(Già pubblicato il 10 marzo) - L'emergenza
ambientale si può affrontare con la lotta generale che coinvolga tutte
le masse popolari dei quartieri inquinati, gli operai
dell'ArcelorMittal, i cassintegrati Ilva AS buttati fuori.
Senza questa unità non si può vincere. Ogni tentativo, qualunque siano le giustificazioni, di contrapporre lavoro e salute, di dividere le masse dei quartieri inquinati dagli operai, danneggia la lotta e la porta in un vicolo cieco. E' percorrere la strada che si è già percorsa in questi anni dal 2012 e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: niente lavoro, niente salute, niente ambientalizzazione, nè bonifiche.
I responsabili della situazione hanno un nome e cognome: innanzitutto i padroni e il loro sistema fondato sul profitto; i governi, prima tutti con Riva, poi tutti con i commissari, ora tutti con Mittal, fino all'ignobile ingannapopolo Di Maio; le Istituzioni locali, dalla Regione che pure si fa paladina di questa battaglia con proposte improvvisate, spesso demogogiche, affrontando problemi giusti con metodi sbagliati, infine l'amministrazione locale, Melucci, innanzitutto assente - c'è voluta la mezza rivolta in corso perchè l'8 marzo incontrasse realmente una delegazione della manifestazione, mentre in altre città, anche qui vicino, sono spesso i sindaci che si mettono alla testa della protesta.
Circa, poi, gli Enti di controllo, noi non partecipiamo alla guerra dei dati, i corsiddetti "dati scientifici" hanno già dimostrato in questi anni una scienza e dei dati al servizio della produzione e del profitto. I dati alternativi, necessari e indispensabili in questa battaglia, non sono però tutto; se non si affronta il problema alla radice e la radice, lo diciamo e lo ripetiamo, il sistema capitalista in cui viviamo e in cui la produzione è al servizio del profitto e produce sempre sfruttamento, attacco alla sicurezza, alla salute, ai territori - anche se si produce gas o cioccolatini. Nocivo è il capitale e non la fabbrica, nocivo è lo sfruttamento e l'inquinamento e non l'acciaio.
Comunque la piazza l'8 marzo ha parlato chiaro, le scuole vanno aperte, non chiuse, i bambini hanno diritto all'istruzione, a scuola si va per studiare non per ammalarsi, come in fabbrica si deve lavorare per vivere e non per morire.
L'incontro col Sindaco è una montagna che ha partorito un topolino. Una frasetta generica e ambigua sulla chiusura delle fonti inquinanti non può essere sbandierata come un risultato, quando nulla si fa realmente, per affrontare almeno un problema, quello della rimozione delle collinette ora che ci sono tutte le condizioni per affrontarlo e su cui tutti possono e devono fare la cosa giusta, la Procura, il sindacao, gli Enti di controllo, ArcelorMittal, il governo e nessuno può nascondersi dietro burocrazia, procedura, cavilli e numeri truccati. Le ordinanze devono e possono essere fatte ma per togliere le collinette e bonificare la zona.
Assediare il Comune, riempire le strade e le piazze dei Tamburi e di tutto il territorio inquinato, assediare il Tribunale, assediare la direzione dell'ArcelorMittal su un problema concreto di cui non può dire di non avere responsabilità ora che è padrone di questa fabbrica, comprese le collinette.
Gli operai dell'ArcelorMittal devono essere i primi a pretenderlo. E questa è la posizione dello Slai cobas per il sindacato di classe, nei confronti del silenzio complice di tutti i sindacati, che firmando l'accordo del 6 settembre hanno firmato la resa all'ArcelorMittal difendendo non gli interessi del lavoro ma del profitto e dello sfruttamento.
Esiste l'eterna formula dello "sciopero generale", del blocco della fabbrica e della città, a cui non si capisce perchè anche forze che si agitano in questo movimento sono contrari.
Le scuole devono riaprire, le collinette devono sparire!
L'emergenza sanitaria va affrontata con soluzione d'emergenza decise e condivise con le masse popolari, innanzittutto dei quartieri.
Il balletto e gli scontri di potere sulle bonifiche devono finire. Non si può parlare da più di sei anni di bonifiche e non fare nulla di concreto, mentre migliaia di operai buttati fuori da ArcelorMittal devono essere lasciati a casa o impegnati in ridicoli corsi di qualificazione.
Su queste cose si può vincere una battaglia parziale e reale e contribuire alla battaglia generale a cui solo una rivoluzione potrà dare la vera risposta.
Senza questa unità non si può vincere. Ogni tentativo, qualunque siano le giustificazioni, di contrapporre lavoro e salute, di dividere le masse dei quartieri inquinati dagli operai, danneggia la lotta e la porta in un vicolo cieco. E' percorrere la strada che si è già percorsa in questi anni dal 2012 e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: niente lavoro, niente salute, niente ambientalizzazione, nè bonifiche.
I responsabili della situazione hanno un nome e cognome: innanzitutto i padroni e il loro sistema fondato sul profitto; i governi, prima tutti con Riva, poi tutti con i commissari, ora tutti con Mittal, fino all'ignobile ingannapopolo Di Maio; le Istituzioni locali, dalla Regione che pure si fa paladina di questa battaglia con proposte improvvisate, spesso demogogiche, affrontando problemi giusti con metodi sbagliati, infine l'amministrazione locale, Melucci, innanzitutto assente - c'è voluta la mezza rivolta in corso perchè l'8 marzo incontrasse realmente una delegazione della manifestazione, mentre in altre città, anche qui vicino, sono spesso i sindaci che si mettono alla testa della protesta.
Circa, poi, gli Enti di controllo, noi non partecipiamo alla guerra dei dati, i corsiddetti "dati scientifici" hanno già dimostrato in questi anni una scienza e dei dati al servizio della produzione e del profitto. I dati alternativi, necessari e indispensabili in questa battaglia, non sono però tutto; se non si affronta il problema alla radice e la radice, lo diciamo e lo ripetiamo, il sistema capitalista in cui viviamo e in cui la produzione è al servizio del profitto e produce sempre sfruttamento, attacco alla sicurezza, alla salute, ai territori - anche se si produce gas o cioccolatini. Nocivo è il capitale e non la fabbrica, nocivo è lo sfruttamento e l'inquinamento e non l'acciaio.
Comunque la piazza l'8 marzo ha parlato chiaro, le scuole vanno aperte, non chiuse, i bambini hanno diritto all'istruzione, a scuola si va per studiare non per ammalarsi, come in fabbrica si deve lavorare per vivere e non per morire.
L'incontro col Sindaco è una montagna che ha partorito un topolino. Una frasetta generica e ambigua sulla chiusura delle fonti inquinanti non può essere sbandierata come un risultato, quando nulla si fa realmente, per affrontare almeno un problema, quello della rimozione delle collinette ora che ci sono tutte le condizioni per affrontarlo e su cui tutti possono e devono fare la cosa giusta, la Procura, il sindacao, gli Enti di controllo, ArcelorMittal, il governo e nessuno può nascondersi dietro burocrazia, procedura, cavilli e numeri truccati. Le ordinanze devono e possono essere fatte ma per togliere le collinette e bonificare la zona.
Assediare il Comune, riempire le strade e le piazze dei Tamburi e di tutto il territorio inquinato, assediare il Tribunale, assediare la direzione dell'ArcelorMittal su un problema concreto di cui non può dire di non avere responsabilità ora che è padrone di questa fabbrica, comprese le collinette.
Gli operai dell'ArcelorMittal devono essere i primi a pretenderlo. E questa è la posizione dello Slai cobas per il sindacato di classe, nei confronti del silenzio complice di tutti i sindacati, che firmando l'accordo del 6 settembre hanno firmato la resa all'ArcelorMittal difendendo non gli interessi del lavoro ma del profitto e dello sfruttamento.
Esiste l'eterna formula dello "sciopero generale", del blocco della fabbrica e della città, a cui non si capisce perchè anche forze che si agitano in questo movimento sono contrari.
Le scuole devono riaprire, le collinette devono sparire!
L'emergenza sanitaria va affrontata con soluzione d'emergenza decise e condivise con le masse popolari, innanzittutto dei quartieri.
Il balletto e gli scontri di potere sulle bonifiche devono finire. Non si può parlare da più di sei anni di bonifiche e non fare nulla di concreto, mentre migliaia di operai buttati fuori da ArcelorMittal devono essere lasciati a casa o impegnati in ridicoli corsi di qualificazione.
Su queste cose si può vincere una battaglia parziale e reale e contribuire alla battaglia generale a cui solo una rivoluzione potrà dare la vera risposta.
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