene.
Quindi, la necessità per il proletariato di costruire una sua autonomia da tutte le altre classi, attraverso la sua organizzazione, il suo programma e lotta indipendente.
Inquadriamo brevemente il periodo storico. E' il 1848 periodo che ha sconvolto mezza Europa
percorsa da moti rivoluzionari; per la Francia è il terzo, dopo il 1830 e prima il 1789 con la presa della Bastiglia. Periodo di crisi e speculazioni, con la stessa borghesia industriale che non vedeva di buon occhio il governo dell'aristocrazia finanziaria che distraeva risorse pubbliche per i suoi interessi specifici e non lasciava risorse per quello che i padroni volevano per i loro affari.
Il 22 febbraio del '48 ci fu una prima rivolta, Luigi Filippo, il monarca dell’epoca, rinunciò a soffocarla con le armi e abdicò dopo due giorni, il 24 febbraio; si instaurò un governo provvisorio rivoluzionario, e il 4 maggio venne dichiarata la 2° Repubblica.
Questo passaggio fu fatto da forze politiche eterogenee che avevano abbattuto la monarchia, ma si scontrarono subito sul campo delle riforme sociali. Il governo conservatore uscito dalle elezioni del 23 aprile non aveva intenzione di accettare le richieste degli operai parigini che insorsero di nuovo il 23 giugno. La loro rivoluzione fu repressa nel sangue dal generale Cavaignac, e il governo, confermando la sua natura antioperaia, abolì la libertà di stampa, di critica, abolì la libertà di sciopero, pose il divieto di critica del governo, sciolse i club pubblici che non erano altro che forme di organizzazione degli operai.
Dal febbraio al giugno 1848 siamo in una fase iniziale in cui il potere borghese è nelle mani della frazione dell’aristocrazia finanziaria: i banchieri, che, attraverso il disavanzo dello Stato, attraverso la speculazione, traggono la fonte principale del loro arricchimento.
In questa situazione la principale opposizione era la borghesia industriale e tutte le altre classi non potevano che muoversi dentro questa dinamica principale del contrasto di classe, tra borghesia finanziaria e borghesia industriale.
Piccola borghesia e contadini erano del tutto escluse dal potere politico e queste diverranno protagoniste solo spinte dal proletariato. Ma una volta che la spinta del proletariato si esercita, essi non potranno che essere gli strumenti del conflitto reale per soffocare le aspirazioni e la lotta del proletariato.
Al centro del conflitto vi era l’indebitamento dello Stato e il disavanzo dello Stato; questo portava alla rovina una massa di capitalisti più piccoli e l’arricchimento dei banchieri. Ogni riforma naufragava davanti all’influenza dei banchieri; era l’aristocrazia finanziaria che "faceva le leggi, dirigeva l’amministrazione dello Stato, disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati, dominava l’opinione pubblica coi fatti e con la stampa in tutto gli ambienti.”
Questo dominio doveva essere rotto dalla borghesia industriale che vedeva compromessi i propri interessi, dalla piccola borghesia che era moralmente sdegnata visto che la finanza campava sulla miseria della popolazione e dalla classe dei contadini che ne era repressa e taglieggiata.
Dagli interventi degli operai:
Questo ci fa capire che con il controllo della macchina del potere le cose cambiano velocemente. Ad esempio, una cosa è quando un Salvini diceva le cose come capo del partito di opposizione, altra cosa è quando le dice come ministro degli interni, le dinamiche cambiano rapidamente e i passaggi diventano più veloci.
Quanto descritto da Marx rispecchia le dinamiche attuali. Miseria della popolazione vuol dire che le risorse dello Stato non vengono spese al servizio delle masse ma vanno in altra direzione; l’entità del gettito fiscale non viene messo per sviluppare per esempio la sanità ma va alle banche, i soldi vengono usati per comprare gli F35 o per inviare i militari in Libia a difesa degli interessi dei padroni che vogliono il petrolio a basso prezzo, ecc.
La borghesia insegna la sua storia. Una volta si era ignoranti mentre adesso che c’è istruzione e si è più ignoranti di allora. Il problema è che anche l’istruzione è di parte, oggi sono i padroni direttamente che sono nelle scuole in varie forme (ultimo scuola-lavoro).
Oggi la scuola non vuole insegnare vuole inquadrare come delle pecore, la scuola è programmata a livello borghese, in riga e niente spirito critico.
Ma avrai una tua testa che ti faccia capire ad esempio il perché succede una guerra?
Per la classe operaia un altro punto importante da comprendere è quando Marx spiega che non è attraverso la vittoria che il proletariato impara, ma è attraverso sconfitta che si attrezza per fare veramente la guerra.
Ad esempio, nel libro c’è il passaggio dell’Assemblea provvisoria: gli operai si illudono e chiedono il Ministero del lavoro, che fino a quando c’è il capitalismo è il ministero dello sfruttamento del lavoro salariato degli operai. Infatti quello che gli viene concesso è un vero e proprio ministero dell’impotenza, il Ministero del Lussemburgo, relegato fuori dal potere esecutivo, che quindi non può decidere nulla…
Marx mette in guardia che non ci sono facili soluzioni e che la vittoria può venire solo imparando dalle sconfitte, liberandosi delle illusioni. Il proletariato era andato al seguito della borghesia, e pur avendo una forza e avendo giocato un ruolo per la rivoluzione, gli operai erano stati solo usati come spinta; nonostante ciò si illudono che quel ministro o ministero possa servire alla causa degli operai, ma la società borghese è fondata sullo sfruttamento degli operai e di conseguenza il governo fa le leggi per mantenere questo sfruttamento.
Certo oggi ottieni qualcosa, domani lo perdi, ma tutti vediamo che oggi è peggio di 20 anni fa, il padrone comanda tu vai al lavoro e quando torni a casa distrutto fai fatica a campare con lo stipendio che ti danno. Qui c’è il problema di chi si illude che in questa società ci possa essere una soluzione. (CONTINUA)
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